Teheran minaccia «tolleranza zero» alla vigilia di due scioperi, l’aiuto russo per spegnere le proteste
Continuano le proteste in Iran esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda morta lo scorso 16 settembre dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non aveva indossato correttamente l’hijab. E dopo l’annuncio delle massicce mobilitazioni indette da studenti e lavoratori per le giornate tra il 5 e il 7 dicembre, il Consiglio di Sicurezza dell’Iran ha annunciato che «le forze di sicurezza faranno fronte a qualsiasi disturbo dell’ordine pubblico e a qualsiasi assembramento illegale, a qualsiasi livello e in qualsiasi luogo, con decisione e con tolleranza zero». Il governo di Teheran ha infatti pubblicato un report in cui si afferma che oltre 200 persone hanno perso la vita sin dall’inizio delle proteste. Tra le vittime, secondo quanto scritto nel report, ci sono «agenti di sicurezza, civili, rivoltosi e membri armati antirivoluzionari di gruppi separatisti». Le proteste esplose dopo la morte di Amini, secondo i vertici iraniani, sarebbero state «sostenute dai servizi di intelligence stranieri». Nel documento viene sottolineato che le manifestazioni, in breve tempo, «si sono trasformate in rivolte e atti terroristici a causa dell’interferenza di rete di rivoltosi organizzati guidati dalla propaganda dei media britannico-saudita», in particolare dai «media terroristici» della BBC Persian e della testata indipendente Iran International. Nel rapporto del governo iraniano «i nemici stranieri» vengono infatti accusati di «aver cercato di disturbare la quiete pubblica e di diffondere disordini nelle strade, creando unità tra i gruppi anti-rivoluzionari, incitando vip e celebrità, in modo da creare una guerra psicopatica e aumentare falsamente il bilancio delle vittime».
Media indipendenti iraniani: «Teheran ha chiesto aiuto alla Russia per reprimere le proteste»
E nelle scorse ore, secondo diversi media iraniani indipendenti, tra cui Iran International, il governo iraniano avrebbe chiesto aiuto alla Russia per reprimere le proteste, richiedendo a Mosca armi e il sostegno nell’addestramento dei militari. Secondo i documenti hackerati dagli attivisti e visionati dalla testata indipendente, risulta che il governo di Teheran abbia chiesto alla Russia di monitorare la situazione interna al Paese. Dai documenti risulterebbe che Mosca «sta intercettando le comunicazioni occidentali per dare a Teheran valutazioni sulla natura e la forza del movimento di protesta». Già lo scorso ottobre, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, dopo un colloquio con il segretario alla Difesa per gli affari pubblici statunitense John Kirby, ha dichiarato che «Mosca starebbe aiutando i membri della Repubblica islamica nella repressione delle proteste, attingendo dalla propria esperienza pregressa nella repressione del dissenso governativo».
Il sondaggio del governo iraniano sull’uso obbligatorio dell’hijab
E mentre le proteste proseguono ininterrottamente da 3 mesi, il Parlamento iraniano e il Consiglio Supremo hanno reso noto che è in fase di valutazione la questione dell’hijab, il cui uso è obbligatorio per tutte le bambine, giovani e donne iraniane a partire dai 7 anni d’età. A renderlo noto è stato il procuratore generale iraniano, Mohammad Javad Montazeri, che ha assicurato che nell’arco di una o due settimane verranno resi noti i risultati della valutazione. Ma secondo quanto emerso da un report confidenziale, pubblicato recentemente dall’agenzia di stampa iraniana Fars, vicina alle Guardie rivoluzionarie iraniane, risulterebbe che solo il 37% degli iraniani sia d’accordo con l’attuale obbligo dell’hijab per le donne.
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