Iran, 40 stranieri arrestati nelle proteste. La denuncia della Cnn: «Abusi sessuali nelle carceri»
Non si fermano le proteste in Iran, esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda morta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non aveva indossato correttamente l’hijab. E il governo di Teheran ha fatto sapere che 40 cittadini stranieri sono stati arrestati per il loro ruolo nei disordini che le hanno accompagnate. «Finora, 40 cittadini stranieri sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nelle proteste», ha dichiarato il portavoce della magistratura iraniana, Masoud Setayeshi, a margine di una conferenza stampa. Setayeshi non ha però specificato la nazionalità delle 40 persone straniere arrestate. Al contempo, il governo iraniano ha dato la colpa a «nemici stranieri e i loro agenti segreti» per aver architettato le proteste contro il presidente iraniano Ebrahim Raisi e l’ayatollah Khamenei, in una delle rivolte più trasversali e violente che ha unito più fasce sociali della popolazione iraniana, in cui hanno perso la vita oltre 300 persone, soprattutto giovani donne, e almeno 40 bambini. Secondo il rapporto della Ong Iran Human Rights Organization, le persone uccise sin dall’inizio delle proteste sarebbero almeno 378, mentre migliaia di manifestanti e dissidenti risultano incarcerati non solo nelle carceri del Paese, ma anche in altre strutture del Paese.
L’inchiesta della Cnn sugli abusi contro i manifestanti
La Cnn ha pubblicato intanto una lunga inchiesta sulle violenze e le molestie sessuali commesse dalle Guardie della rivoluzione della Repubblica islamica nei centri di detenzione, contro le persone incarcerate durante le proteste degli ultimi tre mesi. Secondo gli autori dell’inchiesta, basata su quanto hanno scritto i testimoni oculari e le vittime di violenza sessuale arrestati durante questi mesi di proteste, viene confermato almeno un caso di stupro nei confronti di un’adolescente e di un’altra persona gravemente ferita. Secondo le fonti della Cnn, gli agenti della Repubblica islamica hanno filmato alcune scene di violenza sessuale e ne hanno fatto uno strumento per ricattare e mettere a tacere i manifestanti. Nell’inchiesta viene esposto anche il caso di Armita Abbasi, una giovane 20enne di Karaj, che sarebbe stata arrestata a causa dei suoi scritti di protesta contro la Repubblica islamica sui social network, mentre il governo iraniano l’ha accusata di essere una delle «leader dei proteste», dopo aver trovato 10 molotov nel suo appartamento. Al momento, Armita Abbasi si trova nella prigione di Kechoui a Karaj, ma le autorità iraniane hanno smentito che nei suoi confronti vi siano state aggressioni o violenza sessuale, malgrado gli elementi, tra cui foto, video e comunicazioni tra i medici diffuse dalla giovane 20enne su Instagram indicherebbero il contrario. Secondo i documenti trapelati dall’Imam Ali Hospital di Karaj, Abbasi è stato portata in questo ospedale il 25 ottobre scorso da agenti in borghese, mentre i suoi capelli erano rasati e la giovane tremava senza riuscire a placarsi. Nella conversazione registrata dalla giovane e diffusa su Instagram, si sentono le voci dei medici che descrivono l’orrore provato quando hanno visto i segni dello stupro sul corpo della giovane. Una fonte riservata dell’Imam Ali Hospital ha confermato l’autenticità di queste testimonianze e documenti in nell’intervista alla Cnn.
L’allarme dell’Onu: «Moratoria immediata sulla pena di morte»
«Il crescente numero di morti per le proteste in Iran, compresi quelli di due bambini nel fine settimana, e l’inasprimento della risposta da parte delle forze di sicurezza, sottolineano la situazione critica dell’Iran», ha dichiarato Volker Turk, portavoce del capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, a margine di una conferenza stampa a Ginevra, chiedendo una moratoria immediata sulla pena di morte contro i manifestanti, approvata nelle scorse settimane dal parlamento iraniano. Giovedì, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite proporrà l’avvio di un’indagine internazionale sulle violente repressioni e le condanne a morte dall’inizio delle proteste. L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) ha reso noto che finora sono state uccise più di 300 persone, tra cui più di 40 bambini. Questi decessi si sono verificati in tutto l’Iran, con morti segnalate in almeno 25 delle 31 province del Paese. Durante lo stesso briefing, il portavoce dell’OHCHR, Jeremy Laurence, ha anche espresso «preoccupazione» per la situazione nelle città iraniane sul fronte curdo «dove – ha riferito – oltre 40 persone uccise dalle forze di sicurezza solo nell’ultima settimana».
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