Legge di Bilancio, perché il governo aumenta l’accisa sulle sigarette tradizionali e l’abbassa sul tabacco riscaldato?
Aumenta l’accisa sulle sigarette tradizionali, diminuisce sul tabacco da inalazione senza combustione. Per intenderci, stiamo parlando di quelle sigarette che, anziché essere accese con un accendino, per essere fumate devono essere inserite in un apposito riscaldatore. Tra i brand più famosi, troviamo Iqos, Glo e Ploom: a produrli, sono le stesse multinazionali che dominano il mercato internazionale del tabacco. Ma perché il governo Meloni, nella legge di Bilancio 2023, ha previsto un inasprimento delle imposte per le classiche “bionde” e, invece, ha alleggerito l’imposizione fiscale su questi prodotti alternativi? Intuitivamente, verrebbe da pensare che il tipo di sigaretta con l’accisa più alta causi più danni alla salute rispetto all’altra. «Non esiste, ad oggi, un confronto diretto tra le due sigarette in grado di valutare scientificamente le differenze di danno», spiega a Open un rinomato pneumologo italiano che, però, chiede di restare anonimo. «Sulle sigarette tradizionali sono stati fatti studi che prevedono un’esposizione del soggetto di 20, 30 anni al fumo. Queste a tabacco riscaldato, invece, sono in giro da un paio di anni».
Lo pneumologo ritiene indubbia la minore presenza di catrame nella nuova tipologia di sigarette senza combustione, «ma sono presenti altre sostanze e avvengono processi chimici che possono danneggiare in maniera diversa il polmone. Prima di asserire che una faccia meno male dell’altra – conclude -, bisognerebbe analizzare una popolazione estesa di individui con caratteristiche differenti e seguirli per lungo tempo, che non si può ridurre a una manciata di anni». Nella manovra approvata dal Consiglio dei ministri, l’accisa sulle sigarette tradizionali, nel 2023, aumenterà a 36 euro per mille sigarette. Si stima che, al consumatore, il pacchetto da 20 sigarette potrebbe costare fino a 70 centesimi in più. Nello stesso articolo della bozza, il numero 28, alla lettera b del punto 4 – quello che riguarda il tabacco da inalazione senza combustione – si legge: «All’articolo 39-terdecies, nel comma 3, le parole: “e al 40% per cento dal 1° gennaio 2023”, sono sostituite dalle seguenti: “al 36,5% dal 1° gennaio 2023, al 38% dal 1° gennaio 2024, al 39,5% dal 1° gennaio 2025 e al 41% dal 1° gennaio 2026”».
Numeri che così elencati dicono poco, ma andando a recuperare l’articolo 39-terdecies, in vigore dal 1° gennaio 2021, «Disposizioni in tema di tabacchi da inalazione senza combustione», si ha la conferma che il governo Meloni ha deciso di abbassare l’accisa di 3,5 punti percentuali. Bisognerà aspettare il 2026 affinché l’accisa sulle sigarette senza combustione torni al livello previsto dalle precedenti leggi di Bilancio. «Oggi riteniamo verosimile, ma ancora da provare in modo definitivo, che queste nuove sigarette abbiano un rischio minore di causare patologie neoplastiche. È assodato, invece, che le sigarette senza combustione causino bronchioliti o polmoniti organizzative». A parlare è Luca Richeldi, pneumologo del Gemelli e professore dell’Università Cattolica, specializzato nelle malattie dell’apparato respiratorio. Si dice preoccupato per la diffusione del tabacco da inalazione perché è un prodotto troppo recente per conoscerne tutti gli effetti negativi sulla salute. E fa un esempio: «Durante il dopoguerra, i medici facevano pubblicità per usare le classiche “bionde”, ancora non si conosceva il rischio di cancro al polmone. Ci vollero una quindicina di anni per dimostrarlo. Anche per questi nuovi tipi di sigarette, oggi, dobbiamo attendere almeno altri dieci anni prima di riuscire a inquadrare gli effetti a lungo termine».
Richeldi: «Queste nuove sigarette rischiano di incentivare il fumo anziché far smettere le persone»
Sul breve periodo, comunque, i danni alla salute si sono palesati. «Tutti i giorni vedo pazienti che manifestano dei problemi di salute per queste nuove sigarette, soprattutto tra quelli che ne fumano di più o tra chi ha patologie sottostanti, come gli asmatici, i quali tendono a percepire queste sigarette come meno pericolose per la propria asma». Prima di proseguire la conversazione, Richeldi ci tiene a ricordare che, nel mondo, si sono già verificate delle morti per l’inalazione di tabacco senza combustione, che è una tipologia di fumo che causa danni a polmone e cuore. Non è da escludere che, nel tempo, si scoprano effetti negativi anche su altri organi. «Causano la stessa dipendenza, se non maggiore, delle sigarette tradizionali. Questo è provato ed è dovuto alla nicotina: la dipendenza da nicotina è una pandemia globale che colpisce soprattutto i più giovani. Queste nuove sigarette rischiano di incentivare il fumo anziché far smettere le persone». Come? Trattandosi di tecnologie che facilitano il fumo, non serve l’accendino, non serve il posacenere, si tende a utilizzare i riscaldatori anche in alcuni ambienti chiusi. «I ragazzi, ad esempio, si sentono più tranquilli nei confronti dei genitori perché queste sigarette non lasciano il classico odore di fumo sugli indumenti. Per alcuni, i riscaldatori sono diventati oggetti fashion, rendiamoci conto del rischio enorme a cui stiamo esponendo i giovani».
Nicotina e stress ossidativo sulle vie aeree
Per Richeldi si sta verificando una vera e propria «induzione all’incremento del consumo di tabacco». Racconta che diversi suoi pazienti, che prima fumavano meno di dieci sigarette tradizionali al giorno, sono arrivati a fumarne oltre 20 con i riscaldatori. Il professore critica la scelta del governo sull’accisa: «Se poi s’incentiva l’uso del tabacco riscaldato tenendo il carico fiscale più basso, si completa il quadro: stiamo correndo verso un aumento sconsiderato di consumatori di tabacco da inalazione». Sono due le componenti che causano effetti negativi per la salute: l’esposizione alla nicotina e lo stress ossidativo sulle vie aeree. «In queste nuove sigarette c’è una massa notevole di composti chimici pericolosi, e questo è già emerso da centinaia di studi. Non sono innocue, non sono un ponte per la riduzione del rischio, ma inducono nuovi fattori di rischio». Richeldi, con una perifrasi, definisce i riscaldatori «strumenti di delivery di nicotina, metalli pesanti e conservanti, che vengono assorbiti attraverso l’epitelio dell’apparato respiratoro». E anche se non avviene una combustione in senso classico, i rischi per l’apparato respiratorio sono già evidenti, «mentre sul lungo termine – ribadisce -, non avendo ancora dei casi da studiare, brancoliamo nel buio».
Il senso di falsa sicurezza
Il docente lamenta che, anziché perseguire strategie di riduzione o eliminazione di qualsiasi tipo di fumo, si incentivi l’utilizzo di queste nuove sigarette, anche attraverso spavalde forme di marketing e spazi pubblici dati in concessione ai produttori. «C’è una percezione totalmente sbagliata: questi nuovi modi di fumare inducono malattie polmonari. Invece, i consumatori sono condizionati da un senso di falsa sicurezza. Anche le sostanze utilizzate per creare le fragranze che camuffano il tabacco sono un elemento di questa trappola commerciale, oltre a essere dannose. Tutto quello che noi inaliamo è pericoloso – conclude -, ci preoccupiamo di un termovalorizzatore che vogliono costruire a cinque chilometri di distanza da casa, utilizzando una tecnologia molto controllata, studiata da decenni, verificata nei suoi effetti sulla salute, e poi ci mettiamo a inalare, quindi a portare dentro al nostro organismo, sostanze chimiche che sappiamo essere dannose. È un paradosso completo».
Quanti fumatori ci sono in Italia?
Nel report più aggiornato sul tabagismo in Italia, divulgato dall’Istituto superiore di sanità lo scorso maggio, i dati sul fumo sono allarmanti. Quasi un cittadino su quattro, il 24,2%, è un fumatore: 12,4 milioni di individui. La prevalenza più alta di fumatori di sesso maschile si registra nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 44 anni (42,9%), mentre nella fascia d’età 45-64 anni si segnala la prevalenza più alta tra le donne (24,5%). La media giornaliera di sigarette fumate per persona è pari a 11,5. Infine, è il Sud l’area geografica dove la prevalenza di fumatori è più alta. Dal 2019 al 2022, è triplicato anche il numero di persone che fumano sigarette a tabacco riscaldato. Sarà un caso, ma il 36,6% del campione scelto dall’Iss considera queste sigarette meno dannose di quelle tradizionali: più di una persona su tre. «I nuovi prodotti del tabacco e le e-cig si sono aggiunti al consumo delle sigarette tradizionali e i loro utilizzatori infatti sono quasi esclusivamente consumatori duali – afferma Roberta Pacifici, responsabile del Centro nazionale dipendenze e dopoing dell’Iss -. La falsa percezione di consumare prodotti meno o addirittura non nocivi per la salute e il sentirsi autorizzati ad utilizzarli in ogni luogo, in deroga alla legge Sirchia, stanno certamente incidendo sull’aumento del loro consumo».
Il marketing aggressivo
Se il trend di utilizzatori di riscaldatori di tabacco è in crescita, lo si deve anche al marketing aggressivo delle multinazionali. Nelle stazioni e nelle vie più rinomate dei centri cittadini, sono sorte delle boutique dove poter testare gratuitamente questi prodotti, personalizzarli con infinite combinazioni di colori e materiali e iscriversi a programmi fedeltà. Li definiscono «club» e, di fatto, sono modi leciti per aggirare la normativa italiana che impedisce la pubblicità sui prodotti da fumo. Propongono «offerte dedicate» e accesso a «community esclusive» con altri consumatori. La ricerca di nuovi clienti, poi, si fa particolarmente spinta quando arrivano telefonate agli iscritti al club: «Se convinci un amico ad acquistare il nostro prodotto, guadagni “x” punti». Punti che si traducono in sconti che fanno bene alle tasche di chi è già consumatore ma che, in cambio, portano un’altra persona a consumare tabacco da inalazione. Senza combustione, è vero, ma non senza rischi per la salute.
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