Liberalizzare il Coronavirus: cosa pensano i virologi della nuova direzione del governo sulla pandemia
Le diverse voci che compongono la comunità scientifica non hanno tardato a reagire rispetto all’ammorbidimento delle norme in materia di Covid stabilito dal nuovo governo Meloni. Da un lato, c’è chi si rivela a favore dei cambiamenti introdotti dal nuovo ministro per la Salute Orazio Schillaci: come l’infettivologo Matteo Bassetti, che plaude alla decisione di abolire il bollettino quotidiano. «Io lo dico da un anno, il bollettino modello 2020 non ha più senso. Ormai mettiamo insieme le mele con le pere, con delle variabilità giornaliere legate al numero dei tamponi anacronistiche», dichiara in un’intervista al Il Fatto Quotidiano. Opinione diametralmente opposta a quella del microbiologo Andrea Cristanti, che dice: «Francamente è l’ultima cosa che avrei eliminato. Ogni diminuzione di informazione è di per sé negativa, a maggior ragione in un momento in cui si decide un cambio di passo. Che senso ha?».
Bassetti e Crisanti: opinioni a confronto
I due concordano invece sulla proroga sull’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa: «Dipende dal reparto, ma io manterrei l’obbligo per chi va a visitare un parente. La mascherina non difende solo dal Covid, ma da tutti i virus», dichiara Bassetti. «Le mascherine servono a proteggere i fragili e gli anziani da un virus che non è affatto innocuo. E in ospedale non ci sono forse molti fragili e molti anziani?», fa eco Crisanti. Comunione di opinioni anche riguardo al «flop» della quarta dose: per entrambi è stato fatto un errore «nella comunicazione». «Dovevamo chiamarla ‘dose di richiamo’», afferma Bassetti, mentre Crisanti aggiunge: «si è generata un’eccessiva aspettativa in un vaccino aggiornato e migliore che non era ancora disponibile. A volte gli errori si fanno eccome». Ma le divergenze tornano a proposito dell’ipotesi di abolire tout court l’isolamento per gli asintomatici: se per Bassetti «è assurdo che chi ha un tampone positivo sia obbligato in ogni caso all’isolamento», Crisanti ritiene che «offrirebbe solo un’opportunità al virus per trasmettersi». «Bisogna arrivare a gestire il Covid come abbiamo sempre gestito tutte le altre malattie infettive. È il medico a decidere se puoi uscire o no, esattamente come per l’influenza: se hai 39 di febbre stai a casa, se no vediamo», aggiunge Bassetti. Mentre riguardo la revoca delle multe ai No Vax, esprime la sua approvazione: «Le multe andavano riscosse nel 2021. Un anno fa la sanzione era ragionevole, adesso francamente non lo è più, lo scenario è cambiato».
Pregliasco: «Sì alla normalità, ma non abbassiamo la guardia»
Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi e professore di Igiene Generale e Applicata all’Università degli Studi di Milano, invita alla prudenza: «Aspetterei a dire che possiamo pensare che sia archiviato il peggio», esordisce intervistato dal Quotidiano Nazionale, anche se «stiamo vivendo un momento di normalizzazione rispetto al virus». «Oggi», spiega, «siamo davanti a una malattia che non è quella di prima, salvo nuove impennate di varianti strane, ma ora molto è da affidare alla responsabilità dei singoli». Dunque, aggiunge, «i provvedimenti, molti dei quali divisivi, che sono stati
presi in fase emergenziale adesso non servirebbero davvero più, perché il virus è cambiato e perché la
popolazione è più protetta». A suo dire, dobbiamo dunque perseguire una transizione verso la normalità, ma «ovviamente non abbassando la guardia. E procedendo a una vaccinazione raccomandata per i soggetti fragili e a rischio». Vaccinazione che a suo dire dovrebbe compiersi a cadenza annuale, come per l’influenza. «I vaccini hanno fatto in modo, arrivando all’81% della popolazione, che la situazione restasse sotto controllo, ma non penso si possa obbligare la popolazione a vaccinarsi ogni 4/6 mesi».
Abrignani e il bilancio sulle scelte passate
Anche l’immunologo Sergio Abrignani, intervistato dal Corriere della Sera, si esprime riguardo la nuova rotta impressa dal ministero della Salute. A cominciare dalla citata questione dei bollettini quotidiani: «Sono d’accordo sull’inutilità di renderlo accessibile all’opinione pubblica. Quell’elenco di dati serve però ai tecnici, all’Istituto Superiore di Sanità, per continuare a monitorare l’epidemia. Se poi vogliamo pubblicarlo settimanalmente va benissimo», commenta. Abrignani, che ha partecipato al lavoro del Comitato tecnico scientifico con il governo Draghi, respinge la tesi secondo cui in Italia sarebbero state imposte misure troppo restrittive. «L’Italia ha adottato misure simili o addirittura meno pesanti rispetto ad altri paesi che ci sono venuti dietro prevedendo lockdown e obbligo di Green pass. Mi riferisco a Germania, Francia e Spagna, per citare solo quelli dell’Unione europea», afferma. E aggiunge: «Nonostante i divieti, il costo pagato sul piano delle vittime da noi è stato indubitabilmente molto alto. E se non avessimo chiuso il Paese il bilancio sarebbe stato molto più doloroso». Alla domanda riguardo le decisioni prese in passato e alla loro base scientifica, se fosse sufficiente o meno con il senno di poi, Abrignani ribatte: «Bisogna calarsi nel contesto della situazione di allora (…). Siamo stati i primi in Europa ad essere travolti dall’ondata, mancavano modelli di riferimento». Parole che richiamano quelle di Bassetti. Che in merito al vaccino per gli under 12 afferma: «In quel momento era uno strumento necessario anche per i ragazzi. Anche ciò che oggi può sembrarci sbagliato deve essere riportato al contesto del maggio-giugno 2021. È inutile e sciocco processare il passato».
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