Cosa c’è dietro il mezzo passo indietro di Giorgia Meloni sul Pos a 60 euro: i ritardi del Pnrr, le accuse a Draghi e il nodo coperture
C’è Bruxelles dietro il mezzo passo indietro di Giorgia Meloni sul Pos a 60 euro. Prima ancora dei sondaggi, che dicono che la misura è apprezzata solo dal 33% degli italiani e ci sono perplessità anche tra gli elettori del centrodestra, è l’«interlocuzione con la Commissione Europea» richiamata dalla stessa premier a consigliare prudenza sui pagamenti elettronici. La soglia che esonera gli esercenti dall’obbligo di accettare carte di credito e bancomat cambierà, quindi. Passando probabilmente a 40 euro. Anche perché gli esperti segnalano che l’80% dei pagamenti attualmente avviene sotto la soglia dei 60. Anche per evitare un muro contro muro con l’Europa proprio mentre deve arrivare la richiesta del Tesoro sulla terza tranche del Pnrr. Che vale 19 miliardi.
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio
Intanto oggi l’Ufficio Parlamentare di Bilancio sarà ascoltato alla Camera sulla manovra. E, spiega il Corriere della Sera, potrebbero arrivare una serie di osservazioni sulle coperture. In particolare sulla flat tax nella sua versione incrementale. La scelta di tassare al 15% (con una franchigia del 5%) la parte fino a 40 mila euro dei redditi superiori nel triennio 2019-2022 ha un costo di 634 milioni secondo il governo. Ma l’Upb pensa che invece così le imprese potrebbero concentrare i ricavi proprio nell’anno in cui si ricevono le agevolazioni. C’è poi un’incognita che riguarda l’indebitamento. Invece di scendere dal 145,7 al 144,6% del prodotto interno lordo, come da previsioni del ministero dell’Economia, potrebbe invece crescere. Il tutto mentre le emissioni di titoli di Stato nel 2023 arrivano a 479 miliardi (al lordo) e a 73 (al netto, cioè quelle nuove). Il tutto senza la copertura dei programmi di acquisto della Banca Centrale Europea.
La linea soft e la fronda del centrodestra
Intanto il rapporto tra Meloni e Draghi è ancora oggetto di qualche frizione nel centrodestra. Repubblica racconta oggi che la premier continua a tenere informato il suo predecessore sui dossier. Ma intanto proprio sul Pnrr le accuse all’ex premier rischiano di rovinare il rapporto. E secondo i retroscena dietro ci sarebbero le pulsioni del centrodestra. Come è emerso dall’ultima riunione dei ministeri economici sull’argomento: «Dobbiamo dire con chiarezza che la causa (dei ritardi) è Draghi», è stata la richiesta. «Non posso attaccare il mio predecessore», è stata la risposta di Meloni. Poi però la frecciata a Draghi è arrivata lo stesso. L’agenzia di stampa Ansa fa sapere che secondo i ragionamenti che si fanno nell’esecutivo, sono sotto osservazione i ritardi di 3-4 obiettivi per il 2022 ma viene ritenuto positivo l’esito del confronto con la task force europea della settimana scorsa. L’indice che definisce il livello di preoccupazione è quello legato alle risorse del Recovery non spese, come i 3,8 miliardi senza destinazione nel capitolo per la trasformazione tecnologica delle imprese. Non è ancora conclusa la ricognizione avviata dal ministro Raffaele Fitto con gli altri dicasteri, i Comuni e le Regioni. Ed è probabile un decreto per semplificare il raggiungimento di alcuni target.
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