Ritorno allo smart working e mascherine al chiuso se quadro peggiora, la circolare sul Covid del ministero: «Pandemia imprevedibile, il Paese si prepari»
L’evoluzione della pandemia ad oggi risulta imprevedibile, il Paese dunque deve prepararsi anche alle eventualità peggiori. Questo è il messaggio che arriva dalla circolare del ministero della Salute intitolata “Interventi in atto per la gestione della circolazione del SarsCoV2 nella stagione invernale 2022-23“. Non solo un resoconto della strategia anti virus attualmente in atto nel Paese, ma anche raccomandazioni sulle misure che sarà necessario portare avanti per prevenire una possibile ondata e l’ipotesi di alcuni cambiamenti che potrebbero esserci in caso di un peggioramento della situazione epidemiologica. Anche alla luce delle ultime decisioni del ministro Schillaci su tamponamento e screening, il ministero parla dell’importanza dell’attuale rete di sorveglianza diffusa sul territorio nazionale, «fondamentale per orientare le misure di controllo volte a mitigare l’impatto delle nuove varianti. Un elemento chiave anche in questa fase della pandemia da Covid-19». Ma se la necessità di screening cresce, di conseguenza aumenterà la pressione sui laboratori per la diagnostica: è per questo che il ministero spinge sulla necessità di «incrementare i meccanismi di rafforzamento dei sistemi in vigore», raccomandando «fortemente» a tutti i contesti ospedalieri e di pronto soccorso di raccogliere campioni da sottoporre a test molecolare, «per garantire in ogni Regione/PA un numero minimo di campioni da genotipizzare». Per arginare eventuali nuove varianti in sostanza servirà una capillare rete di sequenziamento, e cioè di quel processo, consentito da appositi macchinari, in grado di distinguere la tipologia di mutazione presente in un tampone risultato positivo. Solo così si riuscirà a individuare la presenza di nuove varianti, potenzialmente più pericolose, nel Paese. Un tema più che delicato considerata la debole rete di sequenziamento italiana riscontrata a inizio pandemia e poi ancora nei mesi successivi rimasta indietro rispetto alle capacità dei Paesi esteri.
Possibile ritorno a mascherine al chiuso e smartworking
Mentre per l’ennesima volta si tenta di evitare di rincorrere gli effetti di nuove forme di virus diffuso, il ministero avverte su tutti gli interventi non farmacologici a cui la popolazione dovrà ricorrere in caso di un peggioramento dei contagi. «L’utilizzo di mascherine è efficace nel ridurre la trasmissione dei virus respiratori e nel caso in cui si documentasse un evidente peggioramento epidemiologico con grave impatto clinico e/o sul funzionamento dei servizi assistenziali, potrebbe essere indicato il loro utilizzo in spazi chiusi, finalizzato in particolare a proteggere le persone ad alto rischio di malattia grave». Un’indicazione che oggi sembra in contraddizione con quanto sostenuto più volte dal governo Meloni, «contrario a ogni forma di coercizione e limitazione della libertà individuale». Ma per gli scienziati saranno i dati a parlare. «Analogamente», continua ancora la circolare, «nel caso di un eventuale sensibile peggioramento del quadro epidemiologico, si potrà valutare l’adozione temporanea di altre misure, come il lavoro da casa o la limitazione delle dimensioni degli eventi che prevedono assembramenti». Misure ormai ben note che dal 2020 hanno accompagnato gran parte dell’emergenza sanitaria e che ora la Direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero, guidata dal prof. Gianni Rezza, non esclude di poter considerare di nuovo. Al momento in Italia l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie è obbligatorio per i lavoratori, gli utenti e i visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani. In caso di peggioramento poi, massima attenzione si dovrà porre anche ai sistemi di ventilazione negli ambienti chiusi, «misura fondamentale per ridurre il rischio di trasmissione del SARS-CoV-2 e di altri virus respiratori».
Chi e come deve continuare a proteggersi con i vaccini
Per quello che riguarda i vaccini, il ministero comunica che «nella stagione invernale 2022-2023, l’obiettivo della campagna vaccinale sarà quello di continuare a mettere in sicurezza prioritariamente anziani e fragili, proteggendoli dalla malattia grave e dalla ospedalizzazione». Prioritario sarà colmare le lacune nella copertura vaccinale del ciclo primario e dei booster raccomandati, garantire la possibilità di combinare le campagne di vaccinazione contro Covid e influenza, nonché incentivare lo sviluppo di programmi di vaccinazione con vaccini sempre più adattati alle nuove esigenze di protezione dalle varianti. «La somministrazione della seconda dose di richiamo (second booster)», spiega il documento, «è raccomandata per le seguenti categorie, purché sia trascorso un intervallo minimo di almeno quattro mesi (120 gg) dalla prima dose booster o dall’ultima infezione successiva al richiamo (data del test positivo): persone di 60 anni e più, persone di 12 anni e più con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/preesistenti, operatori e ospiti dei presidi residenziali per anziani, operatori sanitari, donne in gravidanza». Mentre per gli over 80, per gli ospiti di strutture residenziali per anziani, per over 60 con fragilità è raccomandata un’ulteriore dose di vaccino bivalente a condizione che abbiano già ricevuto una seconda dose di vaccino monovalente e una volta trascorsi almeno 120 giorni o dall’iniezione o dall’ultima infezione da Sars.Cov.2. Dal 9 di dicembre è anche estesa la raccomandazione della vaccinazione anti Covid ai bambini nella fascia di età 6 mesi – 4 anni compresi che presentino condizioni di fragilità.
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