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Plusvalenze, la Juve verso il processo. Il retroscena: «Le dimissioni? Agnelli e il CdA rischiavano l’arresto»

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La procura pronta a chiedere il rinvio a giudizio. Altri 34 milioni di euro nascosti. E i rischi dell'approvazione del bilancio

La procura di Torino si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per i componenti del consiglio di amministrazione della Juventus. Ma le dimissioni hanno un primo effetto: i pubblici ministeri potrebbero rinunciare all’appello contro la decisione del giudice per le indagini preliminari. Che lo scorso 12 ottobre ha respinto la richiesta di misure cautelari nei confronti di Andrea Agnelli. Il Gip aveva sentenziato che nei confronti di Agnelli non sussisteva il pericolo di reiterazione del reato. Ma il CdA avrebbe dovuto approvare l’ultimo bilancio. E soltanto questo avrebbe messo a rischio i componenti. Intanto, mentre Exor volta pagina con la nomina del commercialista Gianluca Ferrero alla presidenza, altri contratti nascosti e debiti fuori bilancio rischiano di aggravare la posizione del club bianconero. “Ballano” in totale 34 milioni di euro. Che potrebbero portare ad altre contestazioni.

L’inchiesta

L’indagine della procura è appannaggio di Ciro Santoriello, Mario Bendoni e Marco Gianoglio. Le ipotesi di reato sono falso in bilancio e false comunicazione. Inizia dalle presunte plusvalenze gonfiate che nel novembre 2021 portarono al blitz della Guardia di Finanza nella sede della Juventus. Attualmente gli indagati sono 15 oltre alla società. Secondo l’accusa sarebbero stati alterati bilanci di tre annualità: il 2018 (approvato il 24 ottobre 2019), il 2019 (approvato il 15 ottobre 2020) e il 2020 (approvato il 29 ottobre). Ad alcuni indagati è stato contestato anche il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni insistenti. L’atto d’accusa finale segue le contestazioni della Consob. Secondo l’autorità di vigilanza della Borsa il patrimonio netto avrebbe subito alterazioni tra il 2020 e 2022 per complessivi 177,3 milioni di euro. Mentre gli artifici contabili avrebbero prodotto utili cumulati per circa 27 milioni. Per la Procura, che prende di mira i bilanci 2019, 2020 e 2021 – in parziale sovrapposizione con quelli contestati da Consob – la Juventus non avrebbe appostato perdite complessive per 204 milioni e avrebbe movimentato per quasi 450 milioni il patrimonio netto nell’arco del triennio.

Gli altri debiti

Ma, scrive oggi Repubblica, altri contratti nascosti e debiti fuori bilancio potrebbero aggravare sensibilmente la situazione. Il quotidiano parla di un extradebito totale di 34 milioni e delle intercettazioni dei protagonisti della vicenda. «Ci sono sette milioni di debito con l’Atalanta mai messi a bilancio», ha detto il dirigente sportivo Federico Cherubini davanti ai pm. Mentre in un’intercettazione l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene confermava: «Sappiamo quanto dobbiamo all’Atalanta». Tra questi ci sono anche i 19 milioni per Cristiano Ronaldo. Che i pm volevano interrogare tramite rogatoria. Ma lui non ha voluto. Un’altra storia è quella di Alberto Cerri. Venduto al Cagliari con una plusvalenza di 8 milioni nel luglio 2018. Ma senza far sapere nulla della side letter con cui la Juventus indicava un’opzione di riacquisto. Tutte manovre che sindaci e revisori hanno fatto sapere di non conoscere. E che riapriranno il contenzioso con la giustizia sportiva. Come sappiamo, la Juventus rischia multe, penalizzazioni e squalifiche.

Gli arresti scongiurati

Intanto Il Fatto Quotidiano oggi spiega che la mossa delle dimissioni era necessaria per scongiurare il rischio di un arresto o quello di interdizioni. «Considerata la centralità e rilevanza delle questioni legali e tecnico-contabili pendenti» si legge nel comunicato, è stato ritenuto «conforme al miglior interesse sociale raccomandare che Juventus si doti di un nuovo Cda che affronti questi temi». E questo perché se il CdA avesse approvato il bilancio senza modifiche avrebbe potuto reiterare il reato di cui sono accusati i componenti. Se invece avesse approvato le modifiche, questo avrebbe potuto essere considerato un’ammissione di colpa. Non solo: l’ultima contestazione degli inquirenti riguarda un reato presuntamente commesso sei mesi fa.

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