Così il cardinale Becciu ha registrato di nascosto Papa Francesco al telefono
Il cardinale Angelo Becciu ha registrato di nascosto Papa Francesco durante una telefonata tra i due. Cinque minuti e 37 secondi di conversazione con la voce dei due il 24 luglio 2021 riportati in un’informativa della Guardia di Finanza di Oristano. E rivelati dall’AdnKronos, che fa sapere che la registrazione risale alle 14,25 di quel giorno e proviene da un dispositivo geolocalizzato in piazza del Sant’Uffizio. La Gdf ha rintracciato la registrazione nell’ambito di un’inchiesta della procura di Sassari sulla Caritas di Ozieri. L’ha trovata su due telefoni e un tablet che appartengono a un’indagata. Ovvero Maria Luisa Zambrano, amica di famiglia dei Becciu. Che era presente al momento del colloquio del cardinale con Bergoglio insieme a una quarta persona non identificata.
Il riscatto della suora in Mali
Il colloquio si svolge tre giorni prima dell’inizio del processo in Vaticano nei confronti di Becciu. È accusato di abuso d’ufficio, peculato e subornazione di testimone. Avrebbe cioè promesso vantaggi in cambio di una falsa testimonianza. I due parlano della presunta operazione di liberazione di una suora colombiana rapita dai jihadisti in Mali. Della vicenda si stava occupando Cecilia Marogna. Ovvero la 39enne manager cagliaritana definita come “La Dama” del cardinale. Marogna è stata arrestata nell’ottobre 2020 per alcuni accrediti (per un totale di circa 500 mila euro) arrivati sul conto della sua società e giustificati dietro l’etichetta “Operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa”. Denaro che, quasi per la metà dell’ammontare, risultava invece essere stato speso nell’acquisto di borse di marchi di alta moda, pezzi di arredamento costosi e altri beni di lusso.
Nella telefonata Becciu dice al Papa: «… i due punti sono questi cioè, mi ha dato o no l’autorizzazione ad avviare le operazioni per liberare la suora? Eh, io mi pare glielo chiesi guardi dovrei andare a Londra eeeh eeeh emmm …contattare questa agenzia che si darebbe da fare, poi le dissi ..ehhh che le spese che ci volevano erano 350 mila euro per le spese di questa agenzia, questi che si dovevano muovere e poi per il riscatto avevamo fissato 500 mila, dicevamo non di più perché mi sembrava immorale dare più soldi alla…aaa… che andavano nelle tasche dei terroristi ….ecco io mi pare che l’avevo informato su tutto questo… si ricorda?». Il cardinale però non fa mai riferimento esplicito alla Marogna, nonostante già conoscesse nel dettaglio le contestazioni mosse dal Promotore di Giustizia nella citazione a giudizio notificatagli tre settimane prima.
Piange il telefono
Becciu vuole che Papa Francesco lo copra. Ovvero dica di essere a conoscenza del fatto che quell’accredito da 500 mila euro dovesse andare all’agenzia di Marogna per il pagamento del riscatto. Il pontefice gli chiede di mandargli tutto per scritto: «Su questo perché non mi dà uno scritto perché io devo consultare prima di scrivere, no? Mi invia uno scritto, si narra tutto questo e facendo un’altra relazione, eh?». Il Papa sembra comunque perplesso – stava uscendo da una convalescenza – e a un certo punto Becciu si lamenta con lui: «Lei mi ha già condannato, è inutile che si faccia il processo». Intanto il Tribunale di Sassari ha trasmesso in Vaticano i risultati degli accertamenti condotti sulla Cooperativa Spes di Ozieri, guidata dal fratello di Becciu, Antonino.
Il cardinale e i suoi avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo hanno detto di non sapere nulla dell’accusa di associazione a delinquere: «Non risultano alla difesa ulteriori accuse, nei confronti del Cardinale Becciu, diverse da quelle attualmente in dibattimento davanti al Tribunale vaticano, rispetto alle quali, con forza e fermezza, egli rivendica la propria innocenza, confidando profondamente nel Giudice terzo», hanno affermato in una nota. «Il cardinale sarà in ogni caso pronto a chiarire, con la forza della verità e con il consueto rispetto delle Istituzioni, ogni eventuale ulteriore contestazione», hanno aggiunto.
La storia delle bolle di consegna falsificate
Durante l’udienza si è parlato anche dei documenti di trasporto del pane della Coop Spes alle parrocchie. 928 bolle di consegna che sarebbero servite a giustificare le somme erogate dalla diocesi alla cooperativa. Il procuratore generale Alessandro Diddi ha parlato di una falsificazione delle bolle di consegna di 18 mila chilogrammi di pane. Secondo la ricostruzione della Gdf sarebbero state realizzate poche settimane prima del processo. Anche se le consegne risalgono al 2018. Le Fiamme Gialle «sono andate parrocchia per parrocchia a cercare i destinatari del pane e nessuno ha riconosciuto la propria firma sui documenti di trasporto».
L’appunto del procuratore
C’è di più. In un appunto inviato il 26 ottobre scorso dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari all’ufficio del Promotore di Giustizia del Vaticano si legge che con la telefonata «si intendeva spingere il Papa ad affermare circostanze di una qualche utilità», come riporta oggi l’AdnKronos. L’appunto è firmato dal procuratore di Sassari Giovanni Caria. E si parla, oltre che della telefonata e delle bolle papali, anche dei rapporti tra l’allora vescovo di Ozieri Pintor e i membri della Spes, fra cui coloro che facevano parte anche della Caritas di Ozieri. Ma soprattutto in allegato con un Dvd c’è una chat sequestrata a Giovanna Pani.
«Le chat avvengono con persona indicata come Castia. Credo che non vi siano dubbi che si tratti di Cecilia Marogna, imputata nel vostro processo. Da una lettura attenta delle chat si apprenderebbe che: i rapporti della Marogna con Giovanna Pani sono di estrema cordialità (pur con alti e bassi emotivi della stessa Marogna) e direi affettuosi, tanto è vero che la Marogna afferma che quella (intesa della Pani e dei Becciu) è la sua famiglia; i contatti sono volti in gran parte a concordare linee di difesa. È la Marogna che organizza la visita di un giornalista di Report a Ozieri per fare un servizio a favore della Spes: c’è un episodio in cui la Marogna è la Pani in data 12.2.2021 si incontrano a Oristano in una casa riservata», spiega Caria.
La chat del cardinale
Ma agli atti c’è anche una chat in cui Becciu e alcuni parenti commentano l’indagine nei suoi confronti. «Dan Brown è nulla, la realtà supera la fantasia», si scrive. Un utente scherza sottolineando che sembrano esserci tutti i protagonisti di un film: «Manca il morto», ribatte un altro utente. Becciu invece si rivolge al Signore: «Ho chiesto a Dio: perché mi stai portando attraverso acque agitate? mi ha risposto: perché i tuoi nemici non sanno nuotare». Poi qualcuno si augura che arrivi «un colpo di testa al Papa». Becciu ribatte: «Non ci riesco». «Lo facciamo noi», la risposta dello stesso utente.
Gli insulti al Papa in lingua sarda
E un’altra componente della chat sottolinea: «Dio ha il controllo di tutto, non c’è nulla da temere, basta credere, fidarsi e ringraziarLo sempre». La Gdf segnala che spesso i partecipanti scrivono in lingua sarda (logudorese) e utilizzano abbreviazioni, appellativi o epiteti quando si riferiscono al pontefice, ai magistrati vaticani, alla polizia giudiziaria vaticana e ad altri soggetti. ‘Zizzu‘ per riferirsi al Papa o ‘Puzzinosos‘, parola sarda che assume molteplici significati in italiano, «tutti di senso dispregiativo». Becciu invece riferendosi al Papa dice: «Non pensavo arrivasse a questo punto: vuole la mia morte».
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