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Hasib Omerovic, le foto della tortura: i segni dei cavi elettrici sui polsi negli scatti dell’agente sotto accusa

23 Dicembre 2022 - 07:40 Redazione
Andrea Pellegrini ha scattato dieci foto durante l'intervento a Primavalle. Il Gip le ha usate per confermare l'accusa

Nel corso dei 15 minuti in cui il 15 luglio 2022 è rimasto in casa di Hasib Omerovic con i colleghi il poliziotto Andrea Pellegrini ha scattato 10 foto. Sei scatti riprendono il cittadino di etnia rom durante l’identificazione nell’appartamento di via Gerolamo Aleandro a Primavalle. E secondo l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Enzo Damizia costituiscono l’elemento di prova per contestare all’agente il reato di tortura. Nel primo scatto Hasib mostra agli agenti il documento di identità. E non ha segni sui polsi. Nella seconda Omerovic è seduto in un’altra stanza. E lì, sul polso sinistro, compare un’escoriazione.

Il cavo elettrico del ventilatore

La relazione su questi segni, racconta oggi il Corriere della Sera, evidenzia secondo l’ordinanza «sulla superficie superiore dell’avambraccio sinistro un’area discromica iperemica… sfumate impronte che potrebbero verosimilmente essere ricondotte a dei “solchi” a decorso trasversale che permettono di ipotizzare una possibile compatibilità con un laccio o un filo o una corda». Secondo l’accusa si tratta delle conseguenze del cavo elettrico di un ventilatore con cui Pellegrini, come raccontato dal collega Fabrizio Ferrari, lega i polsi di Omerovic a una sedia mentre lo minaccia con un coltello e gli urla «Non farlo più».

Foto da: Il Messaggero, 23 dicembre 2022

Le stesse foto sono state mostrate da Pellegrini ai familiari di Omerovic per convincerli che non fosse stata usata violenza nei confronti del 36enne. Il poliziotto ha anche sostenuto che gli scatti fossero agli atti della relazione sui fatti. Una circostanza falsa. Pellegrini ha anche sostenuto che il video girato all’interno dell’appartamento li scagionasse da ogni accusa nel caso. Lui e i colleghi sono sotto indagine anche per falso e depistaggio.

Foto da: La Repubblica, 23 dicembre 2022

Foto copertina da: Ansa

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ATTUALITÀInchiesteLazioNeedle spikingRoma

Livia Cascarano: chi è l’attrice che ha denunciato un caso di needle spiking a Roma

23 Dicembre 2022 - 06:33 Redazione
Si è fatta visitare all'ospedale Spallanzani. Ha effettuato anche i test per Hiv ed epatite

Si chiama Livia Cascarano ed è un’attrice di cinema e teatro la donna che ha denunciato un presunto caso di needle-spiking in centro a Roma. Cascarano ha anche immortalato in un video la persona che l’avrebbe punta con un ago. Ai carabinieri di San Lorenzo in Lucina lo ha descritto come «un uomo rasato e con una cresta a spazzola che indossa uno smanicato nero su una felpa beige e un pantalone chiaro». L’aggressione è avvenuta martedì mattina in via Brunetti, quando Cascarano era con la sua bicicletta: «Mi sono abbassata per togliere la catena e mi si è alzata la giacca sulla schiena. All’improvviso ho sentito una puntura. Non so cosa fosse esattamente, forse una piccola siringa ma sono certa che fosse un ago. Ho alzato lo sguardo e ho visto un uomo allonarsi». L’attrice, madre di due bimbi, si è fatta visitare all’ospedale Spallanzani. E ha effettuato i test dell’Hiv e dell’epatite. La dinamica coincide con quella degli episodi analoghi denunciati in Spagna e Francia. In un’intervista rilasciata all’edizione romana di Repubblica Cascarano racconta di aver seguito l’uomo dopo la puntura: «Mentre camminava, ad esempio, ha aperto uno sportello di una cabina della luce. Da via Fontanelle poi è arrivato a via del Babbuino. Dopo è entrato e uscito dal bar Canova. A quel punto ho pensato che poteva fare del male a qualcun altro e ho iniziato a riprenderlo con il cellulare, però mi tremava la mano». Ma precisa: «Non ho avuto alcun malore. In ospedale non hanno voluto farmi un prelievo di sangue perché mi hanno trovata in buone condizioni. Era appena passata un’ora». E intanto lancia un appello «ai commercianti della zona perché conservino le immagini delle loro telecamere di sicurezza. Magari da quei frame si può risalire a cosa ha fatto quell’uomo».

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POLITICAEmendamentiGoverno MeloniLegge di bilancioVoto di fiducia

La manovra con 44 buchi intorno: tutte le correzioni chieste dalla Ragioneria dello Stato alla Legge di Bilancio

Il dossier dei tecnici: mancano coperture per i provvedimenti. Gli errori sul reddito e su 18app. Il dg del Tesoro nel mirino

Una manovra con 44 buchi intorno. In un documento lungo 18 pagine la Ragioneria dello Stato ha fatto a pezzi la Legge di Bilancio del governo Meloni. Segnalando la necessità di correggerne ben 44 punti «al fine di evitare oneri privi di copertura finanziaria». Il primo rilievo ha riguardato l’ormai famigerata norma sui 450 milioni ai comuni, approvata per errore in Commissione Bilancio alla Camera. Ma sotto la lente dei tecnici è finita anche la nuova 18app, ovvero il suo sdoppiamento in Carta Cultura e Carta Merito. E lo smart working, ovvero la proroga al 31 marzo per i dipendenti pubblici. Nel primo caso sotto la lente di ingrandimento è finita la modalità con cui sono scritte le coperture per il 2023, mentre nel secondo caso i dubbi riguardano il mondo della scuola e la sostituzione del personale scolastico a cui è concesso il lavoro agile.

La partita Rgs-governo Meloni

Secondo la Ragioneria ci sarebbero problemi anche sulla convenzione con Radio radicale che sarebbe coperta solo per il 2023. E sulla tassa di soggiorno a 10 euro per i comuni turistici. Mentre è saltato il fondo da 10 milioni di euro per il piano oncologico. Ma non c’è solo questo. Perché ci sarebbero problemi anche sull’emendamento che riguarda l’offerta “congrua” per il reddito di cittadinanza. O meglio: la norma suggerita dal leader di Noi Moderati Maurizio Lupi effettivamente cancella il riferimento alla congruità dell’offerta contenuto nella legge. Ma così facendo rimanda al decreto legislativo che istituisce il sussidio. Dove si definiscono le caratteristiche che l’offerta di lavoro deve avere per essere accettata. Ovvero la distanza dal luogo di lavoro, la retribuzione, la coerenza con le competenze del soggetto. E quindi così la “congruità” uscita dalla porta rientra dalla finestra. A sancirlo è stato ieri l’Ufficio Bilancio della Camera: «Non viene comunque eliminato il rinvio all’articolo 4, comma 8, lettera b), n.5», si legge nel dossier dei tecnici anticipato da Repubblica.

Un’approvazione complicata

Ma ormai il dado è tratto. L’aula della Camera voterà la questione di fiducia posta dal governo alla legge di Bilancio stasera alle ore 20.30. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle ore 19. Dopo il voto su tabelle e ordini del giorno il governo si riunirà per la nota di variazioni al bilancio. Il voto finale al provvedimento è previsto verso le 6 del mattino di domani, vigilia di Natale. La manovra sarà poi inviata al Senato per l’ultimo, definitivo passaggio parlamentare. E le correzioni chieste dalla Rgs? Per quanto riguarda 18app il governo va verso il rinvio dello sdoppiamento delle carte a partire dal 2024. Per il reddito l’idea prevalente è quella di cambiare il decreto legislativo all’inizio del 2023. O forse nel decreto complessivo sul mondo del lavoro annunciato ieri dal sottosegretario Claudio Durigon.

Cosa vuole la Ragioneria

In tutto la Rgs ha poi chiesto di «riformulare» 22 articoli. Per escludere «effetti negativi sui saldi di finanza pubblica». Intendendo che erano scritti in modo tale da lasciare spazio a possibili spese non previste. Per esempio le detrazioni sull’efficienza energetica e sulle ristrutturazioni edilizie. O i fondi destinati al Consiglio nazionale Giovani. Problemi anche per la commissione sul Pos varata dal governo dopo che è saltata la norma sui 60 euro per i bancomat. La Stampa rivela che «al fine di evitare oneri privi di copertura» la Ragioneria ha chiesto di specificare che «ai componenti del tavolo permanente non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati». E ancora: la norma sul bonus psicologo «non è correttamente formulata sul piano tecnico».

Il dg del Tesoro nel mirino

Manca l’incremento del fabbisogno sanitario e bisogna acquisire la relazione tecnica. E deve essere chiarito ancora che «il contributo è stabilito nel limite massimo di 1.500 euro a persona a decorrere dall’anno 2023. E nel limite complessivo di 5 milioni di euro per il 2023 e 8 milioni di euro a decorrere dal 2024». Intanto La Stampa racconta un retroscena che riguarda proprio i rilievi della Ragioneria. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia, è andato all’attacco del Tesoro: «Qualcosa non ha funzionato. Mi risulta che nessun tecnico della Ragioneria fosse presente in diversi momenti dell’esame in commissione. Prenderemo provvedimenti». La frase minacciosa prelude a un cambio della guardia in via XX Settembre? «La presidente del Consiglio Meloni tornerà alla carica con Giorgetti per chiedergli di sostituire il direttore generale del Mef Alessandro Rivera», sostiene con il quotidiano un parlamentare della maggioranza che vuole rimanere anonimo.

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SPORTCalcioDopingSinisa MihajlovicTumori

Guariniello, la morte di Mihajlovic e le malattie legate alle cure dei calciatori: «Sul doping siamo indietro di 30 anni»

23 Dicembre 2022 - 04:22 Redazione
L'ex procuratore di Torino all'attacco: 4 processi in tre anni, nessuno indaga più

Il senatore di Forza Italia e presidente della S.S. Lazio Claudio Lotito ha parlato di malattie legate alle cure dei calciatori in occasione della morte di Sinisa Mihajlovic per una leucemia mieloide acuta. Lotito ha anche parlato dei vaccini e dei loro effetti collaterali, anche se sia l’ex allenatore del Bologna che Gianluca Vialli si sono ammalati prima della pandemia. Le parole di Lotito hanno fatto breccia negli ambienti No vax. Oggi Raffaele Guariniello, ex procuratore di Torino, parla delle sue indagini della fine degli Anni Novanta sull’abuso di farmaci nel calcio, oggi in un’intervista a il Fatto Quotidiano parla dell’argomento. Suggerendo prima di tutto «cautela a tutti prima di parlare. In questo momento sarebbe indelicato e soprattutto completamente inutile. Fermarsi al caso singolo non serve, il fenomeno va studiato nel suo insieme a livello epidemiologico».

L’abuso di farmaci

Guariniello ha indagato nel caso di Bruno Beatrice. Il calciatore si ammalò nel 1985 per una leucemia linfoblastica acuta. Secondo la vedova nel 1976 aveva trattato una pubalgia cronica con radioterapia a base di raggi X. Anche altri suoi compagni di squadra nella Fiorentina morirono prematuramente. L’indagine, trasferita per competenza a Firenze, venne archiviata per prescrizione. Guariniello ha indagato anche sull’abuso di farmaci nella Juventus nel 1998. Il processo finì con l’assoluzione del medico sociale Riccardo Agricola e dell’amministratore delegato Antonio Giraudo per l’accusa sull’uso di eritropoietina (Epo). La Cassazione invece annullò l’assoluzione sull’uso di altri farmaci della Corte d’Appello. Ma la prescrizione fermò la celebrazione di un nuovo processo. «Commissionammo all’Iss (Istituto Superiore di Sanità, ndr) un’estesa indagine epidemiologica su centinaia di casi. Ci consentì di individuare un’anomala eccedenza di morti premature tra gli ex calciatori. Fu il risultato di un lavoro lungo e meticoloso», racconta oggi a Stefano Caselli.

«Di doping non si sa nulla»

Ma per Guariniello oggi di doping si sa poco o nulla: «Sa quanti processi per doping sono arrivati fino in Cassazione dal 2019 al 2022? Quattro, tre dei quali a livello di sport amatoriale. Significa che su questo tema siamo tornati indietro di 30 anni, a quando si faceva molto poco». E questo perché «la giustizia penale in tema di doping – e aggiungo in tema di sicurezza sul lavoro – non fa più paura a nessuno. Pochi processi, piccoli, locali. Un fenomeno così complesso va affrontato nel suo complesso e deve essere anche aggiornato. I nostri studi sulla Sla sono ormai datati». Per Guariniello bisognerebbe istituire una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro e sul doping. E lasciare al pm la possibilità di cercare notizie di reato: «Senza non si va da nessuna parte. Ma da tempo questi principi non godono di ottima salute».

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POLITICAAnimaliCinghialiEmendamentiFdIFrancesco LollobrigidaGoverno MeloniLegge di bilancio

Manovra, Lollobrigida sulla norma abbatti cinghiali: «Nessun far west nelle città. Provvedimento necessario per la sicurezza di tutti»

22 Dicembre 2022 - 23:58 Redazione
Discusso in aula e contestato dalle opposizioni, l'emendamento di FdI è stato approvato in Aula alla Camera. «Nulla a che vedere con la caccia»

«Solo un provvedimento necessario, nessun far west nelle città». Il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare del governo Meloni, Francesco Lollobrigida torna a parlare della norma abbatti- cinghiali. Al termine di un esame non poco turbolento, l’emendamento sull’abbattimento degli animali selvatici in città, proposta da FdI, è rimasto nella manovra di bilancio, con le opposizioni che dopo averla contestata in commissione Bilancio, hanno tentato anche in Aula alla Camera di farla dichiarare inammissibile senza però avere successo. Il ministro Lollobrigida in diretta su Facebook si è espresso in difesa della norma approvata dalla Camera nella giornata di oggi, 22 dicembre, spiegando che «quello sui cinghiali è un provvedimento necessario a tutela dell’ambiente della salute e dell’economia». La proposta approvata include anche l’adozione di un Piano straordinario quinquennale attuabile «mediante abbattimento e cattura»: il contenimento verrà attuato anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane. Denunciando «il rischio di safari urbano», i Verdi sono quelli che più hanno cercato di bloccare la norma in Aula, ma anche Pd e M5s hanno avanzato la richiesta, respinta dalla presidenza di Montecitorio. In risposta alle polemiche, Lollobrigida ha continuato nella difesa del provvedimento: «La caccia in questa vicenda non c’entra niente, e non porta al far west nelle città, si tratta di una selezione che viene effettuata come ultima soluzione se tutte le altre soluzioni individuate non fossero sufficienti ad arginare i problemi». E ancora: «Lo dico contro le bufale di qualcuno create per gettare una cortina fumogena su altre vicende. Non si tratta di un favore a lobby o gruppi di interesse, della caccia o delle armi, ma di un atto necessario per ristabilire l’equilibrio del rapporto uomo-animale». La misura coinvolgerà anche guardie venatorie e agenti dei corpi di polizia locale, «con l’eventuale supporto, in termini tecnici e di coordinamento, del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma dei carabinieri». In buona sostanza con regolare licenza e un corso di formazione, i cacciatori potranno partecipare ai piani di controllo della fauna selvatica sotto il coordinamento dei corpi di polizia regionale o provinciale, autorizzati a eliminare cinghiali o altre specie in nome della sicurezza stradale e della pubblica incolumità.

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ATTUALITÀAbruzzoCarcereFemminicidiInchiesteSuicidiViolenza sulle donne

Femminicidio a Chieti, suicida in carcere l’assassino di Eliana Maiori Caratella

22 Dicembre 2022 - 22:44 Redazione
Lo scorso 19 dicembre Giovanni Carbone, originario di Matera, aveva ucciso la compagna con un colpo di pistola al viso e si era poi costituito ai carabinieri

Lo scorso 19 dicembre aveva ucciso a Miglianico, in provincia di Chieti, la compagna Eliana Maiori Caratella, 41 anni. Oggi Giovanni Carbone si è suicidato nel carcere di Lanciano dove era stato portato a seguito della sua confessione. A confermarlo sono state fonti sanitarie e carcerarie. L’uomo originario di Matera ha ucciso Maiori con un colpo di pistola al viso e si è poi costituito ai carabinieri. Il suo fermo era stato convalidato proprio nella giornata di oggi, 22 dicembre, dal gip del Tribunale di Chieti, Luca De Ninis. Residente a Montesilvano, l’uomo aveva conosciuto la vittima da due anni. La coppia si era trasferita da poco nella casa di via Antonelli a Miglianico insieme ai 2 figli piccoli di lei, nati da un precedente matrimonio. Poche ore fa il 39enne raggiunto in carcere a Lanciano dal difensore di fiducia, l’avvocato Franca Zuccarini, nell’udienza di convalida avvenuta in video conferenza con il Gip, aveva dato la sua versione su quanto accaduto il mattino del 19 dicembre. «L’ho uccisa per liberare entrambi da questa sofferenza, non ce la facevamo più a sopportare questa situazione», aveva detto, «ho sbagliato, io la dovevo prendere e ce ne dovevamo andare, per vivere la nostra vita altrove». Secondo la ricostruzione dei fatti, Carbone aveva pensato di uccidere la compagna e farla finita a sua volta, un omicidio-suicidio che, secondo il 39enne, avrebbe liberato i due dalla situazione di conflittualità che la donna aveva con l’ex marito, fra reciproche denunce e tensioni. Ma dopo aver ucciso la donna con un colpo di pistola alla testa, Giovanni Carbone non ha trovato il coraggio per compiere il gesto su se stesso. Ora, dopo la conferma del fermo, la notizia del suicidio. Nella confessione Carbone aveva anche raccontato di aver acquistato la pistola, la cui detenzione ha fatto scattare l’aggravante, per difesa personale e non per commettere l’omicidio, e che non aveva intenzione di fuggire. «Ho preparato un paio di bagagli perchè sapevo che una volta costituito mi avrebbero arrestato e non sarei più tornato a casa».

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Natale al gelo in Usa e Canada: oltre 2mila voli cancellati per la tempesta artica Elliot

22 Dicembre 2022 - 21:56 Redazione
I governatori di Kentucky, North Carolina, Georgia e Oklahoma dichiarano lo stato d'emergenza. Paura anche per i più di 100 milioni di cittadini che si sposteranno in auto

Una potente tempesta artica si sta facendo strada attraverso gli Stati Uniti e parti del Canada portando con sé temperature gelide e causando ritardi e cancellazioni di voli e treni in uno dei periodo più trafficati dell’anno per le feste alle porte. Mentre più di 100 milioni di persone negli Usa sono sotto allerta meteo, i governatori di Kentucky, North Carolina, Georgia e Oklahoma hanno dichiarato lo stato di emergenza. Altri stati, come il Maryland, hanno attivato operazioni di risposta alle emergenze in previsione dell’arrivo della tempesta, mentre in Colorado, il Denver Coliseum, un’arena al coperto, è stato trasformata in un centro di riscaldamento. Poche ore fa il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che la sua amministrazione si è messa in contatto con i governatori di 26 Stati colpiti dal clima glaciale e che il governo federale è pronto a offrire aiuto laddove necessario. L’invito di Biden rivolto ai cittadini è stato anche quello di evitare di viaggiare soprattutto nei prossimi giorni in cui le previsioni annunciano un peggioramento delle condizioni climatiche. «Per favore, prendete questa tempesta estremamente sul serio», ha pregato il presidente. I meteorologi intanto affermano che Elliot, questo il nome dato all’ondata artica, potrebbe far vivere agli americani il Natale più freddo degli ultimi decenni: «Entro la fine di questa settimana in alcune parti del paese sono possibili temperature da brivido di -50 gradi», fa sapere il National Weather Service. Il rischio annunciato dagli esperti è che entro la giornata di venerdì 23 dicembre questa tempesta invernale possa diventare un cosiddetto “ciclone bomba“, termine non scientifico utilizzato per un certo tipo di tempesta molto potente e in rapido rafforzamento. Il timore è anche per la regione dei Grandi Laghi, dove si prevede che la pressione della tempesta possa raggiungere l’equivalente di un uragano di categoria 3.

Più di 2.200 voli cancellati. Paura per 102 milioni di persone in auto

Per quanto riguarda i disagi finora registrati, la tempesta sta portando con sé anche frequenti nevicate e forti venti che hanno causato danni e interruzioni di corrente soprattutto nel Midwest e in Canada. Nel caos più totale poi i principali aeroporti che hanno già cancellato molti voli in previsione del mal tempo. La Transportation Security Administration ha dichiarato di aspettarsi che la quantità dei viaggi durante le vacanze natalizie sia vicino ai livelli pre-pandemia. Ma secondo il monitoraggio di FlightAware i voli finora annullati negli Stati Uniti sono più di 2.200. In previsione di ulteriori interruzioni del viaggio, le principali compagnie aeree tra cui United, Delta e American Airlines si sono offerte di rinunciare alle tasse per i viaggiatori che desiderano riprogrammare i loro voli. Timori anche per i viaggi su strada, dove giacchio e neve potrebbero creare non pochi rischi. Le strade lungo il confine tra Colorado e Wyoming sono state chiuse nella giornata di mercoledì 21 dicembre a causa della visibilità quasi nulla. mentre nel South Dakota, più di 100 auto sono rimaste bloccate, invocando operazioni di soccorso. L’American Automobile Association ha stimato che più di 112 milioni di persone viaggeranno per 50 miglia (80 km) o più da casa tra il 23 dicembre e il 2 gennaio, la stragrande maggioranza di questi, circa 102 milioni si sposterà proprio in auto. «Abbiamo trascorso una fantastica settimana del Ringraziamento con interruzioni minime», ha detto il segretario ai trasporti degli Stati Uniti Pete Buttigieg al canale MSNBC, «sfortunatamente non sarà così prima di Natale».

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POLITICACamera dei deputatiGoverno MeloniLegge di bilancioVoto di fiducia

Manovra, il governo pone la fiducia alla Camera. Il voto in Aula domani sera alle 20.30

22 Dicembre 2022 - 21:51 Felice Florio
Tempi contingentati per la discussione: le dichiarazioni di voto previste per le 19 di venerdì. Stralciata la norma salva-Comuni

Il voto in aula sulla fiducia che il governo ha posto sulla manovra economica avrà inizio venerdì sera, 23 dicembre, alle 20:30. È quanto ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio che ha stabilito alle ore 19 le dichiarazioni di voto. Sono state 44 le correzioni complessive della Ragioneria di Stato, tra cui lo stralcio della norma salva-Comuni. È stata infatti tolta la misura che prevedeva lo stanziamento di 450 milioni di euro destinati ai Comuni, a seguito dei rilievi della Rgs. Sono state votate anche le altre modifiche chieste sempre dalla Ragioneria, comprese quelle sulla Carta giovani-cultura e lo smart working.

Il presidio M5S ad Aula chiusa

Dopo che nella sera del 22 dicembre, l’esecutivo ha posto la questione di fiducia e ad Aula chiusa, un presidio del M5S è rimasto al suo posto dell’emiciclo protestando «contro la manovra e il governo che ha sabotato il confronto». Intervenendo uno dopo l’altro davanti alla webcam di un computer che trasmetteva in diretta sui social l’azione collettiva, i pentastellati hanno argomentato la loro protesta. «La situazione è grave e indecente», ha scritto sui social il leader M5s, Giuseppe Conte, condividendo la diretta. «Il governo non permette un confronto sulla manovra: abbiamo deciso di presidiare l’aula e di parlarne in trasparenza qui con tutti voi».

Il travaglio della Legge di Bilancio

La legge di Bilancio 2023 ha subito un lungo travaglio. Quando il testo è arrivato in Aula, la mattina del 22 dicembre, e sembrava ormai avviato verso l’approvazione e il passaggio, dopo Natale, al Senato, ecco che a Montecitorio arrivano i rilievi della Ragioneria generale dello Stato. «Considerata la complessità della nota giunta dalla Ragioneria – vengono informati i deputati – la commissione Bilancio della Camera ha chiesto all’Aula più tempo per esaminarla». Era stato così raddoppiato il tempo di sospensione della seduta. Nelle dodici pagine di annotazioni della Ragioneria, oltre alla richiesta di stralcio dell’emendamento sui Comuni approvato per errore dalla maggioranza – ma senza avere i 450 milioni necessari a finanziarlo -, vengono richieste 43 correzioni alla legge di Bilancio. Tra i primi a dare sfogo all’irritazione verso il modus operandi del governo è il deputato dei Verdi, Angelo Bonelli: «Tutto ciò avviene dopo che la Camera ha terminato il dibattito sulla finanziaria, quindi si è discusso di una Manovra che dovrà essere cambiata in 44 punti. Nemmeno quando facevo il consigliere circoscrizionale avevo mai assistito a tanta approssimazione e superficialità».

La gaffe del governo sulla 18app

Tra i rilievi fatti dall’organo del ministero dell’Economia, che svolge attività di supporto e verifica per esecutivo e parlamento, sono finite ad esempio le misure sulla Carta giovani e lo smart working. Nel primo caso la Ragioneria segnala degli errori nel modo con cui sono state definite le coperture per il 2023, nel secondo caso i dubbi riguardano la mancanza di fondi per sopperire alla carenza di personale scolastico che usufruirebbe, fino al 31 marzo, del lavoro agile. «La Ragioneria chiede di cancellare la parte in cui si dice che nel 2023 la 18app viene finanziata con i soldi del 2022. Che è quello che da giorni il governo usa come linea ufficiale per dire che in realtà non cambia nulla». Incalza, su Twitter, Luigi Marattin, capogruppo di Azione – Italia Viva – Renew Europe in commissione Bilancio, allegando l’emendamento. Sulla questione si è espressa anche Giorgia Meloni: «Ci sono delle difficoltà di rodaggio, si può migliorare», ha detto incontrando i parlamentari del suo partito.

Quando ci sarà, dunque, il voto sulla Manovra?

«Parlamento trattato in modo indecente da Meloni e il suo governo», tuona intanto la deputata Maria Elena Boschi. Con i nuovi ritardi nell’iter della Manovra è sempre più probabile che i deputati dovranno restare a Roma anche sabato 24 dicembre, il giorno della Vigilia di Natale, per votare il testo. Oggi, tra il controllo della nota della Ragioneria da parte dei membri della commissione Bilancio e il successivo voto per ogni modifica da apportare, è probabile che la questione di fiducia non verrà posta prima delle ore 21. Stando al regolamento di Montecitorio, da quel momento, dovranno passare 24 ore di tempo prima di iniziare la discussione sulla fiducia, a meno che la capigruppo all’unanimità non decida di derogare alla norma. Così, presumendo che l’Aula si riunirà non prima delle 21 di domani, 23 dicembre, è quasi certo che il voto finale della Camera sul testo avverrà nel giorno della Vigilia: prima, infatti, bisognerà votare i 230 ordini del giorno presentati e ascoltare le dichiarazioni di voto dei parlamentari.

L’ennesimo rinvio, si fa sera

Nel caos, i deputati – sia di opposizione che di maggioranza – lamentano l’assenza del ministro dei Rapporti con il parlamento Luca Ciriani, che non si è affacciato per diverse ore del pomeriggio nell’Aula di Montecitorio. Inoltre, non è ripresa l’analisi della Legge di Bilancio in Assemblea, come precedentemente annunciato, alle ore 17.30. «Propongo il rinvio della legge di bilancio in commissione, esclusivamente al fine di modificare o sopprimere alcune disposizioni che presentano profili problematici dal punto di vista della copertura finanziaria, quali risultanti dalla nota della Ragioneria generale dello Stato». Così, il presidente della commissione Bilancio, Giuseppe Mangialavori, ha chiesto e ottenuto con i voti della maggioranza la sospensione della seduta fino alle ore 20.

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Denise Pipitone, condannata l’ex pm Angioni che indagò sul caso: «Menzogne e calunnie in totale spregio della giustizia»

22 Dicembre 2022 - 20:59 Redazione
Un anno di carcere, con pena sospesa, per la donna. L'accusa ne aveva chiesti due

Maria Angioni, l’ex pm che indagò sulla scomparsa di Denise Pipitone, è stata condannata a un anno di carcere, con pena sospesa, dal Tribunale di Marsala (Sicilia). A carico di Angioni pesava l’accusa di false informazioni a pubblico ministero. L’accusa in aula era rappresentata dal pm Roberto Piscitello che aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione per Angioni, accusata di aver mentito ai colleghi della Procura di Marsala denunciando depistaggi e omissioni nell’inchiesta sul sequestro della bambina sparita da Mazara del Vallo l’1 settembre del 2004. «Angioni ha mostrato assoluto spregio della giustizia, ha ingannato il pubblico ministero e il giudice tutte le volte in cui ha preso la parola; ha presentato confusi documenti tanto sovrabbondanti quanto irrilevanti; ha mantenuto un comportamento ostinatamente calunnioso anche dopo la commissione del reato, infangando nei media la Polizia di Mazara del Vallo», ha dichiarato Piscitello al termine della requisitoria. Il pm ha sottolineato a più riprese, durante il processo, che l’ex pm all’epoca dei fatti aveva assunto il ruolo di star televisiva, tanto da essere contesa da decine di trasmissioni. «In ciascuna delle innumerevoli ospitate – ha denunciato l’accusa – era proprio il magistrato a far assumere alla vicenda i connotati di un giallo, la cui mancata positiva soluzione riferiva essere dipesa da errori, da depistaggi, da interessi particolari di questa o quella consorteria criminale e soprattutto dalla infedeltà dell’organo di Polizia che aveva condotto quelle indagini».

Fabbrica di false informazioni

L’accusa ha evidenziato che l’ex pm «ha fatto tanto per tenere lontana da tutti l’idea che Denise Pipitone non sia stata trovata e i colpevoli assicurati alla giustizia, per incapacità a lei attribuibili». Un circostanza questa che per l’accusa dimostra una rilevante intensità del dolo. Per la difesa di Angioni non c’é stato, invece, alcun dolo ed era necessario al processo distinguere le false dichiarazioni dette in televisione da quelle rese all’autorità giudiziaria ricordando che Angioni, quando venne ascoltata in procura, disse «Se gli atti dicono cose diverse dalle mie, valgono gli atti». Ma la difesa -rappresentata dall’avvocato Stefano Pellegrino – ha parlato anche di cattivi ricordi. «Sono convinto che va scusato come l’errore grossolano anche il cattivo ricordo, altrimenti in ogni processo verrebbero contestate tante false testimonianze, reato per cui fino alla riforma del 1989 si prevedeva l’arresto in aula. Angioni non aveva gli atti del procedimento Denise, non poteva consultarli. È stata una negligenza non chiederli. Ma il dato oggettivo è che non li ha consultati». Inoltre, ha anche sostenuto che la sua cliente avrebbe ritrattato le dichiarazioni rese. Ma per l’accusa Angioni ha, invece, agito in «malafede».

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22 Dicembre 2022 - 20:34 Giada Giorgi
Mentre l'Aiom avverte sul forte incremento di tumori in Italia e gli operatori sanitari chiedono sostegno, gli emendamenti previsti scompaiono dal testo atteso in Aula

La manovra del governo Meloni è quasi pronta per il voto in Aula alla Camera, atteso, non senza intoppi e ritardi, nelle prossime ore. La Commissione Bilancio ha preso in esame tutti gli emendamenti alla manovra, ma qualcosa nelle proposte di modifica sembra essere sfuggito. Si tratta di emendamenti annunciati dal governo e proposti dal ministero della Salute riguardanti due degli aspetti più critici e urgenti del sistema sanitario italiano: l’emergenza tumori, con l’istituzione del “Fondo per l’implementazione del Piano Oncologico nazionale 2022-2027″, e l’emergenza pronto soccorso, con l’anticipazione al 1° gennaio 2023, annunciato dallo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci, dell’incremento di 200 milioni dell’indennità per gli operatori sanitari. Due interventi che nel testo della manovra sembrano essere scomparsi. O meglio, nessuno dei due emendamenti risulta mai depositato, non figurando né tra quelli approvati e riportati nel dossier del Servizio studi di Camera e Senato né nei resoconti ufficiali della Commissione Bilancio.

Spariti i 10 milioni per il Piano Oncologico Nazionale

Pochi giorni fa il ministro della Salute aveva annunciato l’istituzione del Fondo per l’implementazione del Piano Oncologico nazionale 2022-2027, con una dotazione pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. L’obiettivo sarebbe stato il potenziamento delle strategie e delle azioni per la prevenzione, la diagnosi, la cura e l’assistenza al malato oncologico. A ridosso della proposta erano arrivati i dati aggiornati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) che per il 2022 in Italia registrano un allarmante incremento delle diagnosi oncologiche. Nell’ultimo anno sono stati 390.700 i tumori individuati, 14.100 in più rispetto a due anni prima. Il più diagnosticato è il carcinoma alla mammella, seguito dal colon-retto, polmoni, prostata e vescica. Un’emergenza che ora ha bisogno di cura e soprattutto prevenzione, la stessa che nei lunghi mesi di pandemia ha subìto forti rallentamenti, con un drammatico calo dell’attività di screening. Nonostante l’allarme, la nuova manovra economica sembra non aver trovato spazio per quei 10 milioni da investire. A protestare nelle ultime ore in particolare il dem Marco Furfaro, fautore tra le altre cose della proposta sul reddito alimentare per i più poveri approvata in manovra. «Il Governo ha fatto saltare i 10 milioni di euro che il ministro Schillaci aveva annunciato di fronte al Parlamento per il Piano Oncologico Nazionale. Non ci sono. Spariti da ogni emendamento. Hanno mentito al Paese, ma soprattutto ai malati oncologici. Inaudito. Nessun emendamento è stato depositato e in legge di Bilancio non c’è un euro», ha denunciato Furfaro.

Nessuna traccia dell’emendamento sull’indennità di pronto soccorso

Nel testo passato dalla Commissione Bilancio alla Camera non ha trovato posto nemmeno l’altro annuncio fatto dal ministro della Salute Schillaci in merito ai pronto soccorso. Intervenendo in audizione presso le commissioni Affari sociali e Sanità di Camera e Senato, il ministro si era impegnato a far approvare in legge di Bilancio l’anticipo al 2023 di un finanziamento in favore degli operatori dei pronto soccorso, ora però totalmente assente dal testo in discussione nell’aula di Montecitorio. La misura in particolare prevedeva l’anticipazione, dal 2024 al 1° gennaio 2023, dell’incremento di 200 milioni dell’indennità di pronto soccorso già riconosciuta al personale della dirigenza medica e al personale del comparto sanità, dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale operante nei servizi di pronto soccorso. «Il mio impegno sarà volto ad anticiparne la decorrenza della misura in favore degli operatori sanitari del pronto soccorso al 2023 e a lavorare con le Regioni così da poter destinare non appena sarà possibile un maggior finanziamento per retribuire meglio gli operatori sanitari e rendere maggiormente attrattivo il sevizio nel Ssn», diceva allora Schillaci. Lemendamento annunciato di fatto risulta mai depositato in commissione Bilancio. Un corto circuito alimentato dalle dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato che davanti la commissione Affari sociali alla Camera nella giornata di ieri 21 dicembre aveva detto: «Come è noto, è stata inserita nel ddl bilancio per il 2023 una norma finalizzata a riconoscere, per le particolari condizioni del lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e del personale del comparto operante presso i Servizi di Pronto Soccorso, un incremento dell’indennità specifica, con un impegno di spesa di 200 milioni di euro annui già a decorrere dal 2023». Annunciando quindi un intervento di fatto inesistente nella discussione conclusasi poche ore prima in commissione Bilancio sugli emendamenti alla manovra.

Cosa è successo?

Per ora il ministero della Salute tace. Il fatto che le due proposte non siano state neanche discusse in Commissione Bilancio fa pensare che con tutta probabilità non abbiano passato nemmeno il vaglio del Mef e di quei 400 milioni di tesoretto previsti per gli emendamenti.

Gli interventi sulla sanità previsti nella Manovra

Tra le novità della prima manovra economica del governo Meloni riguardanti il sistema sanitario risultano:

  • Il potenziamento delle cure palliative che chiamerà ogni anno le Regioni a presentare un piano ad hoc, con l’obiettivo di raggiungere il 90% della popolazione che ne ha bisogno. Il monitoraggio sarà affidato ad Agenas con cadenza semestrale.
  • un Fondo per le vittime dell’amianto attraverso cui l’Inail erogherà una prestazione aumentata del +17% della rendita già prevista per tutti i pazienti a cui è stata diagnosticata una patologia asbesto-correlata. Per i casi accertati dal 1° gennaio 2021, l’Inail erogherà poi ai malati di mesotelioma, che abbiano contratto la patologia per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell’amianto, una prestazione di importo fisso pari a 15.000 dal 1° gennaio 2023. 
  • prestazione lavorativa in modalità agile per i lavoratori affetti da patologie croniche «con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità». Si potrà prevedere una diversa mansione rispetto a quella precedente e senza alcuna decurtazione della retribuzione.
  • proroga del bonus psicologo il cui contributo è stabilito nel limite massimo di 1.500 euro a persona. Nel 2023 la quota messa a disposizione si dimezza rispetto all’anno in corso scendendo da 10 a 5 milioni.

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Ucraina, l’eccidio di Bucha ricostruito dal Nyt: «Piano spietato per aprirsi la strada verso Kiev» eseguito dal 234° reggimento di Mosca

22 Dicembre 2022 - 20:11 Redazione
Fu il battaglione di paracadutisti guidato dal comandante Artyom Gorodilov a commettere le atrocità la scorsa primavera: le prove incrociate tra testimonianze e conversazioni telefoniche

Il massacro di Bucha sarebbe stato attuato dai paracadutisti russi del 234° reggimento d’assalto aereo con a capo Artyom Gorodilov. È quanto rivela un’inchiesta condotta per 8 mesi dai giornalisti del New York Times, e pubblicata oggi. Dalle prove raccolte dal team d’inchiesta emerga come la strage sulla strade della città ucraina «era parte di un deliberato e sistematico sforzo di assicurarsi spietatamente una rotta verso Kiev». L’articolo del Nyt ricostruisce soprattutto la strage sulla strada di Yablunska sulla quale sono state 36 vittime. L’inchiesta si è sviluppata anche grazie all’analisi di una serie di tabulati telefonici e segnali in codice usati dai comandanti sui canali radio russi. Ad aprile 2022, quando vennero scoperte le fosse comuni e le altre atrocità commesse da forze russe a Bucha, il mondo intero si strinse nella commozione e nell’indignazione all’Ucraina, ma Mosca ha sempre negato la responsabilità di quei crimini parlando di una presunta “trappola mediatica” dell’Occidente.

«Hanno ucciso chiunque incontrassero per strada»

I soldati, ricostruisce la testata statunitense, hanno «interrogato e giustiziato molti uomini disarmati e ucciso chiunque incontrassero per strada, indipendentemente dal fatto che si trattasse di bambini in fuga, gente del posto che in cerca di generi alimentari o persone che stavano rientrando in casa». E il principale colpevole sarebbe il 234esimo reggimento, considerato tra le migliori unità addestrate ed equipaggiate delle forze russe. Le prove a sostegno di questa accusa comprendono distintivi delle uniformi, conversazioni telefoniche e documenti di trasporto sulle casse di munizioni.

Le conversazioni che incastrano il battaglione

L’analisi prende in considerazione anche le testimonianze dei residenti, i quali hanno denunciato che quando venivano interrogati dai russi spesso gli veniva sequestrato il cellulare. Ma non solo. I soldati usavano abitualmente i telefoni delle vittime, spesso poche ore dopo la loro uccisione, per chiamare casa in Russia. Alcune di queste chiamate, è emerso, venivano effettuate proprio dai paracadutisti del 234esimo. A guidarli c’era il tenente colonnello e comandante Artyom Gorodilov. Gli investigatori sono riusciti a identificare e confermare il codice che usava quando comunicava via radio con i suoi soldati. Inoltre, ad aprile, poco dopo il ritiro delle truppe russe da Kiev, Gorodilov ha ricevuto la promozione a colonnello dall’allora capo delle forze aviotrasportate, il generale Andrey Serdyukov. Sollecitati dalla testata statunitense, il ministero della Difesa russo, l’ambasciata russa a Washington e il colonnello Gorodilov non hanno risposto alle richieste di commento.

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Plusvalenze, la Figc riapre il caso dopo il terremoto alla Juve: nel mirino anche altri 10 club di Serie A

22 Dicembre 2022 - 20:00 Redazione
La procura federale ha chiesto la revocazione della sentenza di assoluzione dei bianconeri e delle altre società calcistiche

La procura della Federcalcio punta a rimettere in discussione l’assoluzione della Juventus nel processo sportivo sulle plusvalenze. Gli inquirenti hanno chiesto per questo la revocazione della sentenza con cui la Corte d’appello della Figc aveva assolto il club bianconero e altre 10 società. Guidati da Giuseppe Chiné e dopo aver letto i documenti forniti dalla procura di Torino, gli investigatori hanno rilevato nuovi elementi in grado di riaprire il caso. Da quello che riferisce l’agenzia di stampa Ansa è proprio in queste ore che la procura sta notificando alle parti interessate la richiesta di revocazione per la sentenza definitiva emessa: la riapertura dell’indagine riguarderebbe la Juventus e anche altre squadre. Nell’estate 2021 prima la Consob e poi la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche, organo federale della Figc, hanno messo sotto la lente di ingrandimento 62 operazioni di calciomercato della Serie A di cui 42 riguardanti la Juventus. La voce «plusvalenza» comparsa sugli ultimi bilanci di tutte le società di Serie A ha fatto scattare il campanello d’allarme: si trattava del 20% dei fatturati pari a 700 milioni di euro. Nel 2022 il tribunale federale respinge le accuse della procura federale prosciogliendo tutti gli indagati. A quel punto però è la Procura di Torino a volerci vedere chiaro decidendo di aprire un’indagine su quelle stesse operazioni. Da lì l’invio di 16 avvisi di garanzia che hanno coinvolto anche nomi come Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene, con l’accusa di falso in bilancio, false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. Nel caso specifico della Juventus, secondo le indagini, il club avrebbe prodotto 155 milioni di plusvalenze fittizie e cioè guadagni che non coinciderebbero con il reale valore dei calciatori in questione, ma messi in bilancio per ammortizzare le perdite. Quando la procura della Figc ha portato al vaglio della giustizia sportiva gli atti dell’inchiesta, il tribunale federale ha assolto tutti, comprese le altre 10 società di Serie A coinvolte nelle indagini. Dopo l’assoluzione dello scorso aprile da parte della Corte d’appello federale, gli inquirenti hanno però visionato quanto raccolto dalla procura di Torino, chiedendo ora di riaprire il caso.

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