Omicidio Willy, la richiesta di assoluzione in appello dei fratelli Bianchi: «Testimonianze inattendibili, non volevano uccidere»
Testimoni ubriachi e poco lucidi, strada non illuminata, un incidente tutt’al più. È questa la linea difensiva che gli avvocati dei fratelli Bianchi – e degli altri due imputati – intendono sostenere nel secondo grado di giudizio del processo per la morte di Willy Monteiro Duarte, sperando di ottenere un’assoluzione o uno sconto di pena. In primo grado, i giudici della Corte d’Assise di Frosinone hanno Omicidio Willy, la «furia cieca» dei fratelli Bianchi: le motivazioni della condanna all’ergastolo all’ergastolo Marco e Gabriele Bianchi, a 23 anni di carcere Francesco Belleggia e a 21 anni Mario Pincarelli, accusati di omicidio volontario del 21enne aiuto cuoco ucciso a Colleferro. Secondo i legali, le testimonianze ascoltate al processo andrebbero poste in discussione perché si tratta del racconto di giovani di ritorno da una serata, che intorno alle 3 di notte «si trovavano nei luoghi della cosiddetta movida – scrive l’avvocata di Marco, Vanina Zaru – un’indagine più accurata per comprendere chi e in che misura avesse quanto meno assunto alcolici avrebbe probabilmente delineato lo scenario della reale attendibilità e della genuinità dei ricordi». Secondo i legali, gli imputati sarebbero stati anche vittima di un clima ostile, alimentato dalla stampa, che avrebbe influito sull’imparzialità dei giudici. Zaru sottolinea che non è stata chiarita la dinamica dei fatti, né il «contributo obiettivo» di ogni singolo imputato, e non è stato neanche possibile avere una risposta «in termini certi» sulla causa della morte del 21enne. Secondo l’avvocato infatti, se proprio c’è stata una responsabilità, si può parlare al massimo di omicidio preterintenzionale, un incidente, nulla di più. «Marco Bianchi non è colto, ha gusti musicali di dubbio gusto, è calato in una realtà in cui è importante dare di sé, sui social, un’immagine di persona benestante e vincente, è rumoroso e per certi aspetti può apparire sgradevole – scrive ancora Zaru – ma oltre ad essere lo specchio della società in cui viviamo e in cui stiamo facendo crescere i nostri figli, non appare diverso da molti altri giovani che cercano di imitare stili di vita fatui».
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