Smart working, dal 1° gennaio tornano in vigore le regole pre-pandemia. Come gestire il ritorno al regime ordinario
Dal 1° gennaio lo smart working esce dall’emergenza e torna alle regole ordinarie vigenti prima della pandemia (la legge 81/2017). Da tale data, infatti, verrà meno la regola che, durante la pandemia, ha reso possibile attivare lo smart working con modalità estremamente semplificate (bastava una mail del datore di lavoro e si poteva avviare il lavoro agile). Con il ritorno ai paletti previsti dalla legge 81/2017, questa procedura non sarà più percorribile: un datore di lavoro che vorrà utilizzare il lavoro agile dovrà firmare, con ogni singolo dipendente interessato, un accordo individuale, che avrà dei contenuti minimi fissati dalla legge.
Gli elementi dell’accordo individuale
L’accordo per attivare lo smart working dovrà fissare la durata del collocamento in modalità agile: potrà avere un termine predefinito, oppure essere concesso a tempo indeterminato, con la possibilità di recedere a determinate condizioni. L’intesa individuale dovrà regolare anche le forme di gestione del lavoro agile, definendo con quale modalità si potrà decidere il lavoro fuori dalla sede, con quale frequenza, e con quali controlli. La legge lascia alle parti dell’accordo ampia scelta su come definire questi aspetti: le parti potrebbero, quindi, concordare procedure estremamente semplificate (es. prevedendo che chi vuole lavorare in smart working lo comunica con una semplice email) oppure stabilire regole e procedure rigide di controllo. L’accordo potrebbe anche fissare un soglia minima di giornate da svolgere in presenza, oppure lasciare la scelta ad accordi presi di volta in volta tra il dipendente e il suo superiore. Un aspetto molto rilevante dell’accordo individuale sarà anche la disciplina del c.d. diritto alla disconnessione: le parti dovranno decidere le regole per consentire al lavoratore, nei periodi di lavoro agile, di non. essere connesso agli strumenti digitali di comunicazione con l’azienda. A questo tema si collega quello degli strumenti informativi: l’accordo tra le parti dovrà stabilire viene messo a disposizione dall’azienda e cosa, invece, deve essere fornito dal lavoratore, fissando anche la regola per la ripartizione delle spese connesse.
Come gestire il ritorno agli accordi
La necessità di stipulare accordi individuali potrebbe creare diversi problemi organizzativi alle imprese, soprattuto a quelle con un numero importante di lavoratori, ormai assuefatte a una procedura molto più semplice. Per ovviare alla grande complessità che richiederà questa fase, ed evitare l’avvio di decine o centinaia di negoziati individuali, sarebbe utile definire linee guida comuni per tutti il personale (magari anche con il supporto di un accordo sindacale, che non è richiesto dalla legge ma sempre auspicabile) da riprodurre nelle intese singole.
I genitori di under 14
La categoria maggiormente colpita dal ritorno alle regole ordinarie è quella dei genitori con figli di età fino ai 14 anni, che fino alla fine del 2022 hanno beneficiato sia del regime semplificato previsto per tutti, sia della norma che assegnava il diritto a svolgere il lavoro agile, a condizione che fosse compatibile con l’organizzazione aziendale. Questi lavoratori speravano che la legge di bilancio contenesse l’ennesima proroga per loro, ma tale speranza è rimasta inascoltata, con la conseguenza che viene meno sia il regime semplificato – e quindi servirà un accordo individuale, come per gli altri lavoratori – sia il diritto allo svolgimento del lavoro agile, con la conseguenza che il datore di lavoro potrà rifiutarsi di concederlo. L’unica notizia positiva per questi lavoratori viene dalle regole contenute nel d.lgs. 105/2022, il provvedimento sulle misure di conciliazione tra vita e lavoro. Tale decreto lascia in capo al datore la scelta se concedere oppure no il lavoro agile, ma fissa un criterio di priorità: ove venga riconosciuta tale facoltà ai dipendenti, è obbligatorio dare priorità alle richieste di smart working avanzate da parte di lavoratori con figli fino a dodici anni, o disabili, lavoratori disabili o che si prendono cura di altri familiari che hanno bisogno di assistenza.
L’eccezione dei lavoratori fragili
L’unica categoria per cui nel 2023 resta in vita un diritto soggettivo al lavoro agile, seppure limitatamente al 31 marzo, è quella dei c.d. lavoratori fragili. Si tratta di quei lavoratori affetti da gravi forme di disabilità, i pazienti oncologici e gli immunodepressi, secondo le condizioni individuate da un apposito decreto del Ministro della salute (DM 4 febbraio 2022); per queste persone, il datore di lavoro deve consentire lo smart working. anche assegnando mansioni diverse, senza alcuna decurtazione della retribuzione. Non potrà, quindi, essere eccepita l’impossibilità di svolgere l’attività in smart working, dovendo il datore attivarsi per trovare una soluzione alternativa.
Dal tempo agli obiettivi
Le regole appena descritte servono ad attivare il lavoro agile con forme giuridicamente e formalmente corrette: un aspetto necessario per evitare rischi e sanzioni, ma non sufficiente a far decollare il “nuovo smart working”. Per sfruttare appieno le potenzialità di questa forma di flessibilità organizzativa i datori di lavoro dovranno adottare misure organizzative capaci di valorizzare il lavoro agile; il periodo di emergenza ha, infatti, ha abituato tutti noi a gestire lo smart working come “lavoro casalingo”. Sono state spostate tra le mura domestiche le costrizioni e i vincoli del lavoro ordinario, a volte con dei carichi familiari aggiuntivi, senza una reale pianificazione, con il risultato di generare, in molti casi, delle vere e proprie sbornie digitali. Collegamenti telematici senza interruzione, orari saltata, scomparsa dei confini con la vita domestica, aumento del controllo a distanza: tutti fenomeni lontani dalle potenzialità del lavoro agile, che aiuta i lavoratori e le imprese a migliorarsi solo se si basa su obiettivi, fiducia, alternanza e agilità.
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