Legge di Bilancio, Meloni in conferenza stampa: «È una manovra coraggiosa, scommette sul futuro» – Il video
Dall’avvio dell’iter per la costruzione del Ponte sullo Stretto all’innalzamento del tetto al contante, dal depotenziamento del Reddito di cittadinanza alla decontribuzione per chi assume giovani under 36. Dei 35 miliardi previsti per la legge di Bilancio 2023 – che adesso deve essere trasmessa al parlamento italiano e alle autorità europee -, la maggior parte elle risorse sono destinate al caro energia: per contrastarlo, il governo Meloni ha messo sul tavolo 21 miliardi. «La manovra si basa su un approccio prudente e realista che tiene conto della situazione economica, anche in relazione allo scenario internazionale, e allo stesso tempo sostenibile per la finanza pubblica, concentrando gran parte delle risorse disponibili sugli interventi a sostegno di famiglie e imprese per contrastare il caro energia e l’aumento dell’inflazione», aveva spiegato Palazzo Chigi in una nota tra la notte del 21 e del 22 novembre. Oggi, Giorgia Meloni ha convocato una conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti. Seduti accanto a lei, il vicepremier Matteo Salvini, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il viceministro Maurizio Leo e la ministra del Lavoro Marina Calderone. «È una manovra coraggiosa perché scommette sul futuro, è una manovra coerente con gli impegni presi con gli italiani», ha esordito Meloni.
La natura politica della manovra
La presidente del Consiglio si è detta molto soddisfatta «del lavoro fatto con questa manovra perché non si limita a un lavoro ragionieristico, ma fa scelte politiche». Rivendicando che la legge di Bilancio è stata scritta «in appena un mese», Meloni ha ribadito che il testo «ricalca e racconta di una visione politica». L’approccio del governo sarebbe stato quello di un bilancio familiare: Sono contenta che l’approccio che abbiamo avuto, per come lo vedo, è quello di un bilancio familiare, «e quando ti occupi di bilancio familiare, se mancano risorse, non stai lì a preoccuparti del consenso, ma di cosa sia giusto fare per far crescere la famiglia nel migliore dei modi». Il capo dell’esecutivo ha ripetuto più volte la natura politica della manovra, «come è giusto e normale che sia per un governo politico. Abbiamo scelto e concentrato le risorse, è una manovra coraggiosa, coerente con gli impegni che abbiamo preso con il popolo italiano e che scommette sul futuro». Due assi di intervento principali sui quali si è mosso il governo: mettere in sicurezza il tessuto produttivo e la giustizia sociale, «ovvero l’attenzione alle famiglie e ai redditi più bassi».
Il capitolo di spesa dedicato al caro energia
La parte più cospicua, dal punto di vista economico, è dedicata alla sfida della crisi energetica: su una manovra di 35 miliardi, i provvedimenti per l’energia sono di circa 21 miliardi. «Ovviamente – ha spiegato Meloni – le due scelte fondamentali riguardano i crediti di imposta per le aziende, per cui è previsto un credito che si applica su parte dell’aumento che le imprese hanno fatto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quindi noi confermiamo e aumentiamo i crediti dal 40 al 45% per le aziende energivore e fino al 35% per le non energivore». Lato famiglie, lo Stato si occuperà della calmierazione delle bollette per i nuclei che hanno un Isee massimo di 15 mila euro. «La platea per le famiglie si allarga, ma chiaramente la misura è per quelle più bisognose e vale 9 miliardi di euro». Nel documento approvato dal Consiglio dei ministri rientra anche la proroga dell’Iva sul gas fino a marzo, mentre «una parte delle risorse è per la ridefinizione della norma degli extraprofitti, che supera alcuni elementi di contestazione. Recuperiamo circa 2,5 miliardi e alziamo aliquota da 25% a 35%».
Flat tax e cuneo fiscale
Nella manovra sono state predisposte «tre tasse piatte», tra cui quella «sui redditi incrementali alle partite Iva che hanno una tassa piatta del 15% sul maggiore utile conseguito rispetto al triennio precedente con soglia massima 40 mila euro, il che dimostra che si tratta di una misura rivolta al ceto medio, che non favorisce i ricchi e riconosce i sacrifici di chi lavora», ha sottolineato la presidente del Consiglio. Meloni ha ricordato anche l’aumento della flat tax a 85 mila euro e «l’intorduzione della tassa piatta al 5% sui premi di produttività fino a 3 mila euro, contro il 10% previsto attualmente». Misura che «fa il paio con estensione fringe benefit». Per i lavoratori dipendenti, poi, è stato previsto il taglio del cuneo fiscale: «Non solo confermiamo quello del 2%, che sui redditi fino a 35 mila euro andrà a beneficio interamente del lavoratore. Ma aggiungiamo un ulteriore punto per i redditi fino a 20 mila euro. È la misura più costosa di tutta la legge di Bilancio – ha chiosato la leader di Fratelli d’Italia – costa 4 miliardi di euro e questo indica che l’altra priorità del governo è aumentare – lo stipendio a – coloro che hanno redditi più bassi».
Congedo parentale e misure per le famiglie
I provvedimenti per la famiglia e la natalità inclusi nella manovra valgono circa un miliardo e mezzo di euro, «una scelta che non ha molti precedenti negli altri governi», ha rimarcato Meloni. Tra le misure, l’aumento del 50% dell’assegno unico per il primo anno di vita del bambino e di un altro 50% per tre anni nei casi di famiglie numerose. Anche la riduzione dell’Iva al 5% per i prodotti della prima infanzia – e per gli assorbenti – rientra in questo capitolo. Confermate anche le agevolazioni per l’acquisto della prima casa sulle giovani coppie. «Sul congedo parentale: io ho sempre pensato che molte madri non se lo potessero permettere con il 30% della retribuzione. Noi abbiamo aggiunto un mese di congedo facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita. Una sorta di salvadanaio del tempo», l’ha definito la presidente del Consiglio. Che, tornando sull’assegno unico, ha rivendicato di aver reso strutturale la maggiorazione per i figli disabili: «Una misura che può sembrare scontata – ma che non era così perché era – transitoria. Credo sia fondamentale mettere in campo aiuti per i bimbi disabili».
Pensioni minime e quota 103
Come già anticipato ieri dalle indiscrezioni emerse durante il Cdm, il governo ha previsto un incremento per le pensioni minime al 120%, con un meccanismo di aumento fino a 2 mila euro. «Poi, mano a mano l’aumento diminuisce fino alle pensioni oltre 10 volte la minima, cioè sopra i 5 mila per le quali l’indicizzazione la fissiamo al 35%». In generale, la manovra interviene «sullo scalone pensionistico che sarebbe scattato dal primo gennaio. Senza un intervento – ha sottolineato Meloni -, dal primo gennaio sarebbe scattata la pensione a 67 anni». Con l’approvazione della legge di Bilancio, dunque, dal 2023 si potrà andare in pensione «a 62 anni con 41 di contributi, ma con dei paletti di buon senso. Chi decide di entrare in questa finestra, fino a maturazione dei requisiti non potrà prendere una pensione superiore a cinque volte la minima, quindi tra i 62 e i 67 anni, fino a maturazione dei requisiti».
Social card, sugar e plastic tax
La presidente del Consiglio ha motivato così la mancanza dell’azzeramento dell’Iva sui beni primari come pasta, latte e farina: «Non abbiamo fatta quella scelta perché non potendo distinguere il reddito di chi acquista quei beni, la misura sarebbe andata anche a chi non ne aveva bisogno». In alternativa, «abbiamo pensato di selezionare alcuni alimenti – ha spiegato Meloni – e usare 500 milioni per abbassare il prezzo su quei beni usando la rete dei Comuni e abbiamo in mente di fare un appello ai produttori e distributori per aiutarci. Diremo chi aderirà, calmierando il prezzo, e quindi diremo quali hanno aderito alla nostra iniziativa e dove si possono spendere quelle risorse». L’esecutivo ha deciso di introdurre, poi, dei buoni «per i lavori in agricoltura e nel settore della cura della persona in particolare per lavori domestici fino a 10 mila euro. È una misura per regolarizzare il lavoro stagionale e occasionale che si deve accompagnare a controlli molto rigidi per evitare storture». Il governo, infine, ha rinviato l’entrata in vigore della plastic tax e della sugar tax di un anno.
L’attacco al reddito di cittadinanza
Quasi in chiusura di conferenza, Meloni ha riservato diverse critiche al reddito di cittadinanza, depotenziato nella manovra e che, stando alle dichiarazioni dei membri dell’esecutivo, dovrebbe essere rimosso dalla legge di Bilancio 2024. «Siamo fedeli ai nostri principi: si continua a tutelare chi non può lavorare, aggiungiamo anche le donne in gravidanza, ma per chi può lavorare si abolirà alla fine del prossimo anno e non potrà essere percepito per più di 8 mesi e decade alla prima offerta di lavoro». Poi, la presidente del Consiglio ha lanciato una frecciatina a Giuseppe Conte: «Vedo forze politiche che chiamano la piazza, va bene tutto però vorrei sapere se chi lo ha pensato lo ha immaginato come uno strumento dello Stato per occuparsi delle persone dai 18 ai 60 anni. C’è gente che lo prende da tre anni, evidentemente non ha funzionato o per alcuni italiani deve andare all’infinito io credo che lo Stato debba occuparsi di loro a trovare un posto di lavoro». Il governo ha introdotto anche l’obbligo di presenza sul territorio nazionale per la percezione del reddito, «perché in tanti casi le persone lo percepiscono ma non sono in Italia».
Stralcio cartelle esattoriali e norma contro «negozi apri e chiudi»
«Lo spirito da cui muoviamo è un rapporto diverso tra Stato e contribuente: lo Stato non è più aggressivo e punitivo ma giusto e comprensivo verso chi è in difficoltà», ha detto la presidente del Consiglio a proposito della cosiddetta tregua fiscale inserita in manovra. Meloni ha assicurato che non si tratta di un condono, «ma solo di operazioni vantaggiose per lo Stato. Vengono annullate le cartelle inferiori a mille euro e antecedenti al 2015. Per tutti gli altri si paga il dovuto con una maggiorazione unica del 3% e la rateizzazione». Infine, la presidente del Consiglio ha annunciato che nella legge di Bilancio ci sarà «una norma di contrasto alla concorrenza sleale a esercizi “apri e chiudi”, cioè quelli che aprono, non versano un euro alle casse dello Stato, chiudono prima dei controlli, spariscono e ricominciano da capo. Ora quando l’Agenzia delle entrate ha avvisaglie, convoca – quegli imprenditori – e se non ha le rassicurazioni necessarie, può cancellare l’Iva o chiede una fideiussione sul pagamento delle tasse».
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