Forza Italia, il partito azienda: i suoi super finanziatori? Berlusconi, Fininvest, e i 5 eredi di Silvio…
Cosa sarebbe Forza Italia senza Berlusconi? O meglio, senza i Berlusconi? Il partito, negli ultimi anni, avrebbe infatti potuto godere di generose donazioni da parte della famiglia del Cavaliere, e dalle sue aziende. Un vero colpo di fortuna, considerata la penuria post abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Lo rivela l’Adkronos, spiegando che nell’elenco dei contributi percepiti dal movimento azzurro spiccano le generose donazioni della Fininvest Spa. Come i 50mila euro versati lo scorso agosto e lo scorso giugno, a cui si aggiungono altri 100mila lo scorso febbraio. Il Biscione avrebbe staccato in favore di Fi, dal 2019 ad oggi, assegni per un totale di 400mila euro.
Ma a sostenere il movimento azzurro sono accorsi anche gli eredi del suo fondatore. I cinque figli di Berlusconi avrebbero infatti dimostrato il loro amore filiale con una donazione di 100mila euro a testa: la primogenita Marina, Pier Silvio, Eleonora e Luigi hanno fatto il loro versamento il 16 agosto scorso, mentre Barbara ha fatto la sua ‘donazione’ sei giorni dopo. Probabilmente seguendo l’esempio di zio Paolo, fratello dell’ex premier che donò 100mila euro l’8 maggio del 2019, più la concessione di un pegno in titoli di 4 milioni di euro, come certificato dal bilancio chiuso al 31 dicembre dello stesso anno. Niente comunque di paragonabile a quanto Berlusconi ha sborsato di tasca sua in prima persona: quasi 100milioni di euro, dal 2014 ad oggi.
Ma non sembra sufficiente a risanare i conti del partito, ancora in rosso con un disavanzo di 340mila 490 euro. Secondo l’ultimo bilancio, chiuso al 31 dicembre 2021, Fi risulta inoltre debitrice verso ‘altri finanziatori’, ovvero ‘l’unico creditore-padrone’ che l’ha creata 28 anni fa, l’ex premier, per oltre 92milioni di euro. Tutti garantiti attraverso fidejussioni personali. Ad alimentare i problemi economici sarebbero anche deputati, senatori e consiglieri regionali «morosi», che cioè non pagherebbero regolarmente le quote dovute (900 euro al mese). Causando un buco di cassa di almeno 2 milioni di euro, considerato che un parlamentare su tre non pagherebbe gli arretrati.