L’identikit della “talpa” che ha diffuso gli audio di Berlusconi su Putin e Zelensky
Ora c’è anche l’identikit. La caccia alla talpa che ha diffuso gli audio di Silvio Berlusconi su Putin e Zelensky fa un salto di qualità. E punta dritto su un ex. Sollevando così dalle responsabilità, ma forse questo è solo un dettaglio, gli attuali eletti di Forza Italia. Che rimane una polveriera. Tanto da rischiare di spaccarsi in caso di rottura con Giorgia Meloni. Che intanto prepara «sorprese» nella lista dei ministri che potrebbero non essere esattamente gradite al Cavaliere. Mentre la direttrice dell’agenzia di stampa Lapresse Alessia Lautone, che ha diffuso per prima i due audio del 18 ottobre e quello del giorno dopo, dice che è in possesso dell’intero discorso integrale di Berlusconi. E in qualche retroscena si ipotizza che potrebbero arrivare altri leaks in concomitanza con la salita del centrodestra al Quirinale.
L’intrigo e la tesi del tranello
I dettagli dell’intrigo si fanno sempre più interessanti. «La ricerca della manina che ha consegnato l’audio del presidente Berlusconi alla stampa, certo. Ma anche il contesto, il timing, com’è nata quella registrazione. Che si può comprendere solo se facciamo un passo indietro e spostiamo la nostra attenzione dalla Camera, dove ha avuto luogo il discorso, al Senato, dove Berlusconi aveva parlato poco prima…», racconta oggi sibillino il Corriere della Sera. Questa è la cosiddetta tesi del tranello. Ovvero quella secondo cui dietro il registratore del telefonino ci sono più mandanti. Che con Montecitorio non c’entrano nulla. La teoria parte da un presupposto non peregrino. Ovvero che, come qualcuno ha anche fatto notare al Cav, dello scambio di regali con vodka e lambrusco Berlusconi aveva già parlato ai senatori. Ecco perché qualcuno, immaginando un bis, era pronto a registrare alla Camera. Tutti inquadrano il tentativo di sabotaggio nella guerra interna degli Azzurri tra falchi e colombe. Ovvero, semplificando, nelle posizioni di Licia Ronzulli e Antonio Tajani.
La perizia fonetica casereccia
Ma l’articolo di Tommaso Labbate ospita anche una specie di perizia fonetica casereccia. Che punta su due evidenza. La prima è che nella registrazione si sente a un certo punto la voce dell’onorevole Giorgio Mulè. Dice: «Non è il caso, presidente, ci sono le finestre aperte». Ed è abbastanza nitida. Un indizio, forse, della vicinanza (fisica, ovvio) tra chi aveva il registratore e il deputato. Proprio Mulè ieri ha detto di avere un sospetto sull’identità della talpa. Escludendo che si tratti di uno dei parlamentari di Fi. Un altro indizio significativo è la notifica del cellulare che interrompe ogni tanto la registrazione. «Quel suono esclude un modello di cellulare molto diffuso tra i nostri», sostengono altri. Ma anche la Repubblica dedica un retroscena all’identikit della talpa. Emanuele Lauria racconta che la corrente Ronzulli è convinta che a tenere il microfono aperto sia stato «un ex deputato cresciuto in Mediolanum e già fidato consigliere di Berlusconi».
L’accusa di aver manipolato gli audio
La direttrice di Lapresse Alessia Lautone invece esclude in un’intervista rilasciata a La Stampa che gli audio siano stati in qualche modo manipolati. E difende lo scoop di Donatella Di Nitto, la giornalista che ha pubblicato le registrazioni. Precisando di essere in possesso del «discorso integrale di Berlusconi, dura venti minuti. Potremmo pubblicarlo solo per dimostrare che parlare di manipolazione è follia». Lautone spiega ad Antonio Bravetti che l’agenzia ha tagliato l’audio perché «era molto lungo e volevo che si sentisse bene: niente dietrologie né complotti». E dice che quella di Berlusconi è stata in ogni caso una «leggerezza sospetta. Aveva voglia di parlare. Lui fa fatica a non dare le carte, gli brucia tanto. Ancora di più con Meloni. La loro è un’incompatibilità caratteriale». Insomma, alla fine se ci fosse Berlusconi dietro l’audio di Berlusconi non sarebbe una così grossa sorpresa.
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