Iran, 100 giorni di proteste. Bloccata in aereo la famiglia del calciatore Ali Daei, folla sulla tomba del piccolo Kian
Il regime di Teheran insiste nella repressione di ogni manifestazione di dissenso. Sono passati ormai 100 giorni dall’inizio delle proteste per l’uccisione di Mahsa Amini. La via della violenza scelta dalle autorità iraniane non risparmia nessuno. Nemmeno le leggende del calcio. Ali Daei è considerato uno dei giocatori asiatici più forti di sempre. Ha vinto la Bundesliga con il Bayern Monaco nel 1999 e, ancora oggi, detiene il record di secondo migliore marcatore di una Nazionale di calcio di tutti i tempi, dietro a Cristiano Ronaldo. Lo scorso ottobre, per aver criticato il regime e sostenuto la protesta delle donne iraniane, era stato prelevato dalla polizia mentre si trovava un albergo della città di Saqqez e privato della libertà personale. Qualche settimana prima, gli agenti gli avevano sequestrato il passaporto. Oggi, 26 dicembre, anche la famiglia dell’ex calciatore è stata trattenuta dalle autorità del Paese. Moglie e figlia di Ali Daei si trovavano su un volo di linea che da Teheran le avrebbe condotte a Dubai. A un certo punto, il volo W563 della compagnia Mahan è stato dirottato e fatto atterrare sull’isola di Kish, probabilmente per impedire che la famiglia del calciatore lasciasse il Paese.
Le due donne non sarebbero state arrestate. «Sto ancora cercando il modo per farle tornare da Kish a Teheran – ha dichiarato Ali Daei all’agenzia stampa Isna -. Vedo cose nella mia vita a cui è molto difficile credere. Non comprendo questo comportamento. Mia moglie e mia figlia sono salite legalmente sull’aereo a Teheran, e avevano in programma di visitare Dubai per alcuni giorni e poi tornare in Iran. Ma l’aereo è stato costretto a rientrare con tutti i passeggeri. Era una caccia al terrorista?». Secondo fonti informate citate dagli organi di stampa iraniani, la moglie di Ali Daei non avrebbe potuto lasciare l’Iran «perché ha invitato la gente a partecipare a uno sciopero nazionale». A quanto scrivono le agenzie Tasnim e Isna, il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale le aveva vietato di partire da Teheran con un ordine esecutivo.
Folla sulla tomba di un bambino di 10 anni ucciso dagli agenti
Sempre oggi, a Izeh, nel Sud-Ovest del Paese, una grande folla si è radunata intorno alla tomba di Kian Pirfalak. Il bambino di 10 anni è tra le più giovani vittime della repressione avviata dalla Repubblica islamica: stava tornando a casa in auto, la sera del 25 novembre, insieme ai suoi genitori e a suo fratello. Una raffica di proiettili ha investito il mezzo, ferendo gravemente il padre e uccidendo il piccolo. La mamma di Kian ha raccontato che i poliziotti hanno colpito deliberatamente il veicolo, ma la versione ufficiale del governo iraniano è che la sparatoria è stata messa in atto da generici «terroristi». Sono passati 40 giorni dalla morte del bambino e la tradizione iraniana vuole che in questa ricorrenza si celebri la fine del lutto.
Leggi anche:
- Iran, arrestata l’attrice Taraneh Alidousti. Sui social senza hijab: «Il silenzio significa sostenere la tirannia»
- Iran, il manifestante 23enne prima di essere impiccato: «Non pregate il Corano, suonate musica allegra» – Il video
- Cartucce italiane in Iran: così l’azienda di Livorno ha armato la polizia morale di Teheran
- Iran, un altro manifestante condannato a morte
- Iran, anche un ex calciatore condannato a morte per le proteste: Amir Nasr-Azadani è accusato di tradimento