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Governo, la replica di Meloni alla Camera: «Giudicatemi per quello che dico, penso e faccio»

25 Ottobre 2022 - 17:41 Felice Florio
Terminata la discussione generale sulle dichiarazioni programmatiche, la leader di Fratelli d'Italia ha risposto alle critiche delle opposizioni. Poi ha ascoltato le dichiarazioni di voto dei deputati

«Alle opposizioni voglio dire che reputo utili le loro critiche. Non è mai mancato da parte mia rispetto nei confronti degli avversari politici, ma l’unica cosa che chiedo è di essere giudicata per quello dico, penso e faccio». È iniziata così la replica di Giorgia Meloni, nell’Aula di Montecitorio, dopo che i capigruppo della maggioranza hanno depositato la mozione di fiducia. Al termine della discussione generale tra i deputati, la Leader di Fratelli d’Italia ha lamentato che è stata data una lettura distorta alle sue dichiarazioni programmatiche. Sul Pnrr, «non mi risulta di aver remato contro il Next Generation EU. Mi risulta che abbiamo dichiarato che sostenevamo quel meccanismo, astenendoci per alcune ragioni specifiche – e ha criticato il precedente esecutivo -. Il testo del Pnrr è arrivato a un’ora dalla discussione: con questo governo non accadrà che vi troviate a votare cose che non avete letto». Sempre sul Pnrr, la presidente del Consiglio ha detto di non comprendere «la tesi di chi dice che non si può toccare niente. Chi vuole spendere quei soldi – 122 miliardi, ha fatto notare, sono debito da restituire – si pone il problema di come spenderli al meglio».

Poi, Meloni ha parlato alla capogruppo del Partito democratico: «Mi guardi onorevole Serracchiani, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?». A questo punto sono arrivate le proteste da una parte dell’arco parlamentare perché Meloni non si è rivolta alla presidenza della Camera, ma ha parlato direttamente a un onorevole. Altre critiche alla presidente del Consiglio sono arrivate quando ha risposto ai punti sollevati da Aboubakar Soumahoro: Meloni ha sbagliato prima la pronuncia del suo cognome, poi gli ha dato del “tu”. Sul tema dell’articolo maschile che ha scelto di usare per firmare i documenti, ha derubricato velocemente la questione con uno slogan: «Le donne non hanno da temere. La libertà non è farsi chiamare “capatrena”». Continuando a rispondere agli interventi dei deputati, la presidenze del Consiglio ha voluto rassicurare che «il dipartimento per la Transizione digitale resta al suo posto. Sarà affidato a un sottosegretario della presidenza del Consiglio».

Altro tema sul quale è stata attaccata nel corso della discussione è quello del reddito di cittadinanza. «Ho sentito dire che noi consideriamo colpevoli i percettori, che loro sono il problema. Considero un problema la classe politica che si accontentava di tenere quelle persone in una condizione di difficoltà pur di farne cassa elettorale. Se la nostra soluzione per il Sud è il messaggio che non possiamo migliorare la tua condizione, rimarrai lì. Chi è povero non deve sopravvivere, deve ambire a diventare benestante. Questo si fa con il lavoro, mettendo le persone in condizione di mostrare quello che valgono». Poi, in chiusura, la presidente del Consiglio ha tirato le somme della giornata d’Aula: «Ho apprezzato questo dibattito, è stato franco come lo sono io, ma anche molto corretto, composto e rispettoso. Spero continuerà, perché questo tentativo di delegittimare l’avversario ha indebolito la politica – e questo porta il rischio – che arrivino altri senza consenso, che diventi forte chi di consenso non ne ha. Anche io ho sempre criticato, anche con veemenza, ma riconoscendo che c’è una legittimazione – altrimenti si indebolisce – il ruolo della politica, che per troppo tempo ha abdicato al suo ruolo, un ruolo che oggi vogliamo contribuire a restituirle. Credibilità alla politica e a questa nazione», ha concluso Meloni.

Le dichiarazioni di voto

Apprezzando la parte del discorso relativa alle autonomie, Renate Gebhard, in rappresentanza delle minoranze linguistiche, ha dichiarato che la sua componente si asterrà sulla mozione di fiducia. Benedetto Della Vedova, di +Europa, ha invece annunciato «opposizione seria e rigorosa» della sua componente. Maurizio Lupi, che con Noi moderati voterà “sì” alla fiducia, ha sottolineato «che gli elettori per la prima volta da 11 anni hanno determinato una maggioranza politica e una minoranza. A entrambi hanno affidato una responsabilità. Non possiamo tradire gli elettori e venir meno alla fiducia degli italiani». Luana Zanella, di Alleanza Verdi-Sinistra, ha annunciato il voto contrario alla fiducia «perché le dichiarazioni programmatiche, l’idea di Paese proposta, desta grande preoccupazione». Matteo Richetti, del Terzo polo, ha invitato Meloni «a fare i conti con una prassi che ha caratterizzato qualche predecessore, anche il neocollega “avvocato del popolo” – il riferimento è a Giuseppe Conte -. Fare i conti con una campagna elettorale di slogan e promesse che quando ci si trova al governo si scontra con impegni istituzionali e il senso della realtà». Richetti ha parlato di Quota 41, dei mille euro promessi, della flat tax: «Cose che non faranno parte dell’azione del governo», ma sui quali il centrodestra ha fatto leva in campagna elettorale. Dopo aver elencato una serie di contraddizioni, Richetti ha ribadito il “no” alla fiducia al governo Meloni.

Alessandro Cattaneo, capogruppo forzista, ha voluto sottolineare la «lealtà» dei soggetti politici che fanno parte della maggioranza, ribadendo che «questo governo non esiste senza Forza Italia, ma non per i numeri, ma per i valori» di cui gli azzurri sono garanti. «Il centrodestra merita di guidare questo Paese», ha chiosato Cattaneo, confermando la fiducia del suo gruppo. Il presidente del Movimento 5 stelle Conte, nel primo discorso da deputato, ha invitato la presidente del Consiglio a portare prudenza: «Presidente Meloni, questa legge elettorale vi ha consegnato la guida delle istituzioni, ma come lei sa il centrodestra ha avuto appena un voto su quattro dei cittadini aventi diritto». L’ex premier si è detto sorpreso perché Meloni, nelle sue dichiarazioni programmatiche, «non ha speso nessuna parola sulle misure che intende adottare per il caro prezzi e il caro bollette. Non ci ha detto nulla dello scostamento di bilancio, non ci ha detto nulla sugli extraprofitti. L’unica certezza è che ci ha restituito la rivendicata continuità con il governo Draghi. Il segnale più evidente è stato assegnare il ministero dell’Economia a un ministro del governo Draghi. Il suo indirizzo economico potremmo sintetizzarlo in “neoliberismo di impostazione tecnocratica”». Conte ha definito il nuovo esecutivo come «compiacente con il governo uscente» e, ironicamente, ha domandato: «Non è che l’agenda Draghi la vuole scrivere lei, presidente Meloni?».

Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio, in apertura di intervento si è rivolto a Lorenzo Fontana, esprimendo «massima solidarietà per gli immondi attacchi che lei e la sua famiglia avete subito dopo l’elezione a presidente della Camera». Molinari ha concluso affermando che la Lega sarà controllore e pungolo del governo, affinché rispetti il mandato popolare dei cittadini e, ribadendo la lealtà del Carroccio, ha annunciato il voto di fiducia. Dopo, ha preso la parola Enrico Letta, il quale si è detto non convinto dalle dichiarazioni programmatiche di Meloni. «Sui diritti saremo inflessibili, cosi’ come sul welfare ed il lavoro. Il salario minimo deve essere fra gli strumenti per combattere le diseguaglianze. Parola, “diseguaglianze”, che manca completamente dal suo discorso», ha dichiarato, annunciando la contrarietà del Partito democratico alla fiducia.

A chiudere la lista di dichiarazioni di voto, Tommaso Foti. Il deputato di Fratelli d’Italia – in lizza per succedere al neoministro Francesco Lollobrigida come capogruppo del partito di maggioranza -, ha fatto un discorso accalorato a sostegno di Meloni: «Noi abbiamo coraggio, crediamo che la patria vada servita, buon lavoro presidente, il voto di fiducia di Fratelli d’Italia è suo». Alle 19.29, esaurite le dichiarazioni di voto dei gruppi, è stata data parola al deputato Francesco Gallo, a titolo personale: «A nome del Movimento Sud chiama Nord, annuncio l’astensione sulla fiducia al governo. Presidente Meloni le sue dichiarazioni odierne ci hanno favorevolmente impressionato, non solo per la passione, ma per gli impegni assunti su temi a noi cari. Sono le buone intenzioni di questo governo, attendiamo di vedere i fatti». Michela Brambilla del Misto è intervenuta a “titolo personale”, annunciando il suo voto di fiducia al governo. Anche Giulio Tremonti ha chiesto di parlare a “titolo personale”. Ma le opposizioni hanno protestato perché Tremonti ha voluto controbattere alle dichiarazioni di Letta sui numeri del governo Berlusconi: non si trattava, dunque, di una dichiarazione di voto. Tra urla e fischi, Tremonti ha concluso velocemente il suo intervento. Alle 19.35 il presidente della Camera Fontana ha dato il via alla prima chiama dei parlamentari.

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