Alessia Pifferi, la lettere dal carcere: «Mi sembra un brutto sogno: con Diana ero felice, in casa mia mai il frigo vuoto»
«Da che mia figlia non c’è più, mi sento vuota e spenta sia psicologicamente che nel cuore», scrive Alessia Pifferi dal carcere, dov’è rinchiusa con l’accusa di aver lasciato morire di inedia sua figlia Diana. Nella sua lettera diffusa da Iceberg Lombardia, su Telelombardia, la donna ha poi aggiunto: «Mia figlia mi manca da morire e il dolore è molto forte e intenso. Ogni volta che chiudo gli occhi, spero che tutta questa situazione sia solo un brutto sogno e invece mi sveglio in carcere e mia figlia non c’è più». La 37enne, accusata di omicidio volontario aggravato e in carcere dal 21 luglio, secondo gli inquirenti avrebbe lasciato sua figlia Diana, 16 mesi, da sola in casa in zona Mecenate per raggiungere per alcuni giorni il compagno fuori città. «A Diana facevo cucù e ridevamo come due matte e poi dopo un po’ si addormentava – scrive Pifferi – penso di sapere solo io il dolore, la sofferenza che ho nel cuore per questa situazione, e il trauma che sto vivendo. Vorrei tanto tornare indietro se si potesse, soltanto per riavere con me mia figlia». Nelle righe diffuse dall’emittente locale, la donna parla della sua vita prima della tragedia, descrivendosi come una madre attenta alle necessità della famiglia. «In casa avevo capito che se non si lavorava non si mangiava, per me quello che conta e contava era trovare lavori onesti e umili, che mi consentissero di avere soldi in tasca per fare la spesa e per mantenermi», scrive Pifferi, per poi aggiungere, «quando lavoravo avevo iniziato anche ad andare in vacanza da sola ed ero felicissima perché ero finanziariamente indipendente, ma in casa non doveva mancare nulla nel frigo».
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