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Moratoria bollette, stop distacchi ai morosi e bonus per tutti: il primo decreto del governo Meloni e la lotta ai «gufi» in Cdm

giorgia meloni primo decreto governo meloni
giorgia meloni primo decreto governo meloni
Un meccanismo per superare l'Isee e uno stop per sei mesi al taglio dell'elettricità e del gas. Il problema dei fondi e quelli che tifano per il fallimento

Una moratoria di sei mesi per le bollette. Il bonus per i redditi scollegato dall’Isee. E aiuti per le giovani coppie sui mutui per la prima casa. Il primo decreto di Giorgia Meloni premier sarà un Dl Aiuti 4. E il governo è già al lavoro per definire il pacchetto di interventi per frenare i rincari. Con un occhio ai “gufi”, evocati dalla presidente del Consiglio nel primo discorso in Cdm. Dove se l’è presa con gli «uccelli del malaugurio». Ovvero i «tanti» che «si aspettano che falliamo». E nei confronti dei quali «dobbiamo essere una bella sorpresa, la dimostrazione di un altro modo di fare politica, con senso di responsabilità, serietà, spirito di squadra e soprattutto lealtà». Chissà se si riferisce all’opposizione o a qualcuno all’interno del centrodestra. Di certo se i 10 miliardi ereditati dal governo Draghi serviranno a confermare le detrazioni alle imprese e i bonus sociali oltre alle accise sui carburanti, ora è caccia alle risorse per fare qualcosa in più.

I distacchi per chi non paga

Un primo intervento è in programma per fermare i distacchi dei morosi delle bollette. Attualmente le aziende dell’energia hanno deciso un giro di vite nei confronti di chi non paga. Arrivando al taglio del servizio di erogazione di energia elettrica e gas a 41 giorni dalla scadenza della bolletta non pagata. Si tratta di un’operazione che non prevede più l’intervento del tecnico. Si gestisce direttamente dalla sede del distributore. Per questo il governo Meloni ha in animo di introdurre un meccanismo di moratoria che duri almeno sei mesi. Allo studio ci sono anche rateizzazioni più lunghe (oltre i 10 mesi già previsti). E un osservatorio di monitoraggio delle modifiche unilaterali dei contratti da parte delle aziende dell’energia. Un metodo nel frattempo finito sotto la lente dell’Antitrust. Il governo punta anche a cambiare il bonus sociale con un nuovo meccanismo. Che prevede di scollegarlo all’Isee, anche se c’è un progetto alternativo che prevede di portare la soglia da 12.500 euro a 15mila. L’idea, spiega oggi La Stampa, è quella di garantirlo ai redditi più bassi rendendo insieme automatico il contributo. E questo perché l’Isee oggi sta rappresentando un ostacolo alle richieste. Come dimostrano i fondi rimasti in cassa in questi mesi.

I mutui per i giovani e il credito d’imposta per le aziende

Un’altra novità del primo decreto del governo Meloni è un intervento sui mutui per la prima casa dei giovani. Si tratta di un aiuto che si sommerà agli altri varati dagli esecutivi precedenti. E che arriva per il problema delle bollette che potrebbe mettere a rischio il pareggio di molti bilanci familiari. Secondo questa prospettiva il bonus da 150 euro potrebbe essere rinnovato e trovare una nuova destinazione in soggetti che non ne hanno ancora beneficiato. Mantenendo il requisito del reddito al di sotto dei 20 mila euro l’anno. C’è poi da prorogare il credito d’imposta per le attività commerciali. L’intervento costa 4,7 miliardi di euro e rischia di assorbire da solo metà del tesoretto. Il tax credit attualmente riguarda le imprese che hanno registrato aumenti almeno del 30% nelle forniture di luce e gas rispetto al 2019. Prevede una aliquota del 40% per le energivore e del 30% per le pmi che impegnano 4,5 kilowatt. Il governo Draghi ha già esteso fino alla fine dell’anno la cancellazione degli oneri di sistema e la riduzione al 5% dell’Iva pagata sul metano. Questi interventi andranno rifinanziati a partire dal primo gennaio 2023.

Quanto costa?

Ma quanto costerà il primo decreto? Secondo una stima della Cgia di Mestre per mitigare il caro energia il nuovo governo dovrebbe trovare entro il prossimo 31 dicembre almeno 35 miliardi di euro per dimezzare gli aumenti di costo in capo a famiglie e imprese previsti nel 2022. Perché il prossimo anno sarà necessario mettere in conto:

  • 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni;
  • 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego;
  • 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro;
  • 2 miliardi di euro di spese indifferibili.

Queste spese andranno ad ingrossare il conto totale della Legge di Bilancio 2023. Ecco quindi che il fabbisogno per il primo decreto dovrà tenere conto delle spese da affrontare a dicembre. Per questo, anche se rimangono in piedi interventi come la pace fiscale per le cartelle esattoriali fino a 3500 euro, si va verso uno scostamento di bilancio. Chiesto anche dalla Confindustria.

I gufi

Intanto il messaggio consegnato ai ministri nel primo Cdm dell’era Meloni è chiarissimo. La presidente del Consiglio è stata molto diretta: «Ci guardano tutti, c’è grande aspettativa su di noi, ma saremo una bella sorpresa per l’Italia e per i “gufi”», ha detto secondo un retroscena de Il Giornale. E ancora: «Finite le foto e le cerimonie dobbiamo metterci al lavoro con responsabilità. La situazione del Paese è difficile e le risposte da dare ai cittadini dipendono da noi. È finita la campagna elettorale, sono finite le competizioni, ora dobbiamo dirci le cose in faccia con lealtà. Serve unità per affrontare le sfide sul tavolo». La via è comunque stretta. Il governo dovrebbe chiedere nei prossimi giorni al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare i 10 miliardi di tesoretto per le proroghe. Poi bisognerà integrare la Nadef e il Dpb con il quadro programmatico (il governo Draghi ha indicato solo il tendenziale). Infine arriverà la Legge di Bilancio. Che va approvata definitivamente entro il 31 dicembre.

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