Daniela Santanchè: «Ho venduto le quote del Twiga ma non dico a chi. Le mance detassate faranno emergere il gettito»
La ministra del Turismo Daniela Santanchè annuncia di aver venduto le quote del Twiga. Lo stabilimento balneare con locale esclusivo a Forte dei Marmi era costato all’esponente di Fratelli d’Italia un’accusa di conflitto d’interesse. Tanto che lei stessa aveva annunciato di voler rinunciare alle deleghe sui balneari (poi conferite a Musumeci) per tenersi la proprietà che condivide con Flavio Briatore. Adesso però ha cambiato idea. E annuncia in un’intervista a La Stampa di aver venduto le quote «una decina di giorni fa» dopo un appuntamento dal notaio. Anche se non vuole dire a chi: «Questo non vi riguarda». Nel colloquio con Alessandro Barbera Santanchè parla anche della detassazione delle mance per i camerieri nella Legge di Bilancio: «Perché siamo una delle nazioni che le tassava di più. E perché sempre più gente la paga con la carta di credito. Così il gettito emergerà più facilmente».
Mentre sull’indagine che riguarda Visibilia e sul fallimento si limita a dire di aver fiducia nella magistratura: «Nessun rimorso, solo dolore e sofferenza. Sono tanti anni della mia vita lavorativa. I problemi che ha avuto quell’azienda non hanno avuto a che fare con nessun mio atto di malagestione, solo con il rischio d’impresa». Il 30 novembre intanto si terrà l’accertamento dei presupposti per la liquidazione della società. Il Fatto Quotidiano scrive oggi che l’11 novembre Visibilia ha saldato il debito con il fisco grazie alla liquidità fornita da Visibilia Concessionaria, riconducibile a Santanchè. Sia questa società che Visibilia Editore Holding hanno azzerato le quote. L’azionista di riferimento è Luca Ruffino.
Invece Lino Stoppani, presidente di Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi Confcommercio, ha detto all’agenzia di stampa Ansa che la norma sulle mance è positiva. «Aspettiamo di vedere bene l’articolo 14, ma da quello che abbiamo visto è una mossa che presenta una triplice giusta finalità. Prima quella di far emergere gettito imponibile favorendo l’emersione di importi collaterali che prima transitavano senza essere tassati. Inoltre semplifica gli aspetti di natura amministrativa. E terza, in linea generale, non aggrava di costi eccessivi quella che era la norma attuale», ha spiegato Stoppani.
«Oggi le mance costituiscono reddito a tutti gli effetti. Quindi qualsiasi mancia avrei dovuto sottoporla a tassazione e contribuzione con quelli che sono aggravi a carico del datore di lavoro. Insomma se questa tassazione scende al 5% e la relativa contribuzione è moderata, è positivo. È chiaro che dovremo fare un intervento contrattuale. Oggi il contratto della ristorazione italiana, che è firmato da Fipe e che è quello più applicato, scrive esplicitamente che le mance sono vietate. Questa norma era stata introdotta proprio perché le mance erano considerate dal legislatore parte integrante della contribuzione del dipendente», ha concluso.