Caso Soumahoro, quegli stipendi non pagati con il fondo anti caporalato. Bonelli: «Non fu un errore candidarlo, non lo abbandoniamo»
Alle contraddizioni che hanno fatto finire nell’occhio del ciclone il deputato di Sinistra Italiana, Aboubakar Soumahoro, relative al caso delle coop gestite da sua moglie e sua suocera, si aggiunge un nuovo capitolo. Proprio nel campo che più di tutti gli altri ha visto la nascita e l’ascesa del politico: quello della lotta al caporalato. Il Corriere della Sera rende noto oggi, infatti, che tra i vari progetti presi in carico dalla Karibu, ovvero dalla cooperativa gestita da Marie Thérèse Mukamitsindo e Liliane Murekatete (rispettivamente suocera e moglie del deputato), ve ne era uno chiamato PerLa. E aveva l’obiettivo, tramite fondi regionali, di sottrarre i migranti agli sfruttatori. Ma, secondo il Corriere, mentre avrebbe dovuto lottare per i diritti dei dipendenti altrui non tutelava quelli dei propri: non avrebbe infatti pagato chi aveva lavorato a quel progetto. Dovette intervenire il sindaco per un accordo. La prova sarebbe in un verbale di accordo firmato da Marie Thérèse, che attesta come l’imprenditrice abbia ammesso di non aver pagato a un lavoratore – un mediatore linguistico – le mensilità dovute per il progetto PerLa, né quelle per lavori precedenti, né il Tfr.
Bonelli: «Non lo abbandoniamo»
Sinistra Italiana appare spaccata, tra dirigenti locali che sostengono di «aver avvisato» i vertici dell’inopportunità della candidatura di Soumahoro e una segreteria che sostiene di essere stata all’oscuro di tutto. Nel frattempo tra i suoi compagni di lista, i membri di Europa Verde, c’è chi gli esprime vicinanza, pur manifestando un «profondo turbamento». Il co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, si schiera a favore di Soumahoro in un’intervista rilasciata a il Manifesto: «Non c’è uno scaricare Aboubakar, c’è la volontà di fare chiarezza – puntualizza -. Ci siamo confrontati con lui e abbiamo detto che deve chiarire tutto». Come il segretario di SI, Nicola Fratoianni, dichiara di non essersi pentito della scelta di candidare il sindacalista: «Ha ragione Nicola. È stata una scelta giusta. Abbiamo fatto un’operazione di apertura, differenziandoci dai gruppi dirigenti chiusi in se stessi. Certo, se avessimo saputo di queste vicende avremmo fatto una valutazione di opportunità. Ma col senno di poi non si fa nulla». Bonelli, spiega, così come i compagni di alleanza, attende un chiarimento da parte di Soumahoro, a prescindere dai tempi della giustizia e dal fatto che il deputato non sia direttamente indagato.
«Noi non stiamo aspettando i tempi della giustizia, anche perché lui è estraneo alle indagini. È una questione politica. Deve entrare nel dettaglio di due cose: la raccolta fondi della Lega Braccianti a Foggia e come la moglie possa averlo tenuto all’oscuro delle proteste nei centri. Che non riguardano solo gli stipendi ma anche le condizioni di accoglienza, i maltrattamenti. Aboubakar deve chiarire queste cose con precisione, dati alla mano». E sebbene «non c’è dubbio che ci sia una gogna mediatica» in corso, Bonelli riconosce «la necessità di tutelare una comunità che da noi pretende il massimo, il doppio del rigore»: «Ci sono valori che non possono essere abbandonati o traditi. Mi sento turbato ma impegnato da un lato a fare in modo che Aboubakar si spieghi nel migliore dei modi e dall’altro a preparare il contrattacco».
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