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La Croazia entra nell’area Schengen dal 1° gennaio. Restano i controlli alla frontiera con Romania e Bulgaria: decisivo il veto dell’Austria

08 Dicembre 2022 - 16:36 Simone Disegni
Festeggiano le autorità di Zagabria. Malcontento a Sofia e Bucarest, su cui pesano i timori per l'immigrazione tramite la rotta balcanica

Avanti uno, tutto fermo per altri due. L’area Schengen, la zona intra-europea di libero transito senza necessità di passaporto, si allargherà dal 1° gennaio 2023 anche alla Croazia, a dieci anni esatti dal suo ingresso nell’Unione europea (il 1° luglio 2013). Nulla da fare invece, almeno per il momento, per Romania e Bulgaria, che dell’Ue fanno parte fin dal 2007. La Commissione europea aveva dato parere positivo all’integrazione nell’area Schengen anche dei due Paesi ex-sovietici, ma due Stati membri dell’Ue si sono messi di traverso: l’Austria, che ha messo oggi il veto all’ingresso di entrambe le nazioni, e l’Olanda, che si è espressa contro l’integrazione della sola Bulgaria. Le posizioni sono state ufficializzate nel corso del Consiglio dei ministri degli Interni Ue svoltosi oggi a Bruxelles. Essendo richiesta l’unanimità per qualsiasi allargamento dell’area Schengen, Sofia e Bucarest restano per il momento fuori. Festeggia invece la Croazia, dopo che i Consiglio ha approvato all’unanimità la sua “promozione” nell’area di libero transito.

Battaglia persa

«Croazia, Bulgaria e Romania sono tecnicamente pronte a entrare in Schengen, hanno fatto tutto quello che abbiamo chiesto loro e anche di più: i dubbi rimanenti sono di natura politica. Spero quindi che prevalga il buon senso prevalga», aveva fatto sapere questa mattina il vice presidente della Commissione Margaritis Schinas, ribadendo gli argomenti di Bruxelles: «L’Ue è più forte se si allarga Schengen: vuol dire più controllo non meno. Croazia, Bulgaria e Romania sono pronte a proteggere le nostre frontiere, e sarebbe ingiusto non dare loro l’opportunità che meritano». Un pressing diplomatico diretto soprattutto all’Austria cui si erano uniti in mattinata anche i governi di Italia e Francia. «Siamo favorevoli all’ingresso della Romania, della Bulgaria e della Croazia» nell’area Schengen, aveva detto proprio da Vienna il ministro degli Esteri di Roma Antonio Tajani. E lo stesso governo francese, in passato freddo sul tema, aveva fatto sapere per bocca del ministro dell’Interno Gerald Darmanin di essere sulla stessa posizione ritenendo l’ingresso di Croazia, Bulgaria e Romania in Schengen «un passo significativo nella gestione della rotta balcanica» oltre che «importante anche per il patto sull’asilo e le migrazioni». Anche la Germania aveva chiarito nelle scorse settimane di essere favorevole al pieno allargamento.

C’è chi dice no

Un’offensiva diplomatica rivelatasi, almeno per il momento, inutile. L’Austria ha utilizzato il proprio diritto di veto per bloccare l’allargamento a Romania e Bulgaria, mentre l’Olanda si è espressa contro la seconda. A spiegare le ragioni della scelta è stato il Cancelliere austriaco Karl Nehammer, che guida il partito di centrodestra FPO e il governo dalle dimissioni del suo predecessore Sebastian Kurz un anno fa. Vienna, ha spiegato Nehammer, ha dovuto accogliere solo nel 2022 75mila migranti irregolari, una cifra che pone «un problema di sicurezza che non possiamo cancellare». La maggior parte di questi provengono dalla cosiddetta “rotta balcanica”, l’iter attraverso l’Europa sud-orientale oggi più battuta dai migranti in cerca di fortuna in Europa. Secondo i dati di Frontex, nei primi dieci mesi dell’anno sono stati 128mila gli attraversamenti illegali su tale rotta, in aumento del 168% rispetto al 2021. Ma a scagliarsi contro la tesi austriaca è lo stesso governo di Bucarest, secondo il quale la Romania non farebbe parte della rotta balcanica e in ogni caso sarebbe perfettamente in grado di gestire i propri confini esterni, come provato da numerosi rapporti sia della Commissione europea che di esperti indipendenti. A lasciare uno spiraglio aperto a una possibile revisione della decisione è stato comunque lo stesso Nehammer, suggerendo un piano in cinque punti per rafforzare Schengen e chiedendo che la discussione sull’ingresso di Romania e Bulgaria sia aggiornata al prossimo agosto.

Senza frontiere

Firmato nel 1985 da Francia, Germania e Paesi del Benelux, l’Accordo di Schengen per eliminare i controlli di frontiera si è via via allargato fino a diventare dal 1999 parte integrante dei Trattati Ue, e uno dei simboli più noti dell’integrazione europea. Ad oggi, prima dell’ingresso della Croazia, ne fanno parte 26 Paesi, agevolendo nel complesso gli spostamenti di quasi 420 milioni di cittadini. Oltre a Croazia, Romania e Bulgaria, ne erano esclusi tra gli Stati membri Ue sinora solo Cipro e Irlanda: il primo per il conflitto interno che rende l’isola a tutt’oggi divisa in due; la seconda per un’esplicita richiesta di esenzione (opt out) presentata anni fa. Fuori dall’Ue, ma inclusi nell’area Schengen, sono invece Svizzera, Norvegia, Islanda e Lichtenstein.

Foto: EPA/OLIVIER HOSLET – La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen accoglie a Bruxelles il primo ministro croato Andrej Plenkovic 20 ottobre 2022.

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