La grande paura di Giorgia Meloni: la recessione in arrivo e la richiesta di aiuto al governo Draghi
La premier in pectore Giorgia Meloni è terrorizzata. Ma non per il totoministri o per il governo ancora da formare. La paura della leader di Fratelli d’Italia ha un nome: si chiama recessione. È la stessa parola che ha evocato Mario Draghi contro la Germania e l’Europa per lo scudo sulle bollette di Berlino. Che allontana la possibilità di un fondo europeo per l’energia sulla falsariga del Pnrr. E costringe il nuovo esecutivo a dover trovare soldi, molti soldi per il suo primo decreto. E mentre da Confindustria arriva il suggerimento di varare uno scostamento di bilancio addossando le responsabilità all’Europa, lei prova a contattare Daniele Franco. Il ministro dell’Economia ha spiegato a Meloni che dal totale delle risorse il governo lascerà un avanzo di 3 o 4 miliardi. Che si potrebbero spendere per un aiuto alle famiglie. O alzando la soglia Isee dei bonus a 15 mila euro. Oppure per rateizzare il conto dell’energia.
Il tesoretto di Draghi
Il Fondo Monetario Internazionale prevede per l’Italia una crescita negativa dello 0,2% nel 2023. Il governo Draghi nella Nadef è ancora ottimista e pronostica un +0,6%. E ieri anche l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha detto la sua. Segnalando il rischio di una recessione più profonda se la guerra in Ucraina continua. E nello scenario peggiore il Pil potrebbe arrivare a contrarsi nel 2023 dell’1,5%, ben oltre le attese. S&P identifica nel nostro e nella Germania i paesi più colpiti da un possibile prolungamento del conflitto. In grado di esacerbare «la crisi energetica in Europa, mentre i tassi d’interesse nelle economie avanzate potrebbero dover salire più velocemente». L’allarme dell’agenzia di rating affonda le radici nei «rischi crescenti» legati alla guerra, con una probabilità su tre che si manifestino. E in un «mondo piegato dagli shock» come quello attuale, avverte anche il Fmi, la politica di bilancio gioca un ruolo cruciale. Perché deve prevedere «misure mirate ed essere rigorosa, così da non ostacolare la lotta all’inflazione delle banche centrali e non mettere a rischio la fiducia degli investitori».
Proprio per questo appare difficile rispettare le promesse elettorali. Flat tax e quota 41, giusto per citarne un paio, sembrano troppo costosi per un arrivo nel 2023. Per gli anni successivi, vedremo. Intanto il governo aveva lasciato ai suoi successori previsioni per un avanzo di bilancio di 20 miliardi da spendere tra 2023 e 2024. Il tesoretto di Draghi però rischia di assottigliarsi proprio a causa delle previsioni negative di crescita. Il problema sarà del nuovo ministro dell’Economia. Che potrebbe essere Giancarlo Giorgetti, se questa era davvero la «proposta generosa» di Meloni a Matteo Salvini. La nuova premier sa bene che al posto di Franco in via XX Settembre dovrà sedere qualcuno che sia in grado di rassicurare l’Europa e i mercati. E quello del leghista ex ministro dello Sviluppo è un nome politico di primo piano. Soprattutto se non dovessero andare in porto i tentativi con i tecnici.
Il terrore di Meloni
Finora solo buchi nell’acqua. La Stampa spiega che il candidato ideale per il ruolo era Fabio Panetta. Che però ha fatto sapere che non è interessato. Ma a quanto pare la nuova premier tenterà un nuovo abboccamento dopo l’incarico. Che dovrebbe arrivare per il 20 o il 21 ottobre. Dopo le consultazioni del presidente Mattarella. È saltato intanto il piano B che prevedeva l’approdo del Ragioniere Generale dello Stato Biagio Mazzotta. Che invece rimarrà al suo posto. Ecco perché sale l’opzione Giorgetti. Mentre resta sul tavolo ancora il nome di Domenico Siniscalco. Mentre per la nuova premier si prepara un debutto infernale. Prima di tutto la proroga degli aiuti sulle bollette e sulle accise. Ma ci sono soldi solo per ottobre e novembre. sarà un problema trovarli per dicembre. Così come sarà difficile alzare le soglie Isee per gli aiuti e varare una maxi rateizzazione del conto dell’energia per famiglie e imprese.
Sullo scostamento di bilancio è evidente che si dovrà trovare un punto d’incontro con Bruxelles. Anche in vista del negoziato sul Patto di Stabilità. E proprio per questo Franco ha consigliato a Meloni di evitare un gioco al rialzo proprio adesso. Perché significherebbe bruciarsi tutto lo spazio fiscale in un solo colpo e all’inizio della legislatura. Mentre i soldi potrebbero servire anche (e di più) dopo. Infine, spiega il quotidiano, per i rapporti con l’Europa sarà necessario affidarsi a un ministro capace. Il nome per gli Affari Europei è quello di Raffaele Fitto. Che proprio ieri è stato captato in un colloquio con l’ex presidente della Consulta Giuliano Amato: «Dove andrai tu? Agli Affari Ue?». «Sì», la risposta. «Fai bene, nei prossimi mesi sarà cruciale», è stata la controreplica.
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