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Mes, Meloni: «L’Italia non chiederà mai quei prestiti, lo firmo col sangue»

22 Dicembre 2022 - 19:40 Redazione
La premier a tutto campo nell'intervista in onda stasera a "Porta a Porta". Ma sull'approvazione del trattato Ue non chiude: materia per il Parlamento

La riforma del Meccanismo europeo di solidarietà? «Non è un grande tema, ne discuterà il Parlamento». Ma a prescindere dall’approvazione o meno del nuovo Trattato, ciò che è certo è che l’Italia non richiederà mai i prestiti del Mes. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della registrazione dell’intervista a Porta a Porta che andrà in onda questa sera. «Finché io conto qualcosa, che l’Italia non acceda al Mes lo posso firmare con il sangue», ha scandito la premier nello studio di Bruno Vespa. «Ma ci chiediamo perché il Mes non è mai stato usato da nessuno? – ha chiesto Meloni – Perché le condizionalità sono troppo stringenti e perché il Mes è un creditore privilegiato, cioè in caso di difficoltà è il primo a dover essere restituito. Allora io vorrei capire se c’è un modo per cui il Mes sia un fondo utile e che non rischi di metterci un cappio».

Il nodo immigrazione

Nell’intervista al programma su Rai1 la premier ha affrontato molti altri temi. Tra questi, quello dell’immigrazione. «I migranti che accogliamo noi sono quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti», ha detto Meloni, sostenendo che la gestione sin qui seguita del fenomeno ha «spesso penalizzato i più deboli». A suo avviso, invece, la soluzione sarebbe «fermare le partenze», e non la redistribuzione in ambito Ue. Questo, sostiene la premier, anche in ragione del fatto che «il 70% rimane da noi, gli altri 30 un po’ li redistribuiamo». Lo scontro sulla redistribuzione ha visto coinvolti, in primis, Francia e Italia. La stessa premier riconosce che ci siano state alcune frizioni sul tema e rivendica: «Al di là della propaganda, credo che tutti si siano resi conto che la reazione francese di fronte alla prima nave di una ong mai sbarcata in Francia con a bordo 230 persone, quando in Italia da inizio anno erano sbarcate 94 mila persone, è la spia di un problema che io temevo e che ha avuto conferma, ovvero che prima c’era un tacito accordo per cui l’unico posto di sbarco è l’Italia».

La crisi energetica e quella del lavoro

«Non sono una persona che si spaventa, l’unica cosa che mi spaventa è deludere», ha detto poi Meloni sottolineando che in Italia agendo in qualsiasi modo «puoi pestare i piedi a qualcuno, il punto è se è giusto o no: se è giusto per me si fa». La premier si è espressa anche sul tetto al prezzo del gas riferendo che si tratta di «un’assicurazione che abbiamo contro le impennate della speculazione. Il tetto è alto – ha spiegato – ma devo dire che la proposta della Commissione Ue era a 275, siamo arrivati a 180, la proposta italiana era a 160, quindi il risultato è molto vicino alla nostra proposta». Il caro energia, per la presidente, non si risolve solo con la misura del tetto, ma «liberandosi dalla dipendenza da una parte e con il mix energetico, noi dobbiamo diversificare». Non è mancato nell’intervista a Vespa anche il tema del lavoro. Meloni ha tenuto a sottolineare che non vi è una mancanza di lavori «dignitosi». «Si vorrebbe creare un mondo perfetto – ha detto – dove tutti trovano il lavoro dei loro sogni ma se ti rifiuti di lavorare con lavoro dignitoso perché accetti solo il lavoro dei tuoi sogni non puoi pretendere che ti mantenga lo Stato con le tasse pagate da chi ha accettato un lavoro che spesso non era il lavoro dei sogni».

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Qatargate, Eva Kaili resta in carcere: respinta la richiesta della difesa

22 Dicembre 2022 - 19:10 Redazione
Convalidata dalla Procura federale belga la misura cautelare per almeno un altro mese per l'ex vicepresidente del Parlamento europeo. Kaili non presenterà ricorso

L’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, detenuta nel carcere di Haren (Bruxelles) dal 9 dicembre scorso per il presunto ruolo nel cosiddetto Qatargate, resterà in cella, almeno per un altro mese. Lo ha stabilito la procura federale belga al termine dell’udienza svoltasi oggi che han respinto la richiesta di libertà con braccialetto elettronico. I legali dell’ex giornalista greca avevano 24 ore di tempo per presentare eventuale ricorso contro la decisione presa dai giudici di Bruxelles. Ma uno dei suoi avvocati, il greco Mihalis Dimitrakopoulos, ha fatto sapere che non ricorrerà in appello. I giudici hanno respinto la richiesta di libertà con braccialetto elettronico.

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ESTERIMissiliNegoziati di pacePatriotRussiaUcrainaUSAVladimir Putin

Lo spiraglio di Putin: «Tutte le guerre finiscono coi negoziati». Gelo sui rifornimenti Usa: «Schiacceremo quei Patriot»

22 Dicembre 2022 - 18:59 Redazione
Le affermazioni in chiaroscuro del presidente russo in conferenza stampa: «prima finisce la guerra e meglio è»

«Tutti i conflitti armati finiscono in un modo o nell’altro con un qualche negoziato sulla pista diplomatica». Lo ha detto in conferenza stampa il presidente russo Vladimir Putin, tornando a ribadire che il Cremlino «non ha mai rifiutato» colloqui e assicurando che «non ci sono in progetto provocazioni che coinvolgano armi avanzate». Lo riferisce l’agenzia di stampa russa Tass. «Non vogliamo far girare la ruota del conflitto ma farlo finire, e ci sforzeremo per farlo», ha sottolineato. In risposta alla stampa, Putin ha accusato il governo ucraino di essersi «proibito di negoziare». Ha ribadito che l’obiettivo di Kiev «non è far girare questo volano del conflitto militare, ma, al contrario, porre fine a questa guerra: stiamo mirando a questo e continueremo a mirare a questo». E la guerra «prima finisce, meglio è». Zelensky, nelle scorse settimane, aveva annunciato che non è ancora il momento di sedersi a un tavolo di negoziati. In una sessione del consiglio di Difesa di ieri, 21 dicembre, Putin aveva precisato che la Russia continua a considerare l’Ucraina una «nazione fraterna», ma che la guerra è stata inevitabile. Sollecitato dai giornalisti, ha poi annunciato che firmerà un decreto all’inizio della prossima settimana con una serie di «misure di risposta al price cap sul petrolio». Infine, si è espresso anche sul sabotaggio del Nord Stream, avvenuto lo scorso 26 settembre nel mar Baltico, definendolo «terrorismo di Stato». A suo dire, «singoli attori non avrebbero potuto compierlo».

«I Patriot degli Usa? Obsoleti, li schiacceremo»

Il presidente russo ha anche annunciato che Mosca troverà «un antidoto» ai missili Patriot statunitensi in Ucraina, in risposta ai nuovi aiuti in arrivo dall’amministrazione Biden che prevede una nuova tranche di aiuti da 2 miliardi di dollari. Gli Usa forniranno una batteria composta da 8 lanciatori, la stazione di controllo e il radar. Tra gli aiuti sono previsti i Patriot, un sistema sofisticato di missili terra aria guidati che possono individuare e abbattere sia missili che velivoli. Un sistema considerato da Putin non sufficiente e «obsoleto». E ha aggiunto: «Dicono che possono mettere i Patriot lì (in Ucraina) ora. Bene, che li mettano. Schiacceremo anche i Patriot. Quindi sarà necessario mettere qualcosa al posto dei Patriot, sviluppare nuovi sistemi. Questo è un lungo processo complesso. Non è tutto così semplice».

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Modena, due uomini trovati morti in una villetta: l’ipotesi di omicidio-suicidio

22 Dicembre 2022 - 18:01 Redazione
Una vittima è un commerciante di 70 anni, mentre l'altra è un uomo di qualche anno più giovane

Sono stati trovati morti due uomini nella tarda mattina di oggi 22 dicembre in una villetta a Serramazzoni, sull’Appennino modenese. Una delle vittime è il proprietario dell’abitazione in via Belvedere, un commerciante di 70 anni molto noto nella zona. L’altra vittima è un uomo più giovane di qualche anno. Ad allertare i carabinieri sarebbe stato il collega di una della vittime. Secondo le prime ipotesi, gli inquirenti sospettano che si sia trattato di un omicidio-suicidio.

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Musei a Natale, il direttore degli Uffizi di Firenze allo scontro col governo: «Noi chiusi come in tutta Europa: il 25 dicembre festa di tutti»

22 Dicembre 2022 - 17:43 Redazione
Il tema delle chiusure a Natale su cui insiste Eike Schmidt va contro la posizione del sottosegretario alla Cultura Sgarbi che aveva annunciato di voler imporre l'apertura nei giorni festivi di tutti i musei nazionali

Rischia di riaccendere lo scontro con il governo l’ultima presa di posizione del direttore degli Uffizi di Firenze, Eike Schmidt, che sulla chiusura del suo museo nel giorno di Natale non ha nessuna intenzione di tornare indietro. «Il 25 dicembre – dice in commissione cultura al Comune di Firenze – in Europa è chiuso il Louvre, il Prado, i musei di Londra, e anche il Met e il Moma di New York, dove la stagione più alta è proprio tra dicembre e gennaio». Perciò spiega Schmidt, aprire a Natale sarebbe un’eccezione: «I musei che aprissero il 25 sarebbero praticamente gli unici. Questo va contro la tradizione italiana e fiorentina del Natale. Il 25 non è festa solo per i credenti, ma per tutte le famiglie, e se vogliamo valorizzare la famiglia, il 25 i musei devono rimanere chiusi». Dopo la polemica con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano sullo stop ai musei gratis, il tema delle chiusure a Natale su cui insiste Schmidt va contro la posizione del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che a più riprese aveva annunciato di voler imporre l’apertura nei giorni festivi per tutti i musei nazionali. Sgarbi, infatti, due giorni fa si era complimentato con il sindaco di Firenze, Dario Nardella, per aver preso la decisione di aprire per la prima volta nella sua storia il museo di Palazzo Vecchio anche il 25 dicembre. «Ha fatto benissimo Nardella a dare un segnale, cosa che ha fatto anche il ministro Sangiuliano con l’accordo che prevede aperture straordinarie dei musei statali lungo tutte le festività – incalza Sgarbi – Il problema è che Palazzo Vecchio a Natale sarà aperto e gli Uffizi che sono lì a un passo saranno chiusi».

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La denuncia Usa: missili alla Russia anche dalla Corea del Nord. Cresce il peso del gruppo Wagner: 50mila uomini al fronte

22 Dicembre 2022 - 17:34 Simone Disegni
Le rivelazioni di una fonte dell'amministrazione Biden: preoccupazione per le armi da Pyongyang e per il coinvolgimento della compagnia di mercenari

Il gruppo Wagner, la compagnia di soldati mercenari legata al Cremlino, ha fatto da tramite per acquistare una partita di armi da impiegarsi sul fronte ucraino proveniente dalla Corea del Nord. Lo rivelano fonti dell’amministrazione Usa a Reuters, in quello che viene valutato come un significativo segnale dell’espansione del ruolo del gruppo nelle dinamiche del conflitto. «Possiamo confermare che la Corea del Nord ha completato una prima consegna di armi a Wagner, che ha pagato per l’equipaggiamento», riferisce la fonte anonima, precisando che esso consisteva in razzi per la fanteria e missili. Nell’analisi americana, questa spedizione potrebbe essere solo la prima di altre secondo questo schema logistico-commerciale: provenienza dalla Corea del Nord, destinazione fronte ucraino, tramite operativo il gruppo Wagner. L’amministrazione Biden ritiene tali rifornimenti una violazione delle risoluzioni Onu e sarebbe intenzionata a portare il tema all’attenzione del Consiglio di sicurezza. La Corea del Nord si è dimostrata in grado di costruire missili balistici capaci di colpire a migliaia di chilometri di distanza, oltre che armi a corto raggio. Secondo le stime Usa, il gruppo Wagner avrebbe al momento 50 mila uomini dispiegati in Ucraina, di cui 10 mila mercenari e 40 mila detenuti appositamente liberati dalle carceri russe. Insieme all’espansione del raggio d’azione militare del gruppo, crescerebbe anche il peso e l’influenza politica del fondatore e finanziatore di Wagner, l’uomo d’affari Evgeny Prigozhin, considerato vicino al presidente Vladimir Putin.

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POLITICAFdIGiorgia MeloniGoverno MeloniUcrainaUSAVideo

Meloni: «Gli italiani spengano un’ora la luce per capire gli ucraini. Sbagliato dipendere troppo da Usa» – Il video

22 Dicembre 2022 - 17:29 Redazione
La presidente del Consiglio è intervenuta alla conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia nel mondo alla Farnesina

«Chiedo a tutti gli italiani di spegnere un’ora al giorno tutta l’energia di cui dispongono per capire come stanno gli ucraini». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, intervenuta oggi – giovedì 22 dicembre – alla conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia nel mondo alla Farnesina. Un gesto, quello di rimanere al buio durante la giornata, che per Meloni potrebbe servire a comprendere «cosa significa avere persone che difendono la libertà e l’amore di patria». Per la leader di FdI, inoltre, cruciale è il ruolo dell’Italia ai fini «della pace nel conflitto». «Se vuoi costringere due attori in campo – ribadisce Meloni – a sedersi al tavolo delle trattative, la prima regola deve essere che ci sia equilibrio fra le forze in campo, altrimenti non avrai pace ma un’invasione. Nessuno si aspettava che gli ucraini resistessero così», aggiunge. Mentre per quanto riguarda la spesa militare, secondo Meloni «è necessaria per difendere i propri interessi» perché – continua – «se scegli di non difenderti qualcun altro lo farà per te ma poi quel qualcun altro non lo farà gratis». In questo ambito, sottolinea la premier, «l’Europa è ancora indietro». Invece dovrebbe «essere un pilastro europeo, insieme alla Nato e complementare con quello fornito dagli Usa».

«Un errore dipendere troppo da Usa sulla sicurezza»

Dopo aver sottolineato l’importanza di utilizzare «al meglio le risorse e gli strumenti di politica estera» per rispondere alle sfide «enormi» di questi anni, la premier ha sollevato perplessità sul rapporto dell’Italia con gli Stati Uniti. «Ci siamo resi conto – ha ribadito la presidente del Consiglio – delle troppe dipendenze, dell’errore strategico in termini sovranità di rinunciare ad alcune catene del valore, della dipendenza energetica dalla Russia, e probabilmente ci accorgiamo della eccessiva dipendenza in termini di sicurezza dagli Stati Uniti». E poi ancora: «Ci accorgiamo di come non sarebbe intelligente uscire dalla dipendenza dalla Russia favorendo una dipendenza dalla Cina. Un altro errore che si rischia di fare», conclude. Meloni non è il primo capo di Stato a parlare degli Stati Uniti in questi termini.

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Il Movimento 5 stelle rivendica la battaglia per non aumentare lo stipendio dei parlamentari, «ma il provvedimento è stato proposto e votato all’unanimità» – Il video

22 Dicembre 2022 - 17:20 Sara Menafra
La denuncia di Roberto Giachetti di Italia Viva: «Per il vostro comportamento c'è una sola parola, miserabili»

Il Movimento cinque stelle l’ha sottolineata come una grande battaglia svolta a difesa degli interessi dei cittadini. E persino il leader Giuseppe Conte ha dedicato ieri al tema un comunicato dai toni osannanti per un punto del programma portato a casa, in barba alla casta: «Vittoria! Stop all’aumento degli stipendi dei parlamentari dal 2025» rivendica su Twitter il questore della camera in quota M5s, Filippo Scerra. Peccato che le cose non siano andate esattamente così, anzi. A raccontarlo in aula a Montecitorio, mentre la Manovra di Bilancio fa avanti e indietro dalla Commissione, è Roberto Giachetti di Italia Viva: «Ieri si è riunito l’ufficio di presidenza della Camera. Tra le varie cose all’ordine del giorno doveva confermare una decisione che dal 2006 è stata presa di default, cioè quella di non ripendere l’aggancio dello stipendio dei parlamentari a quello dei primi magistrati della Cassazione. Dal 2006 vuol dire che è praticamente automatico, non essendo automatico però, ogni anno si deve votare nuovamente la decisione», inizia tranquillo. Quest’anno, però, non appena la delibera viene approvata dall’intero ufficio di presidenza su proposta unanime di tutti e tre i questori, aggiunge Giachetti, accade qualcosa di mai avvenuto finora: «Un secondo dopo quel voto, o forse un secondo prima, sulle agenzie appare un comunicato del questore del Movimento cinque stelle che rivendica una lotta, una battaglia per arrivare a questa decisione». Quando la cosa viene fatta notare, aggiunge l’esponente di Italia Viva, Scerra si scusa, ma poi la rivendicazione viene pubblicata anche sui social (e in effetti tweet e post sono ancora visibili oggi). E in un clima di apparente grande imbarazzo, conclude Giachetti, il Movimento insiste: «Ieri sera, alle 21.56 esce un comunicato che riporta un facebook del leader Giuseppe Conte: “In questo paese alla rovescia gli Italiani hanno rischiato di vedere gli stipendi dei parlamentari aumentare, il Movimento cinque stelle è stato intransingente“». La conclusione di Giachetti, accolta da un boato dell’aula, è durissima: «Siete dei miserabili».

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Zelensky rientrato in Polonia dopo la visita negli Usa: l’abbraccio con Duda – Il video

22 Dicembre 2022 - 16:42 Redazione
Il presidente ucraino è tornato in Europa dopo il viaggio-lampo a Washington, il primo dall'inizio della guerra

Terminata la visita-lampo negli Usa, coronata dal bilaterale alla Casa Bianca con Joe Biden e dal discorso al Congresso di Washington, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atterrato in Polonia. Ad accoglierlo all’aeroporto militare di Rzeszow c’era anche il presidente polacco Andrzej Duda. A mostrare un “sunto” dell’incontro tra i due è stato lo stesso Zelensky, che ha condiviso sul suo canale Telegram un video e un messaggio di ringraziamento. «Di ritorno a casa, ho incontrato un amico dell’Ucraina – il presidente della Polonia Duda. Abbiamo ripercorso l’anno trascorso, che ci ha messo di fronte a sfide di portata storica per via della guerra», ha scritto il presidente ucraino. «Abbiamo anche discusso piani strategici per il futuro, le relazioni bilaterali e le interazioni a livello internazionale nel 2023. Grazie per il tuo potente e inamovibile sostegno». Dopo lo scalo tecnico in Polonia, si prevede che Zelensky rientri a seguire via treno nel suo Paese – seguendo a ritroso l’iter percorso ieri in partenza. Parrebbe dunque smentita l’ipotesi avanzata dalla Cbs di ulteriori visite a seguire in altre capitali europee, come Parigi e Berlino, prima del rientro in Ucraina.

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Via libera al rigassificatore Piombino, il Tar Lazio respinge la richiesta di sospensiva: «Dall’impianto nessun pericolo»

22 Dicembre 2022 - 16:32 Redazione
Per i giudici amministrativi «non ci sono i presupposti per la concessione della sospensione» e «i paventati rischi per la pubblica incolumità correlati al rigassificatore risultano, allo stato, privi di attualità»

Il Tar del Lazio ha deciso di non procedere alla sospensione cautelare dell’ordinanza commissariale che ha portato al rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione di un rigassificatore nel Porto di Piombino tramite l’ormeggio della nave Golar Tundra, un mezzo navale di tipo Floating Storage and Regasification Unit (FSRU). Il ricorso era stato presentato dal sindaco di Piombino ed esponente di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari e appoggiato dal leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Entrambi i politici non volevano la nave nel porto di Piombino; ma senza di essa, come scrive Corriere della Sera, se il rigassificatore non fosse entrato in funzione nel giro di pochi mesi, l’Italia nell’estate del 2023 non sarebbe stata in grado di garantirsi la propria autonomia energetica l’inverno prossimo. Tuttavia, per i giudici «non ci sono i presupposti per la concessione della sospensione» e «i paventati rischi per la pubblica incolumità correlati al rigassificatore risultano, allo stato, privi di attualità».

Il ricorso del Comune di Piombino

Nel ricorso presentato al Tar del Lazio il Comune di Piombino, che ha chiesto la sospensione dell’autorizzazione, sosteneva «l’inidoneità» della Golar Tundra «dal punto di vista strutturale, ad operare in sicurezza nel porto», nonché la necessità di «un dragaggio del fondale dello specchio d’acqua antistante per centinaia di migliaia di metri cubi che rende impossibile la messa in funzione del rigassificatore nel marzo 2023». I tecnici comunali avevano, inoltre, sollevato delle perplessità sul fatto che la nave non fosse «in grado di rispettare la principale condizione che è stata posta dalla capitaneria, e cioè di disancorare in caso di necessità, allontanandosi dall’area del porto». Questo a causa – si legge nella nota del Comune – dell’impostazione strutturale della nave stessa: essendo dotata di serbatoi per il gas naturale liquido «a membrana», la nave non sarebbe in grado di navigare quanto le cisterne si trovano in condizione di parziale rimepimento. Tuttavia, l’esito finale da parte del Tribunale amministrativo è stato il rigetto dell’istanza cautelare proposta dal Comune di Piombino, con fissazione per la trattazione nel merito del ricorso dell’udienza pubblica prevista per l’8 marzo 2023. 

Le motivazioni del Tar

Il Tribunale amministrativo del Lazio ha ritenuto, nella sessione di oggi – giovedì 22 dicembre – «non sussistere i presupposti per la concessione dell’invocata misura atteso che le modalità procedimentali di autorizzazione dell’iniziativa in questione sono disciplinate da una normativa, che si caratterizza per il chiaro contenuto eminentemente emergenziale e per concernere interventi che, già nella declaratoria di legge, appaiono connotati da uno spiccato grado di specificità». In più, nel valutare i faldoni sulla questione i giudici hanno osservato che «all’esito della prima disamina della documentazione offerta, l’iter che ha condotto all’adozione del provvedimento gravato non ha dato evidenza di palesi anomalie nello sviluppo del procedimento né di incontrovertibili carenze istruttorie idonee a supportare, prima di addivenire alla completa delibazione del merito, la sospensione dei provvedimenti impugnati». Mentre per quanto riguarda la salute, secondo il Tar del Lazio, «i paventati rischi per la pubblica incolumità correlati al rigassificatore risultano, allo stato, privi di attualità». Per i giudici, inoltre, «non sono emerse sopravvenienze o criticità di rilievo in merito alla conduzione delle attività che dovranno continuare a svolgersi nel rispetto delle articolate prescrizioni e raccomandazioni».

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Spagna, ok al cambio sesso dai 14 anni senza l’autorizzazione del giudice: cosa prevede la Ley Trans

22 Dicembre 2022 - 16:09 Ygnazia Cigna
Il Congresso dei deputati spagnolo ha approvato una nuova legge che riconosce nuovi diritti per le persone transgender

Il Congresso dei deputati spagnolo ha approvato una nuova legge che riconosce nuovi diritti per le persone transgender. Si tratta di un passaggio storico perché contempla due delle grandi battagli della comunità Lgbtqia+: smettere di considerare la transessualità una patologia e l’autodeterminazione di genere. La norma prevede, infatti, la possibilità di cambiare il sesso all’anagrafe senza autorizzazione giudiziaria o referti medici a partire dai 14 anni e dai 16 senza consenso dei genitori. Tra i 14 e i 16 anni, qualora genitori (o chi ne fa le veci) e figli fossero in disaccordo è possibile procedere con un difensore giudiziale. Tra i 12 e i 14 anni, le domande richiedono l’approvazione di un giudice. La possibilità di procedere in autonomia al cambio di sesso è, inoltre, del tutto gratuito dai 16 anni. Al di sotto dei 12, i bambini transgender possono cambiare nome ed essere trattati secondo la propria identità nelle scuole, ma non cambiare sesso legalmente. La norma è passata con 188 voti favorevoli su 350 votanti, tra non pochi scontri.

Una legge a lungo osteggiata: «Distrugge i diritti delle donne»

Sono stati diversi i partiti a opporsi: PP, Vox, quasi l’intero gruppo parlamentare di Ciudadanos, Navarra Suma o Foro Asturias. E anche dal fronte femminista non sono mancate opposizione. Lo scorso settembre la giurista ed ex vice prima ministra Carmen Calvo aveva attaccato la legge perché, a suo avviso, «distrugge i diritti delle donne». Ad essere percepito come minaccia è che il concetto di sesso biologico che verrebbe sostituito da quello di genere, mettendo così a rischio la sicurezza delle donne in certi ambienti, come le carceri, lo sport e la politica. Una posizione che non risulta isolata nel mondo femminista. Rientra, infatti, nelle posizioni delle cosiddette «Terf», le femministe radicali trans escludenti, ovvero coloro che si considerano femministe ma negano l’identità e il diritto delle persone trans di definirsi donne a tutti gli effetti. La ministra per le Pari Opportunità spagnola, Irene Montero, ha sottolineato come l’approvazione della legge sia stato un percorso difficile, ma di cui è «orgogliosa» perché così il Congresso ha «finalmente» riconosciuto che «i diritti trans sono diritti umani».

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Regno Unito, due fidanzati di Messina trovati morti in casa: arrestato un 21enne

22 Dicembre 2022 - 16:07 Redazione
I corpi dei due ragazzi sono stati trovati dagli amici, dopo che per diverse ore non riuscivano a mettersi in contatto con loro

È stato fermato secondo la Bbc un 21enne sospettato nella contea di North Yorkshire, in Inghilterra, per l’omicidio di due fidanzati della provincia di Messina, Nino Calabrò, 25 anni di Barcellona Pozzo di Gotto, e Francesca di Dio, 20 anni di Montagnareale, trovati morti ieri 21 dicembre in un casa a Thornaby-on-Tees. Calabrò si era trasferito in Inghilterra per lavorare come croupier al Grosvenor G Casino di Stockton-on-Tees, e non in un ristorante come inizialmente era emerso, mentre la sua ragazza lo avrebbe raggiunto da poco per passare insieme le feste natalizie. I corpi sarebbero stati ritrovati dagli amici, che dal giorno precedente non riuscivano più a mettersi in contatto con loro. L’ispettore di polizia Peter Carr, citato da Itv news, ha confermato il fermo del 21enne, sospettato del duplice omicidio, e ha lanciato un appello perché «chiunque sia passato ieri da Thornaby road, tra le 10 e le 11, e abbia notato qualcosa di insolito, si rivolga alla polizia».

Il coinvolgimento della diplomazia italiana

Anche la diplomazia italiana è impegnata a seguire la vicenda dei giovani siciliani trovati morti nel Regno Unito. A riferirlo è l’ANSA a Londra secondo cui sarebbe il consolato d’Italia a Manchester, guidato dal console Matteo Corradini – competente per il territorio dell’Inghilterra centrale e settentrionale – a tenere i contatti con le autorità investigative britanniche e con i familiari delle due vittime al fine di offrire loro assistenza.

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