Abusi nella ginnastica, la confessione di una coach: «Ho sbagliato sapendo di sbagliare: avevo l’autostima sotto i piedi»
«Ho sbagliato sapendo di sbagliare». Inizia così la confessione di Irene Castelli, 39enne e atleta azzurra di ginnastica artistica alle Olimpiadi di Sidney 2000. È la prima coach che fa autocritica e analizza il fenomeno degli abusi dal punto di vista di un’allenatrice che con l’aiuto della terapia ha preso consapevolezza dei suoi traumi ed errori. «Ho sbagliato perché alla fine della mia carriera di atleta avevo l’autostima sotto i piedi ed ero traumatizzata nel corpo e nella mente», ha raccontato ieri nel corso di un incontro a Roma dell’associazione Change The Game. Quest’ultima, coordinata da Daniela Simonetti, è un organizzazione di volontariato che si impegna a proteggere le atlete e gli atleti da violenze e abusi sessuali, emotivi e fisici. Castelli ha poi precisato a Open che «non si trattava di violenza ma di mancanza di empatia con le ginnaste»: «Quando ho iniziato ad allenare, la metodologia di allenamento non era sicuramente corretta: ora grazie al lavoro che ho fatto su me stessa è tutto cambiato», ci scrive.
L’appello alle colleghe: «Cercate aiuto o fate danni»
Nell’incontro di ieri l’associazione ha presentato 197 denunce di tante atlete su presunti abusi nel mondo della ginnastica ritmica. Castelli racconta che la dinamica delle violenze è un circolo vizioso: prima di diventare carnefice è stata vittima. «Mandata in pedana sotto antidolorifici anche quando stavo male – spiega -, per non sottrarre tempo agli allenamenti dovevo scegliere se pranzare o andare dal fisioterapista. Le Olimpiadi non sono state un traguardo, ma un incubo». Poi ha iniziato un percorso di terapia con una psicologa che l’ha «guarita» e ora lancia un appello alle colleghe: «Cercate aiuto all’esterno, accettatelo perché il rischio di provocare traumi e dolore nelle vostre bambine è forte».
La testimonianza di un altro coach
Non solo Castelli. Il Corriere della Sera riferisce anche di un secondo allenatore che ha raccontato la sua testimonianza nell’incontro di ieri. «Una mia atleta promettente ma esuberante veniva umiliata davanti a tutti dal capo allenatore che la costringeva a decine di trazioni punitive alla fune», ha detto. Un giorno lei, per la vergogna e lo sfinimento, si fece la pipì addosso: lui si trattenne dal darle uno schiaffo dicendo che le faceva schifo». Abusi di cui il coach rivela di rendersi conto della gravità solo ora. Il dossier di Change the Game riferisce di episodi accaduti nelle palestre di 15 regioni italiane che toccano atlete dagli 8 ai 22 anni vittime di body shaming, privazioni alimentari, discriminazioni, percosse e allenamenti estenuanti.
Una Federazione immobile
Ma non solo allenatori e sportive, nella vicenda sono coinvolti anche i genitori delle giovani che spesso – pur sapendo – non hanno denunciato per non impedire alla figlia di fare carriera. O in altri casi hanno riferito che le denunce non hanno avuto efficacia. Il mondo della ginnastica attende una risposta da Federginnastica che continua a chiamare esperti per passare a setaccio le palestre, ma non ha ancora emanato un solo provvedimento restrittivo nei confronti delle istruttrici. Intanto, l’avvocato Patrizia Pancanti annuncia che «sul fronte penale sono accertati fatti trasversali a livello nazionale su cui stanno lavorando molte procure».
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