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Zaki, udienza rinviata al 28 febbraio. Il ricercatore: «Spero che questo incubo finisca presto»

29 Novembre 2022 - 12:49 Redazione
Il ricercatore egiziano, studente a Bologna, rischia fino a 5 anni di carcere

Si è conclusa con l’ennesimo rinvio l’ottava udienza del processo a carico di Patrick Zaki, che rischia cinque anni di carcere per diffusione di notizie false. L’udienza – che si è svolta oggi a Mansura, in Egitto – è stata aggiornata al 28 febbraio 2023. Zaki, studente dell’Università di Bologna e attivista per i diritti umani, si trova a piede libero dall’8 dicembre 2021 dopo aver trascorso 22 mesi di custodia cautelare in carcere con accuse più gravi – legate ad alcuni post pubblicati su Facebook – ma poi accantonate. Pur essendo tornato a casa da quasi un anno, però, il 31enne ha un divieto di espatrio e non può lasciare l’Egitto. Oggi lo studente egiziano avrebbe dovuto esporre la sua difesa davanti alla Corte della Sicurezza dello Stato di Mansura, dove Patrick è imputato per un articolo del 2019 in cui prendeva le difese dei copti, la minoranza cristiana d’Egitto, sottolineando le sanguinarie persecuzioni dell’Isis degli anni precedenti e due casi di discriminazione sociale e giuridica. Stando a quanto riportano gli attivisti della campagna Patrick libero, «l’udienza è terminata senza completare l’ascolto della memoria difensiva».

Occhi puntati su Mansura

All’udienza di oggi hanno partecipato anche un diplomatico italiano e rappresentanti di Unione Europea, Usa, Canada e Irlanda. Ognuno di loro è stato invitato dall’ambasciata italiana al Cairo, nell’ambito di un monitoraggio europeo dei processi più rilevanti sul rispetto dei diritti umani in Egitto. Amnesty International ha detto che l’udienza di oggi servirà a verificare la «disponibilità» del governo di al-Sisi ad aprire una «nuova fase» nelle relazioni con l’Italia, sebbene la magistratura egiziana – almeno formalmente – sia indipendente dal potere politico. La scorsa settimana il Parlamento europeo aveva invitato Il Cairo a revocare i divieti di viaggio nei confronti di Patrick e di un’altra attivista egiziana, Mahinour Al Masry, avvocata specializzata in difesa dei diritti umani.

«Spero che questo incubo finisca»

Nel frattempo, è lo stesso Zaki a commentare con un post su Facebook le ultime evoluzioni del processo per cui è imputato. «Spero che questo incubo finisca presto e di poter tornare a studiare in Italia normalmente e avere la possibilità di lavorare sul mio recupero personale», scrive il ricercatore egiziano. Poi il ringraziamento a tutti gli amici per i messaggi di affetto e di vicinanza: «Sono grato a tutti gli amici per il loro infinito sostegno. A ogni sessione ricevo un enorme numero di messaggi di sostegno e amore, che mi fanno capire di non essere solo in questa difficile esperienza e mi danno qualche speranza». Il 31enne egiziano ha poi ricordato i suoi 22 mesi passati in carcere. «Anche se esci dalle sue mura, la prigione ti rimane dentro per molto tempo per accompagnarti nel resto del tuo viaggio. O almeno, questo è quello che è successo a me finora. Anche se decidi di impegnarti in attività gioiose, trovi ricordi e preoccupazioni di quanto accaduto, ti ricordi una lunga notte dentro i tuoi confini, la tua mente non smette di pensare a questo incubo. Mantenere la propria sanità mentale è il lavoro più difficile quando si è in prigione».

Foto di copertina: ANSA | Una sagoma di Patrick Zaki nei corridoi dell’Università di Bologna

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