Energia, l’esperto Davide Chiaroni: «Bene von der Leyen ma il price cap al gas è il vero vaccino contro la crisi» – L’intervista
Aumenti in bolletta, price cap, fondo Sure, riforma del mercato di Amsterdam. Negli ultimi mesi, la crisi energetica è diventata uno degli argomenti più discussi in Italia e in Europa. Dopo settimane di riunioni, trattative e mancati accordi, l’Unione Europea è ancora alla ricerca di una ricetta condivisa contro il caro energia. Se sul taglio ai consumi di elettricità si è riusciti ad arrivare a un’intesa, il tetto al prezzo del gas continua a far discutere. In vista del vertice sull’energia di domani, ne abbiamo parlato con Davide Chiaroni, professore ordinario al Politecnico di Milano e fondatore dell’Osservatorio Energy & Strategy, che si occupa di gestione strategica dell’energia, transizione energetica e fonti rinnovabili.
Come valuta ciò che è stato fatto finora, in Italia e in Europa, dal punto di vista delle politiche energetiche?
«Forse la parola più corretta sarebbe “confusione”, soprattutto a livello europeo. In Italia, invece, c’è stata una fase di impasse, forse a causa delle elezioni. Il ministro Cingolani ha individuato una serie di soluzioni per intaccare il problema, come il posticipo della stagione del riscaldamento e la riduzione dei gradi. Il governo, però, si è limitato a dare una serie di linee guida, facendo quasi da consulente per chi verrà dopo. Spetterà al nuovo esecutivo mettere in atto tutte le misure studiate in questi mesi, come la possibilità di ridurre i giorni di didattica, il ritorno dello smart working o le modifiche della stagione termica».
Ieri i commissari Ue Paolo Gentiloni e Thierry Breton hanno chiesto l’introduzione di un nuovo fondo SURE contro la crisi energetica. Sarebbe una soluzione efficace?
«Su questo tema ho un giudizio prudente. In questo momento il problema sta nell’andamento del prezzo della materia prima: il gas. Intervenire sul sostegno alla domanda ha sicuramente una sua efficacia, ma non risolve il problema alla radice. Si resta esposti alle mosse del mercato, alla speculazione e alle mosse della geopolitica. Per fare un paragone con la pandemia, in quell’occasione l’Ue ha investito sia sul fondo Sure sia sui vaccini. E credo che anche in questo caso sia necessario agire su entrambi i fronti».
E qual è il vaccino per la crisi energetica?
«Il tetto al prezzo del gas, anche se questa soluzione ha ancora tanti oppositori. Se il covid aveva colpito l’Europa tutto sommato allo stesso modo, la crisi energetica no. Ci sono paesi, come l’Olanda, che stanno facendo extraprofitti in questi mesi. Sul tavolo ci sono diverse proposte, ma non c’è alcun dubbio che la soluzione vada trovata lì: nella sterilizzazione dei prezzi del gas.
Oggi Ursula von der Leyen ha aperto alla possibilità di introdurre un price cap sul gas usato per produrre elettricità. Cosa significa?
«Il gas ha fondamentalmente tre utilizzi: i processi industriali, il riscaldamento e la produzione di elettricità. Ed è proprio questo ultimo utilizzo a definire il prezzo della bolletta. Se ci fosse un price cap per la parte di generazione elettrica, vuol dire che i venditori di gas potrebbe continuare ad applicare un prezzo pieno per gli usi industriali e di riscaldamento. La misura comunque avrebbe un effetto importante: il 40% dell’elettricità prodotta in Italia viene proprio dal gas».
Crede che sia una soluzione efficace? Cosa cambia rispetto alla proposta italiana?
«È sicuramente un compromesso tra due estremi. Da un lato, c’è la richiesta dell’Italia di applicare un tetto al prezzo sulla materia prima, per tutti gli usi. Ovviamente questa misura avrebbe il massimo impatto, ma ha poche chance di essere approvata perché tocca troppi interessi. Dall’altro lato ci sono i Paesi che vogliono un price cap solo al gas russo, ma si tratterebbe di una sanzione, non certo di una misura che può influenzare il mercato. L’apertura che ha fatto oggi von der Leyen mi sembra un buon compromesso e una soluzione ragionevole».
Secondo il governo tedesco, con l’introduzione di un price cap c’è il rischio che l’Europa rimanga senza gas. È uno scenario possibile?
«Mi sembra che si tratti di un pretesto. Oggi il prezzo del gas in Europa è molto più alto di quello nella piazza americana o in altre parti del mondo. Dire che, con un price cap, i venditori di gas si rivolgerebbero ad altri mercati è un po’ forte. I numeri che sono trapelati in questi giorni parlano di un tetto al prezzo del gas a 170/180 euro megawattora. Sono valori perfettamente in linea con altri mercati. Anzi, sono ancora più vantaggiosi per chi vende».
E se non si dovesse arrivare a un accordo in Europa, l’Italia potrebbe introdurre un price cap nazionale sul gas?
«In questo caso sì che ci sarebbe il rischio di trovarsi con una competizione interna all’Europa. L’Italia è una piazza importante, ma anche trascurabile per chi vende. Se abbiamo un prezzo del gas non in linea con il resto dell’Unione Europea, la tentazione di venderlo altrove potrebbe esserci. Per questo credo che un price cap nazionale sulla materia prima sia molto difficile da immaginare».
Ieri l’Ue ha raggiunto un’intesa sul RePowerEu, il piano per rendersi indipendenti dal gas russo. A che punto è l’Italia?
«Sui fondi del Pnrr l’Italia ha già la quota più significativa nei campi della transizione energetica e della mobilità sostenibile, anche se la possibilità di un margine ulteriore di manovra può essere un vantaggio. Il percorso intrapreso sulla riduzione dei tempi autorizzativi per le rinnovabili e lo snellimento delle procedure è virtuoso, ma negli ultimi mesi si è un po’ arrestato. La vera partita si gioca dal 2023 in avanti. Il nuovo governo dovrà essere operativo fin da subito su questo fronte».
La convinzione di fondo per tutti questi provvedimenti, in Italia e in Europa, è che ci sia bisogno di una riforma strutturale del mercato dell’energia. È così? In che modo andrebbe cambiato?
«Ci sono due aspetti di fondo che andrebbero ridiscussi. Il primo riguarda la generazione distribuita di elettricità: oggi il mercato dell’energia è molto centralizzato, ma lo scenario che abbiamo davanti – a partire dalla diffusione delle comunità energetiche – impone un cambiamento. La seconda questione di cui bisogna tener conto è questa: il mercato dell’energia è ancora impostato sul costo dei combustibili. In uno scenario rinnovabile, però, il costo del combustibile è nullo: il vento e il sole non hanno un costo specifico e non sono oggetto di un mercato. Per riformare il mercato dell’energia credo che si debba partire da questi due aspetti, anche se va fatto con attenzione e senza fretta».
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