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Maternità surrogata, la Corte di Strasburgo: «Il divieto d’adozione dei figli in provetta viola i diritti del minore»

06 Dicembre 2022 - 14:08 Redazione
La vicenda ha come protagonista una cittadina danese, residente a Copenaghen, a cui le autorità hanno rifiutato di riconoscere la possibilità di adottare i gemelli nati in Ucraina da una donna che è stata pagata per la gestazione

La Corte di Strasburgo si è espressa in difesa della maternità surrogata. «La legge che vieta l’adozione di bambini da parte di una madre che ha pagato la maternità surrogata che ha permesso la loro nascita viola il diritto dei minori al rispetto della vita familiare». La Corte europea dei diritti umani ha stabilito la decisione in una sentenza che diverrà definitiva se le parte non otterranno una nuovo giudizio. La vicenda ha come protagonista una cittadina danese, residente a Copenaghen, a cui le autorità hanno rifiutato di riconoscere la possibilità di adottare i gemelli nati in Ucraina da una donna che è stata pagata per la gestazione. I bambini sono già legalmente figli del marito della donna che è il loro padre biologico, hanno la nazionalità danese, e a sua moglie è stata riconosciuta la custodia congiunta dei piccoli ma non l’adozione da parte delle autorità danesi. Tuttavia per la Cedu questo non è sufficiente a garantire i diritti dei minori. Non consentendo l’adozione, afferma la Corte, le autorità «non hanno consentito il riconoscimento totale della relazione genitore-figlio e questo ha posto i minori in una posizione giuridica non chiara, come ad esempio per quanto riguarda l’eredità», si legge nelle conclusioni. La Cedu sostiene inoltre, basandosi sull’assunto che «l’interesse del bambino sia primario», che le autorità danesi non abbiano trovato «il giusto equilibrio tra l’interesse della società a limitare gli effetti negativi della maternità surrogata a pagamento e gli interessi dei gemelli». I giudici della Corte di Strasburgo hanno inoltre stabilito – con 4 voti a favore e 3 contrari, che la Danimarca dovrà pagare «al secondo e al terzo ricorrente 5.000 euro ciascuno a titolo di danno non patrimoniale».

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