Giorgia Meloni e l’ipotesi di fare il governo da sola: «Porto la lista dei ministri in parlamento e la voti chi vuole»
Nei piani di Giorgia Meloni premier in pectore c’è anche un’arma finale. Mentre la linea diretta con Mario Draghi comincia ad avere qualche disturbo sul Pnrr (e soprattutto sull’Europa), un “pensiero stupendo” si affaccia dalle parti della leader di Fratelli d’Italia. Che ha già fatto capire di essere stufa delle trattative infinite sul totoministri. Che rischia di diventare sempre più un toto-Salvini. A causa dell’ossessione del Capitano per il Viminale. E così, racconta oggi il Corriere della Sera in un retroscena, ecco la minaccia finale. Quella di fare il governo da sola. E di portare una lista dei ministri in Parlamento. Poi la voti chi vuole. E chi non vuole rimarrà fuori dal governo di centrodestra.
L’arma finale di Giorgia
Meloni infatti ieri ha mandato un segnale anche ai suoi. Non è disposta a subire imposizioni. Né a farsi condizionare da musi lunghi e ripicche. E se non si troverà la quadra entro metà della prossima settimana, «è pronta anche ad andare con la sua lista dal capo dello Stato e poi presentarsi in Parlamento: chi ci sta bene, chi non vuole votarla non lo faccia e arrivederci. Lei governerà solo con una squadra di sua fiducia e alto profilo. Altrimenti tanto vale non cominciare nemmeno». Tecnicamente quello che minaccia Meloni è possibile. Anzi, in teoria il presidente del Consiglio incaricato ha un unico interlocutore nella compilazione della lista dei ministri. Ovvero l’inquilino del Quirinale. In questo caso Sergio Mattarella. E un presidente che nella scorsa legislatura ha fatto cambiare la casella di un ministro fondamentale (Paolo Savona, spostato dall’Economia agli Affari Europei) non vedrebbe certo male una svolta decisionista a Palazzo Chigi. Il problema di Meloni oggi è che gli alleati non la seguono. Il suo, ha detto ieri durante il consiglio di FdI, sarà un governo politico «perché eletto dal popolo». Ma nessuno si scandalizzi se entreranno in campo anche ministri tecnici, qualora siano più competenti. Conta la qualità, è il suo messaggio, confermando indirettamente le voci su esperti alla guida di ministeri chiave come l’Interno e l’Economia. Ma è proprio questo il progetto che non decolla. Perché Panetta a quanto pare si è tirato indietro per via XX Settembre. E, soprattutto, perché Forza Italia e Lega non vogliono cedere posti di governo agli indipendenti. Il Carroccio ha fatto addirittura capire che è disposto a vedere ministri tecnici nell’esecutivo a patto che siano “in carico” a FdI. Ovvero che vadano a defalcare la lista di ministri di chi ha vinto le elezioni.
Il totoministri non decolla
Intanto il totoministri non decolla. Negli schemi su cui si sta ragionando resta valida l’ipotesi di affidare l’interno al prefetto Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini quando era al Viminale. Sempre Salvini un mese fa aveva indicato, come ministro della Salute ideale, «un pediatra, primario e preside di facoltà». L’identikit pare corrispondere al nome di Gian Vincenzo Zuccotti dell’ospedale Buzzi di Milano. Mentre Forza Italia potrebbe mettere sul tavolo Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele e medico di fiducia di Berlusconi. Poi c’è la Difesa. Secondo l’agenzia di stampa Ansa martedì dagli uffici di FdI alla Camera si è visto uscire il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti. Per gli Esteri c’è anche la candidatura dell’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi, ex capo dei Servizi, segretario generale alla Farnesina con i governi Prodi, Berlusconi e Monti. Così come il nome dell’azzurro Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento europeo. Per l’Agricoltura potrebbe spuntare, tra le altre, una figura vicina sia a Lega sia a FdI. Come il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Per l’Università, la prima donna premier in Italia potrebbe puntare sulla rettrice della Sapienza ossia Antonella Polimeni. Ovvero la prima donna alla guida dell’ateneo romano.
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