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Mario Draghi furioso con la Germania e l’Europa: «Se andiamo in recessione colpa vostra. Cosa può fare ora Meloni?»

mario draghi furioso europa giorgia meloni
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Il premier sul price cap: discutiamo del gas da 7 mesi e non abbiamo risolto nulla. Il nuovo governo non avrà spazio fiscale per gli aiuti

Il premier italiano Mario Draghi è furioso. E la sua rabbia nei confronti dell’Unione Europea si è fatta sentire ieri al Castello di Praga. Dove ha partecipato al suo penultimo vertice in Ue. Il prossimo, in programma per il 20 e il 21 ottobre, rappresenterà l’ultima chance per varare il price cap sul gas Al rientro, o poco più in là, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe dare l’incarico a Giorgia Meloni. E, soprattutto, rischia di concludersi con un nuovo nulla di fatto. Perché le posizioni sono ancora troppo distanti. Per questo Draghi è furioso. «Stiamo discutendo di gas da sette mesi. Abbiamo speso decine di miliardi dei contribuenti europei, serviti a foraggiare la guerra di Mosca e non abbiamo ancora risolto nulla. Se non avessimo perso così tanto tempo ora non ci troveremmo sull’orlo della recessione», l’hanno sentito dire ieri.

«Non l’abbiamo mai visto così duro»

Un Draghi talmente inedito che, racconta oggi un retroscena de La Stampa a firma di Alessandro Barbera, ha lasciato molti di stucco. «Non l’abbiamo mai visto così duro», hanno detto i presenti. Gli obiettivi di Draghi erano fondamentalmente tre. La prima è Ursula von der Leyen. Con la quale aveva discusso già la sera prima, invitandola a smetterla di farsi condizionare da Germania e Paesi Bassi. Gli altri due sono invece Olaf Sholz, cancelliere della Germania, e Mark Rutte, premier olandese. Imputa a entrambi di aver rotto il fronte della solidarietà europea. Il primo con lo scudo da 200 miliardi che ha permesso a Berlino di mettere in sicurezza cittadini e imprese senza pensare al resto d’Europa. Il secondo per le resistenze al disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas.

Ieri Draghi ha parlato in privato anche con Emmanuel Macron. Dell’uscita della ministra degli Affari Europei Boone, che ha parlato di vigilanza sull’Italia per il rispetto dei diritti. Poi rettificando quando Meloni era già partita all’attacco. Macron si è impegnato con Draghi a una dichiarazione riparatrice. Poi sul tetto del gas e sulle resistenze dei paesi nordici. L’Italia ha proposto un tetto al gas dinamico. In questo modo sarebbe «possibile stabilire un valore centrale per questo corridoio (di prezzo, ndr) e rivederlo regolarmente tenendo conto di parametri di riferimento esterni e consentendo fluttuazioni, ad esempio del 5%». Ma l’ok non è arrivato. Anche se, secondo il premier, basterebbe la volontà politica per fermare la corsa del prezzo del gas. Così come fu per il “Whatever it takes” che salvò l’Europa.

«Cosa dovrebbe fare adesso Meloni?»

Per questo Draghi è furioso con la Germania e con l’Europa. In questi mesi il suo governo ha speso 60 miliardi in aiuti. E ora non ha spazio per altro deficit. «Cosa dovrebbe fare adesso Giorgia Meloni?», ha detto agli altri capi di governo. «Quel che conta è restare uniti fra di noi», perché nel frattempo «la propaganda russa è diventata più aggressiva e piena di menzogne», ha detto. E questo perché Putin «sta scientemente mettendo in difficoltà l’Europa sul gas per alimentare tensioni sociali, costruire consenso e spaccare l’Unione». Ed è quello che esattamente sta accadendo. Perché intanto comincia a soffiare sull’Europa il vento della recessione. E se ci arriveremo, è il ragionamento, sarà colpa dell’Europa. I leader, è il suo ragionamento, sono chiamati a dare una risposta comune. Il che significa anche poter disporre di fondi comuni. Che lo si chiami Sure – che ha dei tempi di messa in vigore molto brevi – o in altro modo poco importa, spiega oggi l’Ansa. L’Italia lo chiedeva sette mesi fa. Ora ha esaurito il proprio spazio fiscale. Così come altri paesi. E lo chiede con ancor più forza. Anche perché l’alternativa sarebbe fare più debito. Il che contrasterebbe proprio con quanto Germania, Olanda e la Commissione chiedono dalla fine della crisi del Coronavirus.

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