Ucraina, Stoltenberg: «Le forze Nato addestrano gli uomini di Kiev dal 2014. Putin sta perdendo, aspettiamoci altri attacchi»
«Il messaggio di oggi è chiaro: la Nato è qui, la Nato è vigile». Ha aperto così il suo intervento il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg, che oggi ha partecipato al congresso Aspen a Bucarest, in Romania. «Sosterremo l’Ucraina fino alla fine, non arretreremo – ha scandito Stoltenberg dal podio -. La guerra di Putin non ci ha fatto dimenticare altri partner, come Georgia, Moldova e Bosnia-Herzegovina, che sosterremo, in modo che possano difendersi». Secondo il segretario dell’Alleanza Atlantica, le ultime evoluzioni del conflitto dimostrano che «il presidente Vladimir Putin sta fallendo nella sua brutale guerra di aggressione». E, per questo, «sta rispondendo con maggiore brutalità». «Vediamo un’ondata dopo l’altra di attacchi missilistici deliberati contro città e infrastrutture civili: case, ospedali e reti elettriche. È terribile per l’Ucraina», ha aggiunto Stoltenberg. Il segretario della Nato ha ricordato poi che il sostegno di alcuni Paesi che fanno parte dell’organizzazione a Kiev non è iniziato con l’invasione russa dello scorso febbraio, ma «nel 2014 nel centro di addestramento di Yavoriv». «Ho visto militari canadesi, britannici e statunitensi addestrare militari ucraini», ha aggiunto Stoltenberg. Ed è per questo che, quando la Russia ha lanciato l’invasione, «le truppe ucraine erano molto meglio addestrate, in grado di contrattaccare».
«Se Putin vince, pagheremo un prezzo molto alto»
Secondo il generale della Nato, la vittoria di Kiev non servirebbe solo a liberare i territori occupati illegalmente dai russi, ma a lanciare un messaggio a tutto il mondo. «Se lasciamo che Putin vinca, tutti noi pagheremo un prezzo molto più alto per molti anni a venire – ha ammonito Stoltenberg -. Perché la lezione appresa dal presidente Putin e da altri leader autoritari sarebbe che possono raggiungere i loro obiettivi usando la forza bruta. Quindi saranno incoraggiati a usare ancora di più la forza. Questo renderà il nostro mondo più pericoloso. E tutti noi più vulnerabili». L’evolversi della situazione sul campo, che in questo momento vede le forze russe in ritirata dai dintorni di Kiev, Kharkiv e Cherson, dimostra che «Putin sta fallendo», ma proprio per questo «bisogna aspettarsi altri attacchi». Sulla base di queste premesse, Stoltenberg ha ribadito l’impegno dei Paesi dell’alleanza a sostenere l’Ucraina sia con aiuti umanitari che con rifornimenti militari. «Sappiamo che la maggior parte delle guerre finisce al tavolo dei negoziati. Ma ciò che accade al tavolo dei negoziati è inestricabilmente legato a ciò che accade sul campo di battaglia: per creare le condizioni per una pace duratura, che garantisca all’Ucraina di prevalere come Stato sovrano indipendente, dobbiamo continuare a fornire sostegno militare all’Ucraina», ha ribadito il segretario della Nato, secondo cui la guerra scatenata dalla Russia ha avuto come effetto il rinvigorimento dei rapporti tra i membri dell’alleanza.
Occhi sulla Cina
In merito alla Cina, Stoltenberg ha precisato che «la Nato non sta diventando un’alleanza militare globale». Se gli alleati parlano di Cina, dunque, «è perché è la Cina ad avvicinarsi a noi». «Pechino cerca di influenzare le scelte nell’area euroatlantica e un momento chiave è stato il dibattito nel 2019 sul 5G», ha ammonito Stolteberg. Lo sviluppo di nuove infrastrutture per le telecomunicazioni, secondo il segretario della Nato, ricorda sotto molti punti di vista la costruzione dei gasdotti che collegano la Russia all’Europa. «Anche in quel caso si diceva che aveva una natura puramente commerciale ma in realtà, sia col gas che con 5G, ci sono ricadute sulla sfera della sicurezza – ha aggiunto Stoltenberg -. La guerra in Ucraina ha dimostrato la nostra pericolosa dipendenza dal gas russo: questo dovrebbe portarci a valutare le nostre dipendenze da altri Stati autoritari».
Foto di copertina: EPA / ROBERT GHEMENT | Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al parlamento di Bucarest, in Romania (29 novembre 2022)
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