Lo stallo sui ministri, le pretese di Salvini e Berlusconi. Meloni preoccupata: «Avete idea di quello che stiamo per affrontare?»
Il tempo a disposizione per chiudere la quadra sul prossimo governo è sempre più risicato, mentre aumentano i No che Giorgia Meloni è stata costretta a incassare finora con gli alleati che di certo non le semplificano il lavoro. Dal vertice di Arcore di ieri 8 ottobre con Matteo Salvini e il padrone di casa Silvio Berlusconi, è proprio il fattore tempo l’unico punto fermo emerso a fronte di un sostanziale stallo sulla scelta dei nomi dei ministri quando all’inizio della legislatura mancano appena quattro giorni. L’urgenza più pressante è innanzitutto la scelta delle presidenze di Camera e Senato, su cui si dovrà cominciare a votare da giovedì 13 ottobre. E la prospettiva al momento, come ricorda il retroscena de la Repubblica di Tommaso Ciriaco, è di arrivare in aula senza un accordo sui nomi. «Facciamo in fretta – avrebbe detto Meloni – Avete idea di quello che stiamo per affrontare?». A preoccupare la leader FdI sono le troppe rinunce incassate finora e le condizioni inconciliabili proposte da Forza Italia e Lega, mentre l’emergenza energetica incombe con l’inverno alle porte.
Nel salotto di Arcore, Meloni avrebbe ribadito di volere Ignazio La Russa come presidente di palazzo Madama, dove i numeri della maggioranza sono più stretti e l’instabilità dell’aula è cronicamente un problema. Secondo Il Messaggero, lo schema immaginato dalla leader di FdI prevede che la presidenza della Camera vada a un leghista, probabilmente Riccardo Molinari, ma quasi certamente non Giancarlo Giorgetti. Quello schema però non sarebbe piaciuto a Salvini, che anche per il Senato rivendica spazio, magari per alzare un po’ il prezzo sulla trattativa dei ministeri. Salvini spinge per Roberto Calderoli, ma l’accordo pare ancora lontano. Un nuovo tentativo sarà fatto lunedì 10 ottobre, con un nuovo vertice a Roma.
Il nodo «Economia»
Altra situazione di stallo sarebbe ancora sui ministeri, in particolare per i dicasteri chiave che Meloni vorrebbe affidare a tecnici di comprovata autorevolezza e competenza. Pesa ancora il No del banchiere della Bce Fabio Panetta per il ministero dell’Economia, al quale neanche il Quirinale è riuscito a far cambiare idea, come scrive la Repubblica. Restano sul tavolo i nomi di Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli. Pare certo comunque che per quel ruolo ci dovrà andare un tecnico, così come per il ministero degli Esteri.
I No agli alleati
Sempre sul fronte dei No, c’è quello ripetuto da Meloni a Salvini sul Viminale. Anche in quella casella la leader di FdI pensa a un tecnico, con il nome del prefetto di Roma Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto del segretario leghista quando ha guidato l’Interno. Per Salvini i margini di manovra sono sempre più stretti: per sé potrebbe restare la guida di Agricoltura o Riforme. Ma il leader leghista punta anche a un ruolo da vicepremier. Ipotesi bocciata anche in questo caso da Meloni, che non vorrebbe due vice ingombranti. Non va meglio la trattativa con Berlusconi, che ancora ieri ha rilanciato il nome di Licia Ronzulli per un ministero tra Salute o Infrastrutture. Per il Cav sarebbe una condizione «irremovibile», ma Meloni non sembra disposta a cedere se non per un posto di seconda fascia. Da Forza Italia arriva anche la proposta per il ministero della Giustizia, dove Berlusconi vedrebbe bene l’ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati oppure, come riporta il Fatto quotidiano, Francesco Paolo Sisto. Su quel posto però ci sarebbero anche le aspirazioni leghiste, che da tempo avrebbero in mente il nome di Giulia Bongiorno. Ancora uno stallo, così come per il ministero della Difesa, su cui ci sono le ambizioni di Antonio Tajani per Forza Italia e Guido Crosetto per FdI.
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