Cop27, a fatica arriva l’accordo sul clima: deluse Ue e Onu. Fondo per i danni ai paesi poveri, nulla su combustibili fossili
I Paesi in via di sviluppo lo chiedevano da tempo. Nella notte a Cop27 è arrivato l’accordo sul fondo mondiale per il loss and damage, la perdita e il danno provocati dal cambiamento climatico subìto soprattutto dai Paesi più poveri che hanno contribuito limitatamente all’aumento della temperatura terrestre. Ci sono voluti quasi due giorni di trattative in più per portare i 197 Paesi presenti alla Cop27 del Cairo a un’intesa che arriva dopo trent’anni di discussioni. A rimpinguare il fondo dovranno essere i Paesi ricchi – anche se quanto ricchi è ancora oggetto di dibattito – dato che nel corso della storia sono stati loro a produrre la maggior quantità di emissioni i cui effetti adesso si abbattono sulle aree del mondo più vulnerabili. Questo era il primo punto in agenda della conferenza climatica egiziana, e, secondo molti, non trovare un accordo sarebbe stato un fallimento. L’accesso al fondo sarà prioritario per i Paesi più vulnerabili, spiega il Guardian, e anche i Paesi in via di sviluppo potranno contribuirvi volontariamente.
Le trattative complicate
Quello della contribuzione rimane un nodo da sciogliere. Usa, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Giappone premono affinché anche altri Paesi economicamente forti stanzino dei fondi. Uno tra tutti la Cina. Ad ogni modo, la lista precisa dei Paesi e l’ammontare preciso del fondo verranno stabiliti da un comitato ad hoc, che dovrà riferire l’anno prossimo alla Cop28 di Dubai. L’accordo è stato raggiunto seguendo un percorso difficile e tortuoso. Nelle ultime ore della conferenza, ogni dettaglio era occasione di dibattito, con alcuni Paesi – come la Cina – che hanno cercato di ammorbidire gli obiettivi climatici che chiedono di impegnarsi a mantenere il riscaldamento sotto gli 1,5 gradi centigradi. Alla fine, i Paesi si sono accordati per raggiungere una generica «rapida» riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Anche alla luce di ciò, l’Unione ha accettato controvoglia l’accordo per il loss and damage, che è stato spinto principalmente dai G77, i Paesi in via di sviluppo guidati dalla Cina. Infatti, l’Ue chiedeva che il fondo fosse istituito solo per i vulnerabili e non per tutti i G77.
La delusione dell’Ue
Proprio l’assenza di enfasi sulla riduzione delle emissioni è oggetto della delusione dell’Ue, rappresentata alla conferenza dal vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans. Nello specifico, la Cina ha spinto affinché il limite di 1,5 gradi venisse sospeso. L’obiettivo del gigante asiatico è arrivare alla decarbonizzazione, ma raggiungendo il picco di emissioni oltre metà secolo, un’idea incompatibile con la politica 1,5. L’Unione si è detta delusa dalla «mancanza di ambizione» dell’accordo. «Quello che abbiamo davanti non è abbastanza da costituire un passo in avanti per la popolazione del pianeta. Non porta sufficienti sforzi aggiuntivi da parte degli inquinatori maggiori per un incremento e un’accelerazione delle loro emissioni», ha dichiarato Timmermans. Il vicepresidente dell’esecutivo europeo lamenta la scarsità di obiettivi di riduzione delle emissioni nel documento di chiusura della Cop. «Tristemente, non li vedo riflessi», ha dichiarato. «Qualcuno ha paura della transizione, dei costi del cambiamento. Io capisco tutte queste preoccupazioni, molti europei le condividono. Ma io voglio chiedere a tutti i colleghi di trovare il coraggio di superare questo, e io tendo la mano a voi per aiutarvi», ha concluso.
E quella dell’Onu
La posizione dell’Ue si allinea a quella dell’Onu. Il segretario generale Antonio Guterres ha ribadito che un accordo sul loss and damage serve a poco se non si lavora tutti insieme per ridurre le emissioni e rimanere sotto gli 1,5 gradi di riscaldamento. Obiettivo che sembra sempre più remoto. «Per avere qualche speranza di rimanere entro 1,5 gradi, abbiamo bisogno di investire massicciamente sulle rinnovabili e porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili» – ha detto Guterres – «Dobbiamo evitare una lotta per l’energia nella quale i paesi in via di sviluppo finiscono ultimi, come è successo nella gara per i vaccini al Covid-19».
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