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Scarcerato Andrea Costantino, l’imprenditore arrestato negli Emirati per terrorismo: il ritorno a casa per Natale

24 Dicembre 2022 - 10:44 Antonio Di Noto
A marzo scorso era stato bloccato in un hotel di Dubai con l'accusa di aver finanziato attività terroristiche in Yemen. Da maggio era rinchiuso nell'ambasciata italiana ad Abu Dhabi, senza passaporto

Andrea Costantino, l’imprenditore italiano bloccato da mesi ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti è stato rilasciato e sta rientrando in Italia giusto in tempo per trascorrere il Natale con la propria famiglia. È stato lui stesso a darne l’annuncio a Radio Libertà: «Ringrazio Matteo Salvini, Vignali e l’ambasciatore». A confermare il successo diplomatico è arrivata anche una nota di Palazzo Chigi: «La Presidenza del Consiglio esprime soddisfazione perché, in questa vigilia di Natale, l’imprenditore italiano Andrea Costantino è rientrato in Italia e ha potuto riabbracciare i suoi cari. Ringrazia in particolare il ministro degli Esteri e la rete della Farnesina, i Servizi di informazione e sicurezza e le Autorità degli Emirati per il buon esito della vicenda».

L’arresto e il sequestro del passaporto

Costantino, imprenditore 49enne, era stato arrestato lo scorso marzo in un hotel di Dubai, con l’accusa di aver finanziato attività terroristiche in Yemen. La mediazione della diplomazia italiana aveva ottenuto il suo rilascio dal carcere di massima sicurezza Al Wathba lo scorso maggio. Da allora l’uomo si trovava in una depandance dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi poiché le autorità degli Emirati gli aveva sequestrato il passaporto, impedendogli di cambiare Paese. «Mi sono occupato personalmente della vicenda Costantino, stiamo facendo il possibile per una soluzione positiva», aveva dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, lo scorso 13 dicembre davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato. «Non lasciamo solo nessun cittadino italiano», aveva aggiunto il ministro.

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Bologna, accoltella l’ex moglie davanti ai figli e tenta la fuga: la donna è grave

24 Dicembre 2022 - 10:41 Redazione
Dopo l'aggressione, l'uomo ha tentato di scappare ma è stato bloccato da polizia e carabinieri arrivati sul posto

È stato fermato dalla polizia l’uomo che questa mattina 24 dicembre a Bologna ha accoltellato la sua ex moglie, ricoverata in gravi condizioni in ospedale. L’aggressione sarebbe avvenuta in casa davanti ai figli della coppia. L’uomo ha poi tentato di scappare, finché è stato bloccato dagli agenti assieme ai carabinieri. La vittima è una venticinquenne italiana, mentre l’uomo fermato è un cittadino marocchino di 31 anni. Del caso si sta occupando il pm Nicola Scalabrini, che si è anche recato sul posto, insieme ai carabinieri e alla polizia. Nel frattempo i tre minori che avrebbero assistito alla scena, due maschi ed una femmina, sono stati affidati alle cure dei servizi sociali.

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ATTUALITÀAbruzzoGoverno MeloniInchiesteL'AquilaTerremoti

Terremoto dell’Aquila, Palazzo Chigi condannato per l’avviso «Non c’è pericolo» prima del sisma: 8 milioni ai famigliari delle vittime

24 Dicembre 2022 - 10:20 Redazione
Al centro della sentenza ci sono le frasi rassicuranti dell'allora numero due della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, una settimana prima del sisma

Otto milioni di euro. È questa la somma che la presidenza del Consiglio dei ministri dovrà risarcire alle famiglie delle vittime del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, secondo quanto deciso dal giudice Baldovino De Sensi del tribunale civile del capoluogo abruzzese. Le 30 parti civili coinvolte, rappresentate da Maria Teresa di Rocco e Silvia Catalucci, riceveranno somme diverse, in base ai danni subiti. Al centro della vicenda ci sono le rassicurazioni del numero due del dipartimento nazionale della protezione civile, Bernardo De Bernardinis, braccio destro di Guido Bertolaso. Se il secondo è stato assolto in un procedimento collaterale, il primo è stato condannato a due anni. Una settimana prima del sisma nel quale morirono 309 persone, infatti, De Bernardinis tranquillizzò la popolazione che secondo il tribunale ne hanno modificato i comportamenti, spingendole a restare in casa anziché ripararsi all’esterno. «Non c’è pericolo, l’ho detto anche al sindaco», recitano le dichiarazioni incriminate nelle carte del processo. E ancora: «La comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole, perciò, uno scarico di energia continuo», aveva detto De Bernardinis.

La sentenza e il processo

Nella sentenza si legge che «tali dichiarazioni sono state ritenute in sede penale idonee ad incidere sul comportamento dei cittadini e conseguentemente siccome frutto di negligenza, imperizia, ed imprudenza anche a fondare la responsabilità penale dello stesso e la conseguente condanna del responsabile civile odierno convenuto al risarcimento dei danni subiti dalle vittime». Inoltre, prosegue il documento, Palazzo Chigi «aveva ed ha avuto la concreta possibilità di verificare la correttezza dell’operato degli imputati sia in ossequio a precisi doveri normativi sia in applicazione delle generiche regole di diligenza prudenza e perizia». Ed è perciò che ora dovrà farsi carico del risarcimento. Il risultato è frutto della scelta dei legali che Rocco e Catalucci, che nel 2010 decisero di intraprendere la via civile al posto di quella penale contro la Commissione Grandi Rischi, uno degli organi della presidenza del Consiglio.

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POLITICAEmendamentiGoverno MeloniLavoro e impresaLegge di bilancioReddito di cittadinanza

Reddito di cittadinanza, il pasticcio dell’offerta «congrua» che resiste: i dubbi sull’emendamento scritto male

24 Dicembre 2022 - 09:58 Redazione
Sarebbe sfumata la modifica alle regole del sussidio che toglievano l'assegno in caso di rifiuto della prima offerta di lavoro, anche se lontana e con scarsa retribuzione

Le tante critiche e polemiche che hanno investito il Reddito di Cittadinanza negli ultimi tempi potrebbero non aver sortito l’effetto desiderato dalla maggioranza. Secondo quanto rilevato da Maria Cecilia Guerra, deputata del Partito democratico ed ex sottosegretaria all’Economia, l’emendamento che doveva eliminare il concetto di «congruità» dell’offerta lavorativa sarebbe stato scritto male. Con questo termine, infatti, si intendeva la coerenza con le competenze del lavoratore, una paga dignitosa e la locazione del posto di lavoro entro 80 chilometri dall’abitazione dell’«occupabile».

I punti deboli dell’emendamento

Eliminando la parola in questione, l’obiettivo era quello di imporre l’accettazione di qualsiasi offerta di lavoro ai percettori del reddito, a prescindere dal tipo di proposta, dalla remunerazione e dalla distanza. Ma l’emendamento alla legge di bilancio nato presentato da Maurizio Lupi (Noi Moderati), secondo Guerra, è stato formulato in modo tale che nonostante venga eliminata la parola «congrua», la norma di riferimento rimane quella del decreto legislativo istitutivo del reddito di cittadinanza. E dunque nonostante cambi la forma, la sostanza rimarrebbe uguale. «L’emendamento, approvato in commissione, elimina la parola congrua e crede così di aver obbligato il percettore ad accettare una qualsiasi offerta di lavoro. Ma non è così.», ha spiegato Guerra a Repubblica. Aggiungendo: «La norma modificata costringe il lavoratore ad accettare “la prima offerta ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5)” del decreto legislativo che disciplina il reddito di cittadinanza, che rinvia a sua volta al decreto legislativo di attuazione del Jobs Act, che definisce appunto l’offerta congrua». E dunque l’emendamento, a suo avviso, si rivela «inutile, guidato dalla foga ideologica e dalla incapacità tecnica». Secondo quanto riportato da Repubblica, la tesi di Maria Cecilia Guerra è stata confermata dal Servizio Bilancio della Camera.

Ulteriore stretta in arrivo

Tanto rumore, ma non per nulla, comunque. Perché l’intervento del Governo Meloni contro la misura è stato duro nei confronti del RdC: sarà eliminato dal 2024, e l’anno prossimo gli ‘occupabili’ potrebbero riceverlo solo per 7 mesi, in pratica fino a luglio. Anche se, puntualizza Guerra, anche in questo caso «la narrazione del governo non è coerente con quello che hanno scritto nella norma»: «È stato detto che perderanno l’assegno dopo sette mesi gli occupabili che non lavorano, ma non è così. Lo perderanno i nuclei che non hanno al loro interno un anziano ultrasessantenne, un disabile o un minore. Gli altri, anche se lavorano, ma guadagnano troppo poco, senza quelle condizioni lo perderanno». Tornando alle offerte congrue, nelle intenzioni del Governo chi rifiuta anche solo una di esse dovrebbe perdere l’accesso al Reddito. «L’offerta congrua che abbiamo in mente prevede che qualsiasi persona, anche laureata, se gli offrono un posto anche di cameriere, casomai vicino casa, è giusto che la accetti», ha dichiarato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) ai microfoni di Radio24. Aggiungendo: «Io spero che nella seconda metà del mese di gennaio potremo portare a casa questo decreto che toccherà anche il reddito di cittadinanza».

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ESTERIKhalifa HaftarLibiaMedio OrienteRussia

Libia a rischio scissione, le indiscrezioni sull’annuncio oggi di Haftar: i sospetti sulla «mano russa»

24 Dicembre 2022 - 09:43 Antonio Di Noto
Già a inizio dicembre l'ufficiale anti-islamista aveva aperto alla possibilità di una spaccatura del Paese, che potrebbe essere annunciata in un suo discorso previsto oggi a Bengasi

Il generale Khalifa Haftar comandante dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (Lna) potrebbe annunciare oggi, in occasione dell’anniversario dell’indipendenza libica, una scissione del Cirenaica – la porzione di territorio del Paese più vicina all’Egitto – dal resto della Libia, ovvero la Tripolitania e il Fezzan. Secondo fonti locali, come il Libya Observer, la dichiarazione potrebbe avvenire durante un discorso che il generale, capo dell’esercito nominato dal parlamento di Tobruk, opposto alle istituzioni di Tripoli, terrà oggi a Bengasi. A governare la porzione di Paese che potrebbe distaccarsi sarebbe proprio la giunta militare di Haftar, che pare, potrebbe essere aiutato nell’operazione dei russi, riporta l’Ansa. Da tempo, in effetti, si parla dei legami tra il generale libico e la Russia. Addestrato anche nell’Unione Sovietica, Haftar è il principale partner militare della Russia in Libia. Mosca se ne serve soprattutto per contrastare l’avanzata – anche istituzionale – dell’Islam nel Paese, e trova quindi in Haftar, anti-islamista, un alleato prezioso.

L’anticipazione: «La politica è rimasta ferma troppo tempo»

Già a inizio dicembre, il generale, «re della Cirenaica» aveva menzionato la possibilità di gestire l’est in maniera indipendente, tracciando una roadmap che proseguisse separata dalla capitale Tripoli. Haftar rifiuta la parte della costituzione libica che impedisce ai leader militari di candidarsi alle elezioni e in un discorso ad Agedabia si era riferito ai «timorosi» che vogliono impedire ai militari di correre alle elezioni. «Coloro che si aggrappano al potere non appartengono all’istituzione militare», aveva dichiarato il generale. Aggiungendo che «le soluzioni convenzionali» messe in atto dalla politica si sono rivelate «una perdita di tempo e di fatica». Da tempo i due presidenti della Libia dovrebbero incontrarsi per risolvere lo stallo politico nel Paese e giungere a nuove elezioni, ma ciò ancora non è avvenuto. Tutt’ora, infatti la Libia è sotto la guida di due diversi leader: il premier ad interim Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, ufficialmente riconosciuto dall’Onu, e Fathi Bashaga (già ministro degli Interni del governo di Fayez al-Sarraj), che ha ricevuto la fiducia da parte del Parlamento a marzo 2022.

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ATTUALITÀGiovaniInchiesteIncidenti stradaliVenetoVenezia

Venezia, morti due 25enni in un incidente prima dell’alba: ferito il conducente e una ragazza

24 Dicembre 2022 - 09:35 Giovanni Ruggiero
Il ragazzo al volante avrebbe perso il controllo del veicolo fino a schiantarsi contro un muro

Due 25enni sono morti a Mestre nel Veneziano dopo che l’auto su cui erano a bordo si è schiantata contro un muro. Feriti il conducente e una ragazza, trasferiti entrambi in ospedale. Inutili i soccorsi dei viili del fuoco, che erano riusciti a estrarre vivo uno dei ragazzi più gravi, morto subito dopo l’intervento degli operatori sanitari. L’altra vittima invece sarebbe morta sul colpo. L’incidente è avvenuto all’alba, quando l’auto con a bordo i ragazzi passava all’altezza del sovrappasso pedonale di via della Libertà a Mestre, ma il conducente avrebbe perso il controllo dei veicolo finendo contro il muro. Secondo una prima ricostruzione, l’auto viaggiava da Venezia in direzione Mestre, quando lungo un rettilineo ha improvvisamente sbandato a destra, lato su cui si trovavano le due vittime.

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CULTURA & SPETTACOLOLombardiaMilanoPropagandaRussiaTatuaggiTeatroVladimir Putin

Verso lo stop dello spettacolo di Sergei Polunin a Milano, chi è il ballerino russo con il tatuaggio di Putin sul petto

24 Dicembre 2022 - 08:55 Antonio Di Noto
Lo spettacolo è atteso al teatro Arcimboldi di Milano dal 2019, ma è stato più volte rinviato per via del Covid e di infortuni del ballerino

Ai più è noto come il ballerino di Take me to Church, brano dell’artista pop Hozier che su YouTube conta 30 milioni di visualizzazioni. Ma per chi segue la scena, Sergei Polunin è molto di più. C’è chi lo considera il più grande danzatore vivente, spiega il Corriere della Sera, paragonandolo a Nurejev e Barishnikov, ma raramente mancano gli aggettivi «controverso», «iconoclasta», «autodistruttivo», e «punk». Polunin, infatti, ha definito il presidente russo Vladimir Putin «la mia luce». Un’ammirazione a parole che si è tradotta in fatti con i tatuaggi del volto dello zar che gli campeggiano sul petto. Assieme a Putin, poco più in basso, c’è il «sole nero», la runa che Heinrich Himmler, la mente dietro l’Olocausto, ha usato per i pavimenti del proprio palazzo. Polunin sta cancellando i tatuaggi con il laser. «Voglio essere pulito», ha dichiarato. Ma ci vorrà ancora un paio d’anni. Quello che non si può cancellare sono le sue dichiarazioni controverse. Negli anni, Polunin ha detto che «i ciccioni» vanno «schiaffeggiati» e che le donne «sono fuori controllo perché non le scopa più nessuno». Difficile stupirsi se quando è stato chiamato per due serate al teatro degli Arcimboldi di Milano – il 28 e il 29 gennaio – è partita la mobilitazione per farle annullare.

Lo spettacolo a rischio

Dovrebbe interpretare lo spettacolo Rasputin Dance Drama. «Ma stiamo considerando di cancellare», ammette il direttore Gianmario Longoni. A confermarlo anche un post sul profilo Instagram ufficiale del teatro: «Pur credendo nella libertà di espressione e nell’apoliticità dell’arte, la direzione del Teatro Arcimboldi di Milano in questi giorni sta lavorando alla sospensione delle repliche del balletto Rasputin – Dance drama, con il danzatore Sergei Polunin, annunciato in cartellone dal dicembre 2019». Sotto il post, non si contano i messaggi di protesta. Ma anche di chi lo difende: «Basta che faccia bene il proprio lavoro». Pochi giorni fa il direttore del teatro aveva rifiutato l’ipotesi di un annullamento: «Lo spettacolo era programmato dal 2019, poi è stato spostato più volte», anche a causa di infortuni del ballerino. «Ma ora abbiamo una sala di biglietti venduti, e per rispetto di chi li ha comprati confermeremmo. Anche il cachet di Polunin è già stato versato, sarebbe un disastro abdicare», ha spiegato Longoni.

L’anti Bolle

Sergei Polunin è nato a Cherson, nel cuore dell’Ucraina invasa dai russi. Ma da anni si è schierato a favore di Putin. Vive tra Mosca e Belgrado ed sposato con la l’olimpionica russa di danza su ghiaccio Elena Il’inych. Artisticamente, racconta Il Giorno, è cresciuto al Royal Ballet di Londra. C’è chi lo paragona a Roberto Bolle, l’altro grande nome del balletto di questi anni. Ma i due sono molto diversi, uno è visto come un angelo, l’altro come un diavolo. Polunin è un danseur noble, perfetto per interpretare il principe ne Il Lago dei Cigni.

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CULTURA & SPETTACOLOFiorelloLazioMusicaRaiRomaTvViva Rai2!

Scoppia la guerra dei residenti contro Fiorello, lo show senza pace: «Musica alle 6.30: non si dorme più»

24 Dicembre 2022 - 08:28 Giovanni Ruggiero
Troppo rumore all'alba per i residenti di via Asiago nel quartiere Prati a Roma da quando è iniziato il programma di Fiorello

Non c’è pace per lo show mattutino di Fiorello che, dopo le proteste dei giornalisti del Tg1 che lo avevano costretto a trasferirsi su Rai2, ora deve vedersela anche con i residenti inviperiti del quartiere Prati di Roma. Contro Viva Rai2! sarebbe in corso una protesta di chi abita in via Asiago e dintorni, come riporta l’edizione romana di Repubblica, per gli schiamazzi che sin dalle prime ore del giorno ormai da due settimane fanno da sveglia indesiderata. A infuocare la polemica è stato un post sulla pagina Facebook «Partito Roma Nord», che ha raccolto le diverse segnalazioni dei residenti esasperati. «Dalle 6.30 non si dorme più in via Asiago e via Montello, per il caos creato dalla trasmissione di Fiorello – recita il post – Gli abitanti sono inferociti e hanno ragione. Non si capisce infatti perché la Rai, che ha tanti centri di produzione televisivi, si permetta di chiudere una via e togliere il sonno a chi ci abita. Dicci che ne pensi». E il fiume di commenti che ne segue è inevitabilmente in linea col post. «Non so quanto si potrà resistere ancora – dice a Repubblica il signor Giovanni che abita in zona – Va bene le risate ma abbiamo bisogno di dormire. Qualche giorno fa ho aperto la finestra e ho visto Raf mentre cantava sotto casa mia. Mi piace, ma guarda te se devo cominciare a non sopportarlo perché non mi fa dormire». Tra i commenti più inferociti c’è anche quello di Paolo che se la prende pure con lo studio di Fiorello, che non sarebbe in regola: «Oscura il cartello che impone la svolta a destra, ed è a a due metri dall’incrocio, una automobile sarebbe multata. In una città due strisce e attraversamenti pedonali terminano davanti a un dissuasore di parcheggio vale tutto». Non manca chi sostiene lo show e invita Fiorello a trasferirsi, stavolta fisicamente, in un’altra zona della città, come alcuni fan di Roma Sud, pronti ad accoglierlo.

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ESTERIArmiGermaniaGiovaniInchiesteOmicidiSparatorie

Il giallo sulla morte di Christian e Sandra uccisi dallo zio di lei in Germania: la nipote seppellita in giardino, finiti a colpi di pistola

24 Dicembre 2022 - 08:12 Redazione
L'uomo ha indicato il luogo in cui era sepolta la ragazza, per poi chiudersi nel silenzio. Ancora da chiarire il movente del duplice omicidio

È ancora giallo sull’omicidio di due italiani residenti in Germania, Christian Zoda, 23 anni, e Sandra Quarta, ventenne. I sono stati uccisi a colpi di pistola ad Albstadt, un cittadina 100 chilometri a sud di Stoccarda. C’è un presunto colpevole, lo zio di Sandra, ma manca ancora un movente. La polizia sta indagando per capire per quale motivo il corpo senza vita della giovane sia finito nel giardino dello zio sotto diversi metri di terra. Lei di origini pugliesi, lui siciliane. I due erano inseparabili, riporta il Corriere della Sera, amici fin da bambini, entrambi figli di immigrati italiani. Quando le forze dell’ordine hanno raggiunto lo zio, tutto ciò che ha fatto è stato indicare dov’era seppellito il corpo di Sandra, prima di chiudersi nel silenzio. L’uomo ha dei piccoli precedenti, ma nulla che potesse far pensare a un omicidio. Da quando è scoppiato il caso non si contano i messaggi dei familiari dei due, che sono profondamente scossi. «Fai buon viaggio amore mio, ti amo immensamente», ha scritto la sorella di Christian, Noemi, sui social. La cugina del ragazzo, non ricorda di aver mai sentito nominare lo zio di Sandra: «Christian era legatissimo a Sandra», racconta la ragazza, Lilly Cannarozzo, che mercoledì sarà in Germania per partecipare ai funerali. «Era generoso, gli piaceva divertirsi, amava lo sport, aveva mille amici». Anche la madre di Christian si interroga su Michele Quarta: «Mio figlio non me lo aveva mai nominato», dichiara. «Non riesco a spiegarmi cosa sia accaduto, ma voglio la verità», aggiunge.

L’omicidio di Christian

La storia ha inizio domenica scorsa. Tutti aspettavano che Sandra andasse a lavoro, ma nessuno sa dov’è. Christian scrive un post su Facebook: «Sandra è scomparsa lasciando a casa borsa, scarpe, giacca, occhiali, e cellulare. Aiutatemi a trovarla». Nel piccolo comune tedesco partono le ricerche, persino con cani poliziotto ed elicotteri, ma di Sandra non c’è traccia, e Christian non si dà pace. I giorni passano e arriva mercoledì. Christian esce dalla pizzeria del padre, dove lavora assieme alle due sorelle, Valeria e Noemi. I tre sono legatissimi, tanto che in famiglia sono noti, scherzosamente, come «i gemellini». Fuori dal locale un uomo gli si avvicina, e tirata fuori una pistola gli spara alle spalle. Christian cade, e l’assassino ha l’occasione perfetta per finire quello che aveva cominciato. Dopo i primi tre colpi gli scarica il caricatore addosso. Poi fugge. Christian viene portato in ospedale, ma per lui non c’è nulla da fare, e poche ore dopo muore.

Le indagini portano allo zio di Sandra

Partono le indagini, e i testimoni della scena, avvenuta in pieno centro, non mancano. Tutti gli indizi portano a Michele Quarta, lo zio di Sandra 52enne, anche lui emigrato in Germania per raggiungere il fratello, il padre di Sandra. L’uomo viene arrestato. Quando la polizia lo raggiunge, si trova in casa, un appartamento in un palazzo dove viveva anche la nipote, a 300 metri dal luogo del delitto. Con sé ha ancora la pistola. Non proferisce parola, se non per dire che il corpo di Sandra è seppellito in giardino, dove la polizia lo trova sotto pochi metri di terra. L’autopsia conferma che anche lei è stata uccisa a colpi di arma da fuoco. La polizia è ora al lavoro per ricostruire i motivi del duplice delitto. I due erano molto noti nella cittadina di 45 mila abitanti. Dove Christian è stato ucciso, sono già comparsi i mazzi di fiori.

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Draghi, la nuova vita da nonno: «Volevo restare, ma non l’hanno consentito. Meloni sui ritardi nel Pnrr? Ce la farà comunque»

24 Dicembre 2022 - 07:30 Giovanni Ruggiero
L'ex premier si chiama fuori da possibili impegni istituzionali in Italia o all'estero, almeno per ora. E per la prima volta commenta gli ultimi giorni del suo governo, prima della crisi

Da «nonno al servizio delle istituzioni», Mario Draghi oggi si accontenta di esserlo per i suoi quattro nipoti e non sembra aver alcuna intenzione, almeno per ora, di tornare a disposizione per incarichi istituzionali. Intervistato da Antonio Polito sul Corriere della Sera, l’ex premier dice di volersi godere «il diritto dei nonni di poter scegliere cosa fare. Anche per questo – ha aggiunto – ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero». Per la prima volta Draghi torna sui motivi che hanno fatto cadere il suo governo, provando a scacciare le teorie secondo cui fosse stato lui a staccare la spina al governo perché ormai stufo: «Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessioni che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati». Draghi dice che sarebbe «rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito». La caduta semmai è arrivata da condizioni esterne all’esecutivo: «Il governo si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza. Non avevo dunque un mio partito o una mia base parlamentare. A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura».

I consigli a Meloni

Sul governo guidato da Giorgia Meloni, Draghi non si sbilancia, per quanto qualche velata polemica tra i due non è mancata ad esempio sui presunti ritardi nella progettazione del Pnrr. L’ex premier evita commenti, «soprattutto dopo così poco tempo», ma per l’attuale presidente del Consiglio riserva ancora qualche consiglio: «Giorgia Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale. Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia. Mantenere saldo l’ancoraggio all’Europa è il modo migliore per moltiplicare il nostro peso internazionale. Penso anche che si debba sempre mantenere aperto il confronto con le parti sociali, con gli enti territoriali, con il terzo settore. Un confronto ispirato al dialogo, all’ascolto, alla disponibilità».

L’eredità dei ritardi sul Recovery plan

E anche sulle polemiche per i ritardi ereditati dal nuovo governo, Draghi evita lo scontro con qualche puntualizzazione: «Abbiamo rispettato tutti gli obiettivi dei primi due semestri, come ha certificato la Commissione europea. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale – spiega l’ex premier – Mi avrebbe fatto piacere completare il lavoro che avevamo portato avanti, e qui mi riferisco in particolare agli obiettivi del secondo semestre di quest’anno: ne abbiamo raggiunti circa metà nel tempo che ci è stato dato. I rimanenti obiettivi sarebbero certamente stati raggiunti prima della fine di questo semestre, come è avvenuto nei due semestri precedenti. Credo che il governo attuale sia altrettanto impegnato, e non ho motivo di dubitare che raggiungerà tutti gli obiettivi previsti e necessari per la riscossione della terza rata».

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Manovra, via libera alla Camera dopo la maratona notturna: rush finale al Senato il 27 dicembre – Il video

24 Dicembre 2022 - 06:55 Redazione
Natale salvo per i deputati che riescono a chiudere solo all'alba il testo definitivo della legge di Bilancio

Passa alla Camera la manovra rivista e corretta dopo l’intervento della Ragioneria dello Stato sulle mancate coperture. Nel voto finale, il testo è passato con 197 favorevoli, 129 contrari e 2 astenuti. Già ieri sera, 23 dicembre, il governo aveva incassato la prima fiducia sul maxi-emendamento con 221 sì, 152 no e 4 astenuti, con l’aula passata poi a discutere e votare gli altri emendamenti e 230 ordini del giorno depositati. E infine all’alba il voto sulla Nota di variazione al bilancio passata dal Cdm sempre ieri in tarda serata. Natale salvo per i deputati, con la manovra che ora passa al Senato il 27 dicembre, per essere approvata non oltre il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio. «Ne abbiamo viste di tutti i colori… ma l’importante è atterrare» ha commentato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti davanti alle proteste dell’opposizione per una serie di errori emersi nel testo della manovra durante le votazioni. Tra questi l’ultimo che ha riguardato le tabelle allegate alla manovra, per cui il governo ha preparato due nuovi emendamenti votati in serata, dopo il primo voto di fiducia. Il primo emendamento era meramente tecnico e contabile e serviva all’allineamento delle coperture. Il secondo assegnava 20 milioni di euro per l’acquisto da parte dello Stato di Villa Verdi, oltre a 400mila euro per contenere la peste suina in Piemonte.

Video Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

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Caos in Aula, termine sui subemendamenti comunicato via fax. Protesta l’opposizione: «Ma dove si è mai visto?» – Il video

24 Dicembre 2022 - 00:21 Redazione
La replica di Marco Grimaldi dell'Alleanza Verdi-Sinistra: «Volevate togliere il Pos, volete togliere lo Spid e mandate le cose via fax. Non si è mai vista una cosa così»

Caos in Aula tra i banchi dell’opposizione durante il via libera notturno della Manovra targata Giorgia Meloni. Alla domanda posta da Luigi Marattin, di Azione-Italia Viva, relativa al modo attraverso cui è stato comunicato il termine ultimo per presentare i subemendamenti, è intervenuto il vicepresidente della Camera Giorgiò Mulé che ha confermato di aver trasmesso la notizia «questo pomeriggio dalle 17.30 alle 18.30» e «via fax». Risposta, quella di Mulé, che ha creato turbamenti tra i banchi dell’opposizione. «Via fax? – ribadisce Marattin – Ancora il Fax usate? No, ma questa è bellissima». A rincarare la dose è intervenuto poi Marco Grimaldi dell’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana, che ha sottolineato come «una cosa così, non si era mai vista». E poi ancora: «Volevate togliere il Pos, volete togliere lo Spid e mandate le cose via Fax, ma dove si è mai visto? Non si è mai vista una cosa del genere», ha concluso.

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