Ventimiglia, parla il padre del bimbo picchiato dal compagno della nonna: «Provo schifo. Chiuso ogni rapporto con mia madre»
«Schifo, provo schifo a pensare a queste persone e a quello che hanno fatto al mio bambino. Nessun bambino, per nessun motivo al mondo, deve attraversare l’inferno. Ho schifo». Sono le parole di Simone, il padre del bambino di sei anni ricoverato dal 19 dicembre scorso in prognosi riservata all’ospedale Gaslini di Genova dopo essere stato massacrato di botte dal compagno della nonna paterna per aver disobbedito a un suo ordine. Il genitore ai microfoni di Primocanale ha ribadito di aver chiuso i rapporti con la nonna del piccolo, accusata anch’ella di concorso perché avrebbe caricato il bambino in auto per portarlo al papà. «Non sento mia madre da poco dopo la “farsa dell’incidente“», ha detto il padre al sito di informazione ligure, riferendosi alla prima dichiarazione fornita agli inquirenti dal 75enne, accusato di aver picchiato a sangue il nipote acquisito. L’uomo, infatti, subito dopo i fatti avvenuti nell’appartamento della nonna del piccolo, aveva parlato di un investimento da parte di un’auto pirata. Ma nell’orario indicato le telecamere della zona non avevano registrato alcun transito di autovetture. «Qualcosa non mi tornava – continua il padre di Ryan -. L’ultima volta che l’ho vista è stata qui al Gaslini quando è venuta a trovare il mio bimbo. Qualche giorno dopo, il suo compagno ha confessato ma, ripeto, ho chiuso completamente i rapporti quel giorno in ospedale. Provo schifo».
La ricostruzione e la svolta
La storia comincia il 19 dicembre scorso. Ryan viene affidato alla custodia della nonna e del compagno. I due raccontano di averlo perso di vista per una distrazione e di averlo ritrovato a terra in strada, in via Gallardi, a pochi metri dalla casa della nonna. Le indagini sull’accaduto hanno subito fatto emergere dubbi sul fatto che il piccolo fosse stato investito come raccontato dalla nonna e dal suo compagno in un primo momento. La svolta della vicenda arriva il 28 dicembre, quando Luigi C. confessa di aver perso la testa dopo aver visto il bambino entrare nella stanza dove l’uomo stava sistemando dei mobili. «Spostavo dei mobili, non mi lasciava lavorare», avrebbe detto il 75enne agli inquirenti. Ora entrambi – nonna e compagno – sono indagati per le gravissime lesioni causate al bimbo che resta ancora in pericolo di vita, anche se le sue condizioni – ha riferito l’avvocata dei genitori del piccolo – «stanno migliorando».
Foto di copertina: Primo Canale
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