È morto Pelé, addio a “O Rey”. La leggenda del calcio aveva 82 anni
O Rey è morto. La leggenda del calcio brasiliano Edson Arantes do Nascimento, per tutto il mondo Pelé, si è spenta a 82 anni, dopo l’ennesimo ricovero periodico all’ospedale Albert Einstein di San Paolo, dove a settembre 2021 è stato sottoposto a un intervento chirurgico per un sospetto cancro al colon. Dopo l’operazione, Pelé aveva continuato le cure, ma negli ultimi tempi i medici sostenevano che non rispondesse più adeguatamente alle terapie. L’ultimo ricovero risale al 29 novembre per un ciclo di cure. Durante la permanenza in ospedale, Pelé aveva anche contratto il Covid. Ad annunciare la scomparsa del campione è stata la famiglia con un post su Instagram: «Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace».
Le origini
Con la morte di Pelé il calcio perde una delle icone più importanti della sua storia. Nel 1940 a Três Corações, nella regione del Minais Gerais, nel sud del Brasile, nasce Edson Arantes do Nascimento. I genitori, l’ex calciatore Dondinho, e la madre Maria Celeste Arantes, lo chiamavano Dico, come tutti i suoi parenti da piccolo. Le origini del nome Pelé, infatti, non derivano dal soprannome affibbiato da un compagno di scuola, ma da sfottò dei suoi amici per farlo arrabbiare: il nome è la storpiatura di quello di un portiere, Bilé. Le origini piuttosto umili di Pelé lo portano a svolgere i più diversi lavori già da bambino. Guadagna qualche soldo in più per casa lustrando scarpe. La povertà della sua famiglia era importante al punto che quando iniziò a giocare a calcio, su suggerimento del padre, sostituì il pallone che non poteva permettersi con una palla di stracci tenuti da lacci. Si dice che spesso usava pure un frutto di mango. L’alone di leggenda che circonda la figura di Pelé è ciò che forse lo ha reso affascinante col trascorrere del tempo. Dai suoi esordi, il successo che raggiunse contribuì a portare la Nazionale del Brasile in vetta al calcio globale, superando le allora accreditate squadre di Argentina e Uruguay, veri e propri padroni del calcio sudamericano fino agli anni Cinquanta.
Una vita da leggenda
In 20 anni di carriera Pelé ha vinto tutto, specie col suo Santos, dove è cresciuto come nessuno dopo il provino svolto quando era 15enne. Col Brasile è riuscito a diventare l’unico calciatore della storia a trionfare in tre edizioni della Coppa del Mondo, che quando giocava lui era intitolata ancora a Rimet. Pelé è stato in grado di rivoluzionare anche il gioco, non solo per le prodezze e i record dei “Mille Gol” e tocchi di classe, come il drible da vaca, ma anche per visione di gioco. Gianni Brera scriveva nel 1998, dal libro su Garrincha, con il quale in coppia il Brasile non hai perso una partita ufficiale:
Pelé vede il gioco suo e dei compagni lascia duettare in affondo chi assume l’iniziativa dell’attacco e, scattando a fior d’erba, arriva a concludere. Mettete tutti gli assi che volete in negativo, poneteli uno sull’altro: esce una faccia nera, un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti.
Dopo l’avventura negli Stati Uniti con i Cosmos e il ritiro nel 1977, i suoi impegni come ambasciatore del gioco hanno realizzato il progetto della Fifa di espandere la disciplina rendendola globale. Il passare degli anni e i problemi di salute non gli hanno impedito di prestare il suo volto per le più svariate organizzazioni e campagne umanitarie. Di lui ha sempre detto che non è stato un buon padre: lascia diversi figli, tra cui Edson, in carcere per traffico di droga, e la moglie Marcia Aoki, nel ramo farmaceutico e terza compagna della sua vita dopo Rosemeri dos Reis Cholbi e la presentatrice Xuxa.
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