Voghera, chiuse le indagini sulla morte di Youns El Bossettaoui: l’ex assessore leghista Adriatici verso il processo per eccesso colposo di legittima difesa
Dopo più di un anno la procura di Pavia ha chiuso le indagini sulla morte di Youns El Bossettaoui, il marocchino di 39 anni ucciso in strada a Voghera il 20 luglio 2021 dall’allora assessore alla Sicurezza del Comune Massimo Adriatici, che gli sparò con la sua pistola durante una colluttazione. L’accusa nei suoi confronti è quella originaria: eccesso colposo di legittima difesa. L’avviso di chiusura delle indagini riporta la presunta dinamica dei fatti: Adriatici fu «aggredito» dal 39enne e «una violenta manata al volto» ne determinò «l’improvvisa caduta a terra e la perdita degli occhiali che inforcava». Fu quindi «costretto dalla necessità di difendersi dal pericolo attuale dell’offesa ingiusta provocata dall’aggressione in corso» da parte della vittima, la quale «si avvicinava ulteriormente chinando il busto verso di lui per colpirlo di nuovo». Fu lì che l’ex assessore esplose il colpo d’arma da fuoco con la sua pistola Beretta modello 21 calibro 22. Una reazione comunque non proporzionata al pericolo ma colposa, non intenzionale.
Il legale a difesa di Adriatici, Gabriele Pipicelli, ha commentato positivamente la notifica dell’atto, parlando di un «articolato e sereno lavoro svolto dalla procura, nonostante i tentativi di condizionamento con le farneticanti ipotesi prive di pregio giuridico sostenute da una parte della stampa»: «Valuteremo quali iniziative difensive intraprendere ritenuto che il nostro assistito abbia agito in un contesto di piena legittima difesa. É chiaro che in ogni caso, in questa triste vicenda, il ruolo dell’avvocato Adriatici è stato quello dell’aggredito che si è difeso». La famiglia di El Boussettaoui aveva ripetutamente chiesto che l’imputazione fosse quella di omicidio volontario: la tesi è che l’ex assessore non abbia sparato per difendersi da un’aggressione, come da lui sempre sostenuto, ma che fosse lui stesso l’autore di una provocazione nei confronti della vittima.
La vicenda
La sera del 20 luglio 2021, alle 22.19, arrivò una telefonata al 118 per un uomo a terra in piazza Meardi, ferito da un colpo di pistola al petto. Youns El Boussettaoui fu dichiarato morto all’ospedale alle 23.40. Era un uomo conosciuto a Voghera, perché girava spesso per il centro della città. Di frequente, secondo le testimonianze di alcuni cittadini, era ubriaco e infastidiva i passanti. Aveva anche problemi psichici e in passato era stato ricoverato a Vercelli con un trattamento sanitario obbligatorio. A sparare era stato Massimo Adriatici, allora assessore alla Sicurezza (per la Lega) con un passato da funzionario di polizia. In città molti lo chiamavano “lo sceriffo“: girava regolarmente armato (aveva il porto d’armi per «motivi di sicurezza personale») e in passato alcuni dirigenti delle forze dell’ordine si erano lamentati con il sindaco perché aveva cercato di interferire con il loro lavoro.
I video ripresi dalle telecamere hanno permesso di ricostruire i minuti precedenti allo sparo, che non è stato immortalato. Da alcuni filmati si potrebbe intuire che Adriatici stesse seguendo a distanza El Boussettaoui da circa 10 minuti. Una volta in piazza Meardi, le immagini mostrano il 39enne marocchino avvicinarsi all’ex assessore che, estraendo dalla tasca la mano destra, gli mostra la pistola, senza mai smettere di parlare al telefono. A detta della difesa, Adriatici “rispondeva” alle lamentele dei cittadini e dei gestori dei locali, infastiditi dall’uomo. Un attimo dopo, El Boussettaoui sferra un pugno o una manata in faccia ad Adriatici che cade al suolo. Poi i due scompaiono dietro l’angolo di via Fratelli Rosselli, dove parte lo sparo, secondo il leghista involontario. Un testimone ha detto di aver visto Adriatici alzare il braccio e sparare mentre era a terra. Un’altra ha detto che Adriatici ha sparato mentre si rialzava.
Oltre alle dinamica dell’omicidio, nelle settimane seguenti sono stati i momenti successivi allo sparo a suscitare molte polemiche. Non solo per i particolari emersi sulla giunta comunale, della quale sono state pubblicate diverse conversazioni whatsapp dal contenuto razzista e “squadrista” («Finché non si comincerà a sparare, sarà sempre peggio», scrivevano in merito alla presenza in città di immigrati), ma soprattutto per il trattamento riservato ad Adriatici dalle forze dell’ordine. L’ex assessore fu lasciato libero di girare per la scena del crimine per diverso tempo, continuando a parlare al telefono, confrontandosi con i carabinieri e addirittura i testimoni.
Leggi anche:
- L’ex assessore Adriatici torna libero, a rischio vendette: scatta la sorveglianza dopo le prime minacce in arabo sui social
- Voghera, l’ex assessore Adriatici torna in libertà: era ai domiciliari da tre mesi
- «Se non si inizia a sparare andrà sempre peggio»: il messaggio di un assessore leghista di Voghera prima dell’omicidio di Youns
- Massimo Adriatici: l’assessore che ha ucciso Youns a Voghera «aveva proiettili proibiti nella pistola»
- Voghera, i filmati: l’assessore Adriatici pedinava la sua vittima