Caso Consip, Renzi in aula: «Ho dubitato di mio padre e ora mi sento in colpa. Senza senso parlare con lui per arrivare a me» – Il video
Dovrebbbe parlare di cosa gli disse il padre, Tiziano, imputato per traffico di influenze, a proposito dell’intera vicenda dell’appalto che l’imprenditore Alfredo Romeo puntava ad avere dalla Consip (l’azienda pubblica che gestisce le gare di servizi e manutenzione per tutta la pubblica amministrazione). Ma il leader di Italia Viva Matteo Renzi, rispondendo alle domande del pm della procura di Roma, Mario Palazzi -sentito al processo come testimone – ricostruisce soprattutto il contesto degli anni 2015 e 2016. Siamo in un’era geologica fa, quando Renzi era presidente del Consiglio ed era anche all’apice della popolarità nel paese. Suo stretto collaboratore in quel momento era Luca Lotti, finito anche lui a processo per le presunte fughe di notizie relative all’inchiesta. «Con Luca Lotti ho avuto rapporti strettissimi. Avevamo molto più che una collaborazione tra colleghi, lui poi nel Pd è rimasto con quelli che non volevano stare nel mio partito. I rapporti poi si sono molto raffreddati». All’epoca, dice Renzi, Lotti era contrario a scegliere Luigi Marroni come ad di Consip: «Sono stato io a sceglierlo per Consip sebbene molti dei miei non fossero d’accordo. Avevamo il 40% e un po’ di potere lo avevo, ma non dovevamo strafare anche perché ci mettono poco a farti secco per via giudiziaria e lui era uno capace. Dopo la nomina avevamo un buon rapporto».
Il rapporto padre-figlio
Sul rapporto tra il padre, Tiziano, e il faccendiere Carlo Russo spiega, invece, che un incrocio col giovane imprenditore risale alla campagna elettorale: «Si è avvicinato a noi, ma non l’ho conosciuto direttamente e certamente non ne ho parlato con mio padre. Non sapevo, almeno in quegli anni, che fosse legato a mio padre». Secondo le accuse, all’epoca dei fatti, il giovane imprenditore Carlo Russo avrebbe stretto un legame, prima attraverso la religione e poi di collaborazione, con Tiziano. Quindi gli avrebbe chiesto di fare pressioni sull’ad di Consip dell’epoca, Marroni, per favorire Alfredo Romeo in un grosso appalto per le pulizie di molti edifici della Pubblica amministrazione.
L’inchiesta
Due sono gli scambi tra Matteo e Tiziano Renzi, finite nell’inchiesta, nell’ambito della stessa intercettazioni. Nella prima, siamo a marzo 2017, Renzi chiede al padre se abbia mai incontrato Alfredo Romeo e nella seconda lo accua di non aver detto “la verità” a Luca: «Luca – spiega Renzi al pm – non è Lotti ma Luca Micco, il suo avvocato, perché mi ero innervosito. Non penso che potesse risponde che non si ricordava se avesse incontrato Romeo oppure no. Non penso che potesse dire non so non me lo ricordo mi innervosisco. Gli dissi, in sostanza, se hai preso dei soldi viene fuori. Oggi mi sento in colpa per quello che è successo. Ho messo a dura prova il rapporto con mio padre per una vicenda, Consip, che per me politicamente non esisteva. Parlavo tutti i giorni con gli ad di Eni e Enel, Consip era in secondo piano. E in ogni caso non c’era bisogno di arrivare a mio padre, Alfredo Romeo lo conoscevo».
Il processo è anche l’occasione per ribadire cosa il senatore pensa dei responsabili dell’inchiesta penale, a cominciare dall’allora capitano del Noe, Giampaolo Scafarto e dell’allora comandante del gruppo, Sergio De Caprio, molto più noto come Capitano Ultimo: “Ritengo uno scandalo quanto accaduto negli ultimi mesi. So che Scafarto si è scusato con la mia famiglia ma non saprei cosa fare di queste scuse, onestamente”. La lunga presenza di Ultimo nei servizi, fa capire il senatore – un po’ in aula e molto a margine coi cronisti – potrebbe collegarsi al caso dell’incontro all’autogrill con Marco Mancini, mandato in onda da Report. Ma questa è un’altra storia.
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