Scontro Italia-Francia, il giurista Vassallo: «Ecco perché sugli sbarchi sbagliano entrambe» – L’intervista
«La regola in Europa è la solidarietà e la regola di solidarietà dice che è lo Stato con il porto più vicino che deve accogliere la nave, in questo caso è l’Italia». Così il ministro francese del Lavoro Olivier Dussopt aveva spiegato la posizione di Parigi sul caso Ocean Viking. La nave, con 234 migranti a bordo, è in viaggio verso Tolone dopo non aver ricevuto dall’Italia l’autorizzazione a sbarcare. «L’approccio del ministro francese non è corretto – spiega a Open Fulvio Vassallo Paleologo, giurista ed esperto di diritti umani -. Il principio della solidarietà, seppure giusto, è secondario in questi casi. Qui la gestione degli sbarchi deve fare riferimento non alla solidarietà, ma al diritto del mare e alle convenzioni internazionali recepite dal regolamento Frontex». Regolamento numero 656 del 2014, ancora in vigore, e che inquadra gli obblighi di soccorso a carico di ciascuno Stato. «Secondo il regolamento, ratificato singolarmente da ogni singolo Stato, tutti i Paesi membri hanno accettato che lo Stato responsabile dell’adempimento degli obblighi di soccorso è lo Stato di primo contatto». Cosa significa? Vassallo, snocciolando regolamenti e convenzioni internazionali, chiarisce che lo Stato di primo contatto va identificato nel primo Paese che ha avuto notizia della richiesta di soccorso. Se il salvataggio avviene in una zona Sar (Search and Rescue) di competenza di uno Stato, deve essere quel Paese a farsi carico delle operazioni di sbarco a terra.
Il regolamento di Dublino
Nel caso delle navi ong che hanno fatto richiesta di soccorso all’Italia in questi giorni e alle quali il governo ha chiesto di far compilare la richiesta di asilo a bordo, Vassallo è perentorio: «Nessun passaggio del diritto internazionale prevede che la richiesta possa essere effettuata a bordo. Il principio superiore, la priorità è quella di portare le persone soccorse in un luogo sicuro. Prima di ogni cosa. Il luogo sicuro è la terra ferma». La richiesta inedita del governo, secondo Vassallo, ha dunque un duplice obiettivo: «Il primo è quello di preludere a una lotta in Europa per modificare il regolamento di Dublino. È il biglietto da visita di Giorgia Meloni a livello europeo». Il regolamento – formalmente chiamato Regolamento UE n. 604/2013 – stabilisce a quale Stato compete esaminare le domande di asilo. L’idea alla base è che quest’onere spetti allo Stato che ha avuto un ruolo significativo nell’accesso del richiedente asilo sul territorio dell’Unione europea. «Il secondo obiettivo è quello di supportare Matteo Salvini nel processo in corso a Palermo per il caso Open Arms. Le azioni del segretario della Lega, allora ministro dell’Interno, erano tese a far valere il principio – assente oggi da regolamenti e convenzioni – che la competenza del soccorso e della prima accoglienza spettasse allo Stato di bandiera della nave con a bordo i migranti. Affermare il contrario, in questo momento, significa togliere un argomento alla difesa dell’attuale ministro delle Infrastrutture che, il prossimo dicembre, è atteso in udienza a Palermo», chiosa Vassallo.
Naufraghi o migranti?
Un altro punto sollevato da Meloni in questi giorni e ribadito nella riunione con i suoi parlamentari ieri, 9 novembre, è che a bordo delle navi ong arrivate in acque italiane ci siano migranti e non naufraghi. «Le persone sono salite a bordo in acque internazionali trasbordando da altre unità navali di collegamento e la nave che le ha prese in carico è attrezzata ed equipaggiata per ospitarle e provvedere a tutte le loro esigenze di accoglienza. Giuridicamente, dunque, non parliamo di “naufraghi”, qualifica che ricorrere invece in regime di Sar», ha affermato la presidente del Consiglio. Vassallo ritiene che il governo suffraghi questa tesi del “non soccorso” appoggiandosi su due considerazioni: «La prima affermazione fatta è che le ong operino in modo sistematico e, perciò, non potrebbero avvalersi delle regole internazionali per i soccorsi occasionali. La seconda è che i soccorsi avrebbero realtà natura di eventi di migrazione irregolare e, per le ong, si configuri la responsabilità di agevolare l’ingresso irregolare di persone in un Paese estero, escludendo che le imbarcazioni che si muovono tra Sicilia, Libia e Malta siano in vere situazioni di rischio». Tutto questo, però, sarebbe smentito dalla legislatura giuridica: «La Cassazione, ad esempio, ha stabilito che il soccorso, a prescindere da ogni altra valutazione, debba avvenire nel più breve tempo possibile».
Vassallo fa notare che il regolamento Frontex, le norme sovranazionali e i manuali redatti dall’alto commissariato Onu per i rifugiati ci dicono che, potenzialmente, tutte le imbarcazioni della tipologia che sbarca dalla Libia è considerata a rischio naufragio. «Non solo – sentenzia il giurista -, durante il viaggio dei migranti sulle imbarcazioni, ong e non, il rischio di morte a bordo è costante. Nelle scorse ore, a Lampedusa, sono morte una donna e un bambino per ipotermia. Ecco, dovremmo considerare corresponsabili di queste morti anche gli Stati che si rifiutano di prestare soccorso, visto che c’è la consapevolezza che il rischio di morte riguarda ogni persona che attraversa il Mediterraneo in queste condizioni. Devono essere gli avvocati a stabilirlo, ma io vedo profili di rilevanza penale nei casi di abbandono in mare, al punto che si potrebbe arrivare a parlare di concorso in omicidio colposo». Vassallo torna sulla distinzione tra migranti e naufraghi fatta da Meloni, sostenendo che quando ci sono persone in mare in situazioni di pericolo, «e i migranti lo sono per definizione in pericolo», non si può fare nessuna distinzione né in base alla nazionalità né allo stato giuridico.
«Lo dicono le Nazioni unite, in mare non esistono clandestini. Lo confermano le morti di questi giorni: sono persone a rischio di morte anche se non si verifica alcun naufragio. Ribadisco, non esiste norma che permetta di distinguere tra migranti e naufraghi. Solo una volta giunti a terra si può parlare di migranti che vogliono entrare nel Paese in modo irregolare, non in mare». Il potere di respingimento di uno Stato, dunque, dovrebbe essere applicato solo una volta che i migranti toccano terraferma. La frontiera è a terra, non sulla nave, ripete Vassallo: «L’Italia, come voleva fare per Humanity 1 e Geo Barents, non può svolgere attività che comportano respingimenti collettivi sostenendo che si tratta di navi battenti bandiere straniere. L’Italia, contravvenendo alle norme, voleva far ripartire le due imbarcazioni ong con un gruppo di naufraghi non identificati e a cui veniva rifiutato aprioristicamente l’avvio della procedura di richiesta di asilo. Su una nave straniera che entra nelle nostre acque – conclude il giurista – vale la giurisdizione italiana e non dello Stato di bandiera».
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