Thailandia, chiude il tempio buddhista: tutti i monaci erano positivi alla metanfetamina
Un piccolo tempio buddista della Thailandia è rimasto senza monaci in seguito a un test antidroga che li ha trovati tutti postivi. Tutti e quattro gli inquilini del luogo di culto della provincia settentrionale del Phetchabun, compreso l’abate, sono risultati positivi alla metanfetamina lunedì e per questo sono stati rimossi dal tempio e mandati in una clinica di recupero dalla polizia locale. Il capo della polizia Boonlert Thintapthai non ha spiegato per quale motivi i test siano stati fatti proprio in quel tempio, ma ha avvertito che ora il luogo di culto è sguarnito e gli abitanti locali non possono praticare il Punya, la pratica in cui i i fedeli si recano al tempio facendo del bene cercano di guadagnarsi una buona sorte. Un modo molto comune di farlo è portando da mangiare ai monaci. Thintapthai ha però garantito che gli ufficiali di polizia si stanno già coordinando, assieme al capo monastico locale del distretto di Bung Sam Phan, per ripristinare la presenza dei monaci nel tempio.
L’abuso di metanfetamina in Thailandia
Negli ultimi anni il consumo di metanfetamina è diventato particolarmente problematico in Thailandia. I sequestri della sostanza hanno raggiunto il massimo storico nel 2021, riporta la Bbc. La droga raggiunge il Paese principalmente dal Laos, nel quale arriva dal maggiore produttore mondiale, la Birmania. Il prezzo di strada di una dose è di circa 50 centesimi di euro. A causa dell’enorme diffusione dello stupefacente, la scorsa settimana, un ex ufficiale di polizia – spogliato del suo ruolo a causa del possesso di metanfetamina – ha ucciso 37 persone in una sparatoria in un asilo.
Immagine di copertina: Ray Evans / Alamy
Leggi anche:
- 25 bambini morti in una sparatoria in Thailandia: «L’aggressore si è ucciso»
- Europol, smantellato un «super-cartello» della droga: controllava gran parte del mercato della cocaina in Europa
- Nel 2021 sono triplicati i sequestri delle droghe dello stupro. In crescita lo «spaccio digitale». È record anche per la cocaina