Teheran furiosa con Roma, la protesta dopo le frasi di Meloni e Tajani: «Basta interventi nei nostri affari interni»
L’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, è stato convocato dal ministero degli Esteri iraniano per evidenziargli «la forte protesta dell’Iran per gli atti e le osservazioni di alcuni funzionari italiani che continuano a intervenire negli affari interni dell’Iran». Secondo quanto riferisce l’agenzia Irna, che cita alcuni funzionari dell’ambasciata, Perrone ha promesso di comunicare la protesta dell’Iran al suo governo quanto prima. «Le politiche selettive e duplici nei confronti dei diritti umani sono inaccettabili e respinte dalla Repubblica islamica. È l’altra parte che ha danneggiato gli interessi della nazione iraniana e violato i suoi diritti con l’imposizione di sanzioni illegali», dichiarano i funzionari. Convocazione che nasce come reazione alle parole della nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale ha definito «inaccettabile» quanto sta accadendo in Iran. La premier ha, inoltre, avvisato Teheran della possibilità che l’Italia cambi «atteggiamento» se la repressione delle manifestazioni «non dovesse cessare».
Cosa sta succedendo in Iran e perché l’Italia è preoccupata
L’Iran da settembre è travolto da continue manifestazioni contro le restrizioni alla libertà imposte dal regime di Teheran. Dopo la morte di Mahsa Amini, la 22 enne di origini curde uccisa per non aver indossato correttamente il velo, è scoppiato il dissenso in tutto il Paese che continua a essere represso dalle autorità con la violenza. Teheran, ora, pretende che l’Italia non si esprima a riguardo. Non solo la premier, ieri anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha manifestato indignazione e preoccupazione all’ambasciatore iraniano in Italia, Mohammad Reza Sabouri, contro le violenze nelle proteste in Iran e le condanne a morte. Nello specifico, nel corso del vertice avvenuto alla Farnesina tra i due, Tajani ha chiesto «la sospensione delle condanne a morte, il blocco immediato delle esecuzioni, la sospensione della repressione violenta delle manifestazioni e che le autorità politiche aprano il dialogo con i manifestanti ricordando che non è questione di ordine pubblico uccidere bambini di 12, 14 e 17 anni».
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