Sequenziano il Dna dell’ecosistema della Groenlandia di 2 milioni di anni fa: «Ci servirà per affrontare i cambiamenti climatici»
Un team internazionale di ricercatori ha analizzato una serie di campioni di DNA risalenti a 2 milioni di anni fa, che contengono “tracce” di una gran varietà di piante, pesci, insetti, pulci, e persino di un antico mastrodonte (il mammut americano), conigli, anatre, diverse tipologie di roditori, e anche di alcune renne, limuli e del plankton marino. I risultati dello studio apparso il 7 dicembre su Nature, potrebbero fornirci indizi su come l’ecosistema locale della Groenlandia sia stato in grado di adattarsi al riscaldamento climatico negli ultimi due milioni di anni, e su come le attuali specie vegetali potrebbero essere in grado di adattarsi a un clima che ora si sta riscaldando ancora più rapidamente.
La Terra, all’epoca, era caratterizzata da periodi climatici simili a quelli previsti in futuro a causa del riscaldamento globale. «Si tratta del DNA più antico che siamo mai stati in grado di analizzare», riportano i ricercatori su MIT Technology Review, sottolineando che è stato battuto il record registrato lo scorso anno, quando gli scienziati riuscirono a recuperare genomi parziali di un mammut siberiano che ha vissuto sulla Terra circa un milione di anni fa. Il materiale genetico è stato raccolto da antichi sedimenti in Groenlandia, un’area del pianeta che un tempo ospitava un clima molto più caldo e che ha permesso a un ricco ecosistema di flora e fauna di prosperare. Alcuni dei campioni analizzati dai ricercatori sono stati prelevati da un deposito di argilla e sabbia trovato nel 2006, dopo essere stati conservati a Copenaghen. «Il clima era simile a quello che ci aspettiamo di dover far fronte sulla Terra nei prossimi anni, a causa del riscaldamento globale», ha commentato Eske Willerslev dell’Università di Copenaghen e autore di un nuovo articolo sul progetto pubblicato sulla rivista Nature: «La ricerca ci fornirà spunti e dati per capire come la natura possa rispondere all’aumento delle temperature».
«Sembra quasi una magia poter studiare un quadro così completo di un antico ecosistema da minuscoli frammenti di DNA che si sono conservati nel tempo», ha commentato al New York Times Beth Shapiro, paleogenetista dell’Università della California di Santa Cruz. Il DNA analizzato include frammenti di piante da fiore e alberi, specie che non sono sono ormai esiste nell’area da molto tempo. Il fatto che siano stati trovati nell’area resti del DNA di un mastodonte, un antico antenato dell’elefante, ha sorpreso gli scienziati: «Nemmeno tra un milione di anni ti aspetteresti di trovare un mastodonte lassù», ha commentato Love Dalén, un paleontologo del Museo di Storia naturale della Svezia. Ma a sorprendere gli scienziati ci sono anche i campioni di DNA delle renne. «Le renne, secondo i paleontologi, non sarebbero dovuto sopravvivere, non sarebbero nemmeno dovute esistere in quel periodo storico», ha osservato Eske Willerslev. I campioni sono stati recuperabili solo grazie alle temperature gelide e al fatto che, nel corso del tempo, si erano legati ad argilla e quarzo, rallentando la degradazione del DNA. Cosa rappresenta dunque questo studio? Anzitutto si tratta di un enorme risultato della scienza moderna, reso possibile da tecnologie all’avanguardia per il sequenziamento dei geni, in grado di fornire un’istantanea estremamente rara del lontano passato del nostro pianeta. E, forse, di poter sbirciare su quello che potrebbe essere il futuro della Terra.
Foto in copertina: MIT / NOVA, HHMI TANGLED BANK STUDIOS & HANDFUL OF FILMS