Processo Saviano, Meloni non testimonierà. Lo scrittore: «Paura di giustificare le sue scelte politiche»
La premier italiana Giorgia Meloni non testimonierà al processo contro Roberto Saviano. A dare la notizia è lo stesso scrittore: «Non è stata chiamata né dal pm né dalla parte civile e quindi io mi troverò a rispondere del reato di cui mi accusano e non avrò il confronto con Meloni, che probabilmente teme una certa debolezza in questo processo». La leader di Fratelli d’Italia e ora presidente del Consiglio, ha querelato l’intellettuale dopo un intervento televisivo fatto a Piazzapulita su La7, nel dicembre 2020, in cui aveva attaccato duramente sia Meloni che Matteo Salvini sulla politica migratoria e la gestione dei porti italiani: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong» aveva detto Saviano, «“taxi del mare”, “crociere”. Mi viene solo da dire: “bastardi”. A Meloni, Salvini, bastardi: come avete potuto?». Un appellativo che costò la querela da parte dell’allora leader all’opposizione, Meloni, e che ora porta lo scrittore a difendersi in tribunale. Ma la presidente del Consiglio non ci sarà. «Qualora ascoltata nel dibattimento dovrà comunque rispondere delle scelte politiche fatte in questi anni che sono poi la materia del mio giudizio nei suoi confronti. Quindi è gravissimo il sottrarsi del primo ministro a questo processo», ha commentato Saviano.
Salvini chiede di costituirsi parte civile ma il giudice respinge
Ai tempi Matteo Salvini decise di non seguire le orme dell’attuale premier: dal leader della Lega non è mai arrivata alcuna querela contro Saviano. Ora il tentativo del ministro delle Infrastrutture è quello di aggregarsi alla denuncia di Meloni chiedendo di costituirsi parte civile, ma il giudice ha respinto la richiesta avanzata. «Non potendosi ritenere l’onorevole Salvini danneggiato dalla stessa condotta che vede l’onorevole Meloni come persona offesa», ha spiegato in aula il giudice, «trattandosi di condotta riferibile a lei sola, respinge istanza di costituzione di parte civile nel procedimento» a carico di Roberto Saviano. Starà ora a Salvini la scelta di dar vita a un altro procedimento ancora o di fermarsi qui. Intanto lo scrittore insieme al suo legale difendono l’esistenza di «un diritto di critica che non può essere negato», ribadendo la gravità della non presenza in aula di Giorgia Meloni. «Questo non è un processetto» ha detto il legale di Saviano, depositando una lista di testimoni che comprende ministri e protagonisti del soccorso in mare. «Se non vogliamo le politiche del soccorso in mare dello schieramento sovranista non possiamo cogliere la natura della critica del mio assistito». Alla fine della terza udienza del processo per diffamazione, avvenuta nella mattinata di oggi 13 dicembre, Saviano ha anche parlato di Salvini: «È stato escluso Matteo Salvini come parte civile, probabilmente temeva di essere messo in ombra dal primo ministro Meloni e quindi è andato in rincorsa per cercare di partecipare a questo processo. Ma non ci sarà. È stata solo una strategia come fa solitamente per cercare di avere solo clamore mediatico temendo che Meloni gli tolga il palio della visibilità».
«Processi in Italia lentissimi, ma con me hanno messo il turbo»
Poco prima di entrare in aula invece lo stesso scrittore ha annunciato la sua presenza su Instagram: «Ironia della sorte: quando sono vittima i processi procedono lenti, quando sono imputato mettono il turbo», ha scritto riferendosi ai tempi celeri in cui sono state fissate le udienze. «Pare che questo processo (che mi vede imputato) sia una vera e propria eccezione, perché di norma i processi in Italia procedono lenti, lentissimi. Pensate che dal 2008 sono coinvolto come vittima, nel processo per minacce mafiose che ho subito dal clan dei Casalesi; in quindici anni non si è ancora celebrato il secondo grado».
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