Roberto Mancini ricorda Sinisa Mihajlovic: «Ho perso un fratello che non rivedrò più»
In un lungo ricordo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport oggi l’allenatore della Nazionale italiana di calcio Roberto Mancini racconta Sinisa Mihajlovic. I due sono stati compagni di squadra alla Sampdoria e alla Lazio. L’ex calciatore ed allenatore (esonerato dal Bologna a settembre) è morto ieri a causa di una leucemia. E il Mancio comincia così: «Da ieri non ho più un fratello. E anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa, nel parlare di amicizie, non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita».
L’ultimo colloquio
Mancini rivela di aver parlato per l’ultima volta con Sinisa martedì mattina: «Me la porterò dentro per sempre quella chiacchierata: cose nostre come ce ne siamo dette tante, in quasi trent’ anni. Sono stati ventotto, per la precisione. Compagni di squadra e di panchina, sempre di spogliatoio perché anche, forse soprattutto, lì dentro ci siamo conosciuti fino a piacerci, a capirci, a litigare, comunque a diventare spalla uno per l’altro, quando per l’uno o per l’altro diventava necessario». E ricorda che «Sinisa era un guerriero, non per modo di dire: la sua guerra era dimostrarsi più forte di chi lo sfidava. Per se stesso, non per far sentire deboli gli altri. Lo faceva con gli avversari, lo ha fatto con la leucemia. Per lui era sempre troppo presto per smettere di combattere e non era mai tardi per incoraggiare qualcuno, un amico, un compagno o un suo giocatore, a non mollare».
Il gol di tacco e l’assist
Quindi Mancini parla del suo gol di tacco in Parma-Lazio del 1998-99: «Il corner che aveva battuto Sinisa era disegnato, e in campo ci conoscevamo ormai così bene che sapevo perfettamente dove e come quel cross sarebbe arrivato. Quel corner era un regalo per sempre, perché mi ispirò il gol più bello che abbia mai segnato nella mia vita. Anche lui ne ha segnati di bellissimi, mai quanto l’ultimo: l’energia che ci ha trasmesso in questi tre anni, l’amore per la vita al quale ci ha educato. Per questo lo sento ancora al mio fianco, e lì sarà per sempre».
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