Reddito di cittadinanza, dal 2024 sarà sostituito con «altre misure». Ecco quelle già attive in Europa
Il governo Meloni ha deciso: dal 2024 il reddito di cittadinanza sarà abolito e sostituito da una nuova «riforma complessiva per il sostegno alla povertà e all’inclusione». Con l’approvazione della nuova manovra di bilancio, l’esecutivo ha deciso di interrompere già nel 2023 la concessione del sussidio a tutti i cosiddetti «occupabili», ossia coloro che sono in grado di lavorare. A partire dal 1° gennaio 2024, invece, lo strumento cesserà completamente di esistere e verrà introdotta una nuova forma di sussidio, destinata solo ai più poveri. Secondo i dati di YouTrend, aggiornati a maggio 2022, sono oltre un milione i nuclei familiari che quest’anno hanno beneficiato del reddito di cittadinanza, ricevendo un importo medio mensile di 581 euro. Ancora non è chiaro come funzionerà il nuovo strumento che andrà a sostituire il reddito di cittadinanza. La nuova riforma, però, sarà probabilmente inserita in uno dei disegni di legge di accompagnamento alla Legge di Bilancio. Ma come si stanno muovendo gli altri Paesi dell’Unione Europea nella lotta alla povertà? Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, tutti i 27 Stati Ue hanno adottato misure per garantire un reddito minimo. Tra un Paese e l’altro, però, le differenze sono notevoli. A cambiare non sono solo i requisiti di chi può fare domanda, ma anche l’obiettivo stesso dello strumento. In Francia, per esempio, il supporto ai più poveri va di pari passo con il reinserimento nel mercato del lavoro. In Spagna, invece, lo strumento approvato dal governo Sánchez ha come scopo dichiarato l’aiuto delle famiglie che vivono sotto la soglia di povertà.
Il caso francese
In Francia, chi ha più di 25 anni ed è disoccupato può richiedere il Revenu de solidarité. Il sussidio è stato introdotto nel 2008 e prevede un supporto economico che va da circa 500 euro – in caso di mononucleo familiare – a circa 1.000 euro per le coppie con figli. La misura non ha nessun limite temporale ma consente di rifiutare al massimo un’offerta di lavoro. Se il percettore del sussidio rifiuta anche la seconda, il beneficio decade. La misura può essere richiesta anche per integrare i redditi dei lavoratori sotto la soglia fissata annualmente per raggiungere il reddito minimo. Per incentivare chi beneficia del Rsa a rientrare nel mercato del lavoro, il governo francese ha varato anche il Prime activité, una sorta di integrazione dello stipendio che può essere richiesta da chiunque guadagni meno di 1.800 euro (una volta e mezzo il salario minimo legale). L’obiettivo è chiaro: rendere più appetibili anche i lavori con una paga più bassa e ridurre la disoccupazione.
La Germania cambia le regole
Discorso diverso in Germania, dove a partire dal primo gennaio 2023 entrerà in vigore un nuovo strumento: il Bürgergeld. Si tratta di un assegno sociale di 502 euro mensili per chiunque si trovi «in stato di indigenza o nell’incapacità di assicurarsi il guadagno di base». La misura va a sostituire lo strumento attualmente in vigore, il cosiddetto Hartz IV, che obbligava i lavoratori ad accettare qualsiasi offerta di lavoro ritenuta «adeguata», pena la perdita del sussidio. Secondo la «coalizione semaforo» di Olaf Scholz, però, questa norma è troppo stringente. L’obiettivo del nuovo strumento, dunque, non è più il semplice reinserimento nel mercato del lavoro – anche a costo di accontentarsi di un’occupazione temporanea – ma allargare a più persone la possibilità di richiedere l’assegno del governo.
La ricetta spagnola contro la povertà
In Spagna il governo socialista di Pedro Sánchez ha introdotto nel 2020 l’Ingreso Minimo Vital (IMF), una misura di welfare per garantire a disoccupati e famiglie in difficoltà un assegno che va da un minimo di 462 a un massimo di 1.015 euro al mese. L’importo dell’IMV varia a seconda della dimensione del nucleo familiare, viene erogato in 12 mensilità ed è cumulabile con altri tipi di prestazioni sociali. Il fine ultimo della misura è soprattutto il contrasto alla povertà. E, proprio per questo, la misura prevede requisiti meno stringenti rispetto ad altri Paesi e può essere richiesto anche dagli stranieri che si trovano da almeno un anno in Spagna. Per quanto riguarda la parte di politiche attive del lavoro, il governo spagnolo ha varato un meccanismo detto sello social (timbro sociale), che prevede sgravi fiscali alle imprese che assumono i beneficiari del sussidio.
Le linee guida di Bruxelles
La crisi economica scoppiata in seguito alla guerra in Ucraina ha rimesso le politiche contro la povertà al centro dell’agenda legislativa. Per questo, a fine settembre, la Commissione Europea ha pubblicato una proposta rivolta a tutti i Paesi membri per modernizzare i propri sistemi di reddito minimo garantito. «Oggi più di una persona su cinque nell’UE è a rischio di povertà ed esclusione sociale», ha detto Nicolas Schmit, commissario Ue per il Lavoro. «In tutti gli Stati membri esistono regimi di reddito minimo, ma – ha aggiunto – dalle analisi risulta che non sempre sono adeguati, raggiungono tutti coloro che ne hanno bisogno o motivano le persone a rientrare nel mercato del lavoro». Tante le proposte che Bruxelles invita a prendere in considerazione: dalla revisione periodica dell’importo alla promozione di procedure più trasparenti, passando per l’introduzione di nuovi meccanismi che favoriscano il reingresso nel mercato del lavoro.
Foto di copertina: ANSA / IGOR PETYX | Un gruppo di persone in fila a un ufficio postale di Palermo il 6 marzo 2019, primo giorno in cui è diventato possibile richiedere il reddito di cittadinanza
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