Il governo Meloni e la storia della relazione sull’economia sommersa «sparita» dalla Nadef di Draghi
Il quotidiano la Repubblica oggi parla in un articolo a firma di Valentina Conte di una relazione sull’economia sommersa e sul nero in Italia «sparita». Nel senso che ogni anno alla Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) si allega un rapporto sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. È accaduto nel 2020 e nel 2021. Quest’anno invece la Nadef è stata approvata dal governo Draghi il 28 settembre, tre giorni dopo le elezioni. E con due peculiarità. La prima: il documento ha al suo interno il quadro programmatico ma non quello tendenziale. Questo per fare “un favore” all’esecutivo Meloni, che così potrà legarlo alla sua azione. La seconda è proprio l’assenza della «Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva».
La lotta elettronica all’evasione fiscale
Ma il quotidiano dice anche che l’assenza della relazione è legata proprio all’assenza del quadro tendenziale della Nadef. E che ci sono stati contatti su questa scelta tra l’ex ministro dell’Economia Daniele Franco e lo staff di Giorgia Meloni. Rivelando poi per sommi capi i contenuti della relazione: la lotta all’evasione digitalizzata sta migliorando, così come la dichiarazione precompilata e la fattura elettronica. Oltre ai Pos e agli scontrini elettronici. Insomma, è il senso, la moneta elettronica contro l’evasione funziona. Una contraddizione per un governo che vuole mettere mano al tetto ai contanti. E per una leader che durante gli anni all’opposizione ha criticato il Grande Fratello Fiscale. Ovvero l’incrocio tra banche dati dei conti correnti e carte di credito e i controlli incrociati tra spese e guadagni inaugurato proprio quest’anno. Alessandro Santoro, il consigliere di Franco che ha scritto il rapporto “sparito”, dice al quotidiano: «Noi l’abbiamo chiuso nei tempi, il resto dipende dalla politica. Mi sento solo di dire che rinunciare all’analisi del rischio evasione tramite l’incrocio dei dati farebbe fare un passo indietro all’Italia e di sicuro metterebbe a rischio l’obiettivo del Pnrr di ridurre il tax gap al 15,8% entro il 2024, dal 18,5% del 2019».
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