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Qatargate, la mossa di Cozzolino: «Pronto a parlare coi magistrati per accertare la verità»

21 Dicembre 2022 - 16:53 Redazione
L'eurodeputato del Pd (che lo ha sospeso) annuncia di aver chiesto di raccontare la sua versione al giudice Michel Claise, e di voler rinunciare all'immunità parlamentare

Andrea Cozzolino, l’europarlamentare del Pd da giorni al centro di sospetti e indiscrezioni di stampa sul suo possibile coinvolgimento nel cosiddetto Qatargate, è pronto a parlare con i magistrati belgi titolari dell’inchiesta per rendere la sua versione dei fatti. Lo ha detto lo stesso Cozzolino, annunciando di aver presentato, tramite i suoi avvocati, formale istanza al giudice istruttore del fascicolo, Michel Claise, per chiedere «pur dichiarandomi estraneo ai fatti, di essere sentito per contribuire all’accertamento della verità». A tal fine, come precisato, Cozzolino rinuncerà all’immunità parlamentare garantitagli dalla qualifica di eurodeputato. La mossa dell’esponente Pd eletto a Napoli – non indagato – arriva dopo quasi due settimane di sospetti crescenti convogliati su di lui da alcuni altri protagonisti della presunte rete di corruzione, compreso lo stesso Antonio Panzeri, culminate nella decisione del Pd di sospendere dal partito l’eurodeputato. «Non ho prove, ma dovreste controllare l’attuale presidente della delegazione del Maghreb. È il parlamentare di cui Giorgi è l’assistente», avrebbe detto nei giorni scorsi Panzeri agli inquirenti belgi, riferendosi a Cozzolino, secondo quanto riportato da alcuni quotidiani. «Da oltre una settimana sono chiamato in causa sulla stampa nel Qatargate sulla base di sospetti e illazioni, pur non avendo ricevuto alcun avviso o comunicazione giudiziaria da parte delle autorità inquirenti», lamenta Cozzolino nell’annunciare la sua volontà di rendere dichiarazioni spontanee: una situazione che definisce «ingiusta e mortificante». Si attende ora di conoscere il responso del tribunale belga alla proposta di Cozzolino.

Foto: ANSA/CIRO FUSCO

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Salt Bae in campo con la Coppa del Mondo vinta dall’Argentina. Lo chef dei Vip massacrato sui social: «Chi ca**o sei?»

21 Dicembre 2022 - 16:41 Redazione
Durissimo l'ex attaccante di Villarreal e Fiorentina Pepito Rossi: «I tuoi due minuti di fama sono finiti»

La reputazione sui social network è la base del suo successo imprenditoriale nel mondo della ristorazione. Dopo la finale dei Mondiali in Qatar, però, l’esposizione mediatica di Salt Bae potrebbe rivelarsi un boomerang. Lo chef turco – il cui nome all’anagrafe è Nusret Gökçe – è al centro di una polemica internazionale per essere sceso in campo durante i festeggiamenti dell’Argentina e aver cercato di scattare quanti più selfie possibili con i calciatori dell’Albiceleste. Si è fatto passare la Coppa del mondo più volte, l’ha baciata, ha mimato il suo gesto iconico, quello con cui sala le bistecche tenendo il braccio in verticale – ma al posto della carne, con la mano fingeva di buttare il sale sul trofeo -, ha insistito con Leo Messi per avere una foto insieme. Poi, è stato lui stesso a condividere sui suoi account da milioni di follower gli scatti di quella sera.

Le reazioni sui social

Tanto gli utenti dei social quando esponenti di primo piano nel mondo del calcio stanno criticando, in queste ore, la ricerca di attenzioni di Salt Bae, colpevole di essersi intromesso nei festeggiamenti più importanti della carriera di un calciatore. «Salt Bae può baciarmi il c**o. Volere tutte quelle attenzioni e toccare la Coppa. Chi ca**o sei, fratello? I tuoi 2 minuti di fama sono finiti. Il prossimo», ha scritto Giuseppe Rossi, ex attaccante di Villarreal e Fiorentina, su Twitter. Sono tantissimi i commentatori sportivi e le pagine social che stanno rilanciando le accuse contro lo chef proprietario di una catena di ristoranti di lusso sparsi nel Golfo Persico e negli Stati Uniti. Ecco qualche esempio.

La foto con Messi per riparare

Mentre lo Salt Bae era in campo con l’Argentina, c’è stato spazio anche per uno scambio di sguardi imbarazzato con il capitano albiceleste Messi, che lo avrebbe sostanzialmente ignorato. Lo chef ha provato in tutti i modi ad attirare l’attenzione del giocatore, fino a tirare più volte il braccio di Messi, che stizzito si è allontanato. Sui social ovviamente Salt Bae è stato accusato di voler sfruttare quell’occasione solo per visibilità personale rubando la scena alla festa argentina. Ma è stato poi lo stesso chef a cercare di spazzare via le ricostruzioni circolate finora, pubblicando un video di lui con Messi in cui si salutano e si fanno un selfie in un clima apparentemente disteso e cordiale.

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La calciatrice resta incinta e il club non le paga più lo stipendio, la denuncia di Alice Pignagnoli della Lucchese

21 Dicembre 2022 - 16:13 Redazione
«Mi sono sentita dire che gli impegni presi in estate vanno rispettati. Non me lo sarei mai aspettato», ha detto la 34enne in un lungo sfogo su Instagram

«Ferita come donna, madre e atleta». Alice Pignagnoli, calciatrice di 34 anni, si sfoga così su Instagram dopo che la squadra della Lucchese per cui gioca ha deciso di non pagarla più perché incinta. «Ferita e anche molto sola», scrive la donna, «un giocattolo vecchio da gettare. La società mi ha deluso. Dopo quanto successo con il Cesena due anni fa, non me lo sarei mai aspettato». Il riferimento della calciatrice è alla decisione della squadra romagnola di rinnovarle il contratto mentre era al settimo mese della sua scorsa gravidanza. Ora la 34enne portiera della Lucchese, di nuovo in attesa, ha comunicato la bella notizia alla società che milita nella serie C. Il risultato è stato l’interruzione immediata dello stipendio. «Ho informato il manager della Lucchese, Mario Santoro, e mi sono sentita dire che gli impegni presi in estate vanno rispettati: non era più loro intenzione pagarmi ciò che mi spetta». Una decisione che l’attuale regolamento del calcio femminile purtroppo non ostacola: la riforma dello scorso luglio 2022 ha previsto il passaggio al professionismo delle calciatrici solo di Serie A. Per loro, oltre al rispetto di stipendi minimi, i club sono obbligati a contrattualizzare accordi professionisti che riconoscono contributi previdenziali, un fondo di fine carriera e quindi garanzia di pensione e maternità. Diritti che dalla serie B in giù rimangono ancora privilegi da conquistare. «Sogno un mondo migliore, dove le donne vengano supportate in uno dei compiti più grandi e allo stesso tempo difficili che si trovano ad affrontare», ha scritto ancora Pignagnoli nel lungo post social, «non solo generare la vita, ma non sentirsi “sbagliate” a causa delle loro scelte. Un mondo dove le donne vengano valutate per il loro valore e non per la quantità di figli che hanno o non hanno».

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Stop all’aumento degli stipendi per i deputati: salta l’adeguamento da 5.500 euro al mese dal 2025

21 Dicembre 2022 - 15:46 Redazione
La modifica del regolamento, che vale al momento solo per i deputati e non per i senatori, è stato rivendicato dal questore grillino di Montecitorio, Filippo Scerra

«Adesso è ufficiale, l’ufficio di presidenza della Camera dei deputati ha approvato il blocco dell’aumento delle indennità dei parlamentari che sarebbe entrato automaticamente in vigore dal 2025. È una battaglia che ho condotto in seno al Collegio dei questori, è una vittoria del Movimento 5 stelle». Così il deputato grillino Filippo Scerra, questore della Camera, ha rivendicato la modifica del regolamento di Montecitorio che prevedeva un adeguamento automatico delle indennità parlamentari. Lo stop, che interviene sull’aumento del 2025, dovrebbe portare a un risparmio di circa 30 milioni di euro annui per le casse pubbliche. «Tale blocco – ha rimarcato Scerra – permette alla Camera di risparmiare ben 30 milioni di euro all’anno, stoppando un adeguamento di circa 5.500 euro al mese per ogni deputato. Grazie a questo intervento e al taglio dei parlamentari permettiamo un risparmio annuo di 80 milioni. Sono enormemente soddisfatto – ha concluso l’esponente grillino – perché è un’azione coerente con la nostra visione di gestione oculata della cosa pubblica. Il Movimento 5 stelle continua a dire no ai privilegi della classe politica».

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ATTUALITÀInchiesteNataleTasseTruffe

Il caso della truffa via sms sui regali di Natale: il messaggio sulla «tassa sblocca consegna» dei pacchi in giacenza

21 Dicembre 2022 - 15:30 Redazione
La polizia postale ha lanciato l'allarme sul drastico aumento del traffico di mail e sms legati alla strategia di phishing più gettonata delle feste

Natale che arriva truffa che trovi. Anche quest’anno la corsa ai regali e agli acquisti online ha solleticato gli impostori che di volta in volta escogitano nuove modalità per rubare somme di denaro e dati personali. Una delle più recenti nei giorni precedenti il Natale 2022 è la truffa del “pacco in giacenza“, svolta per email o per messaggio, ha già mietuto decine di vittime. A confermarlo è l’allarme lanciato dalla Polizia postale, che nelle ultime settimane ha registrato un drastico aumento del traffico mail e sms legati a questa strategia di phishing.

Il pacco in giacenza e il ricatto

Chi ha già ricevuto una mail o un sms, o chi ancora peggio ci è cascato, sa bene come funziona la truffa più gettonata durante le feste di questo Natale 2022. L’inganno è semplice: nel caos di decine di spedizioni a proprio nome, l’utente riceve una mail o un messaggio di avvertimento sulla consegna bloccata di un fantomatico pacco, di cui non è specificato il codice né nessun altro dato di riferimento. Dopo l’allerta sulla possibilità di non vedersi recapitato al proprio indirizzo di residenza il regalo da consegnare a Natale, arriva il ricatto. Per far ripartire l’iter bloccato è necessario inserire i propri dati cliccando su un link. Quasi sempre il messaggio di posta elettronica presenta mittenti che sembrano del tutto affidabili, da Bartolini e FedEx a Poste italiane. Anche gli stessi siti a cui il link rimanda sembra del tutto insospettabile perché riprodotti fedelmente all’originale. «La truffa ha più probabilità di successo se la mail viene aperta e letta da cellulare», spiega la polizia postale, «mentre accedere al messaggio tramite computer rende più chiaro l’indirizzo online truffaldino». Dopo l’apertura del link arriva poi la richiesta di effettuare un versamento, a volte anche minimo pari a 2 euro, per la cosiddetta «tassa sblocca consegna». A quel punto parte un countdown numerico in cui si l’utente viene messo alle strette: o paga entro l’arco di tempo definito o il pacco sarà rimandato al mittente.

Occhio alle motivazioni del blocco

I motivi del blocco spiegati nelle mail o negli sms sono diversi: si va dal pacco fermo in dogana, per cui sarà necessario il pagamento di una tassa, alla mancanza di alcune informazioni fondamentali per portare a termine la consegna messa quindi in stand by. O ancora alla necessità di tracciare il pacco dell’oggetto acquistato mediante il link segnalato.

Come riconoscere la truffa? L’attenzione dell’utente dovrà concentrarsi sul link inviato nella mail o per messaggio. L’indirizzo non ha quasi mai la certificazione SSL e quindi non comincia quasi mail con la sigla “https”, ma solo con “http”. «Il modo migliore per proteggersi», aggiunge anche la polizia postale, «è anche quello più ovvio: non cliccare sul collegamento ipertestuale»: basta infatti un click per consentire agli hacker di accedere ai dati personali.

E se ci casco?

Cliccare su uno dei link falsi può comportare anche all’inserimento in una delle cosiddette “catene di Sant’Antonio”. La segnalazione in questo caso proviene di solito dai propri contatti, allertati dalla ricezione di messaggi strani inviati, a sua insaputa, dall’utente hackerato. In questo caso si consiglia di formattare il dispositivo infettato e di modificare tutte le password utilizzate, da quelle dei social a quelle di accesso alle app.

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ESTERIDonald TrumpTasseUSA

Usa, svelate le dichiarazioni dei redditi di Donald Trump: nel 2020 versò zero dollari

21 Dicembre 2022 - 14:49 Redazione
Nei primi tre anni di presidenza il tycoon aveva versato 1,1 milioni di dollari. Poi il crollo delle sue entrate nell'anno della pandemia

Donald Trump ha versato 1,1 milioni di dollari di tasse nei suoi primi tre anni di mandato da presidente degli Stati Uniti, tra il 2017 e il 2019, ma nel 2020 non ha pagato nulla. A rivelarlo è il New York Times citando i dati diffusi dalla commissione della Camera che ha autorizzato la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi del tycoon. Nell’anno dell’esplosione della pandemia, Trump ha denunciato una perdita di 4,8 milioni di dollari e non ha pertanto pagato tasse sul reddito. I dati disponibili includono dettagli delle dichiarazioni dei redditi federali dell’ex presidente dal 2015 fino alla fine del suo mandato alla Casa Bianca. La testata statunitense riferisce che se all’inizio del suo mandato hanno subito ingenti cali, le fortune di Trump hanno subito un balzo nel 2018 con un reddito lordo di 24,3 milioni sui quali ha pagato quasi 1 milione di tasse federali. Esplosione dovuta principalmente alle vendite di proprietà e investimenti portate a termine. Ma nel 2020, quando il Paese è crollato per l’impatto della pandemia da Covid-19, le sue finanze ne hanno risentito, riportando una perdita di 4,8 milioni di dollari e zero imposte sul reddito. La notte scorsa la commissione di sorveglianza della Camera Usa aveva votato a favore della pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi di Trump. Tutti e 24 i Democratici che compongono il Ways and Means Committee hanno votato sì, mentre i 16 Repubblicani si sono detti contrari.

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SPORTCalcioMondiali 2022QatarVideo

Bufera su Brozovic e la nazionale croata, la festa in Qatar con canto e saluto ustascia – Il video

21 Dicembre 2022 - 14:47 Redazione
Sarebbero almeno un paio i casi controversi in cui i giocatori della nazionale croata hanno festeggiato cantando brani dei Thompson, il cui frontman in Croazia è considerato un neonazista

Scoppia la polemica sulla nazionale croata e Marcelo Brozovic, dopo che sui social è cominciato a circolare un video in cui alcuni giocatori festeggiano mentre gridano «Za dom spremni» (Pronto alla patria), con tanto di saluto nazista. Si tratta infatti di un saluto usato durante la Seconda guerra mondiale dal movimento fascista degli Ustascia croati, una sorta di «Sieg Heil» dei nazisti tedeschi. Quella frase è anche l’inizio di un brano dei Thompson, band croata che in patria è considerata palesemente neonazista. Nelle immagini, oltre al centrocampista dell’Inter, compare anche il difensore Dejan Lovren, ex Liverpool oggi allo Zenit San Pietroburgo. Già dopo la vittoria contro il Brasile ai quarti dei Mondiali in Qatar, i giocatori croati avevano festeggiato in piedi sulle sedie cantando un’altra canzone dei Thompson, in cui si fa riferimento a «Herceg-Bosna», una comunità croata creata tra il 1991 e il 1994 durante la guerra nei Balcani e riconosciuta come progetto criminale dal Tribunale penale internazionale dell’Aia.

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ECONOMIA & LAVOROBonusCarovitaGoverno MeloniSupermercati

Nasce il reddito alimentare: come funziona e a chi spetta il nuovo aiuto per le famiglie in difficoltà

21 Dicembre 2022 - 14:08 Redazione
La nuova misura contenuta nell'emendamento approvato presentato dal Pd, partirà in via sperimentale nel 2023 con 1,5 milioni di euro a disposizione. 2 milioni nel 2024

Mentre la manovra del governo Meloni arriva alla stretta definitiva sul reddito di cittadinanza, l’emendamento del Pd alla nuova legge di bilancio, approvato poche ore fa, introduce ufficialmente un nuova tipologia di sostegno da destinare a chi si trova in povertà assoluta. È il reddito alimentare, la misura che per i prossimi due anni prevederà la consegna di pacchi realizzati con i prodotti invenduti della grande distribuzione alimentare. L’obiettivo è quello di aiutare i più fragili della società e allo stesso tempo, come ha sottolineato il dem Marco Furfaro che ha presentato l’emendamento, «di riuscire ad evitare di buttare 230mila tonnellate di cibo invenduto». Le specifiche modalità di attuazione della nuova norma sono ancora in parte da stabilire: entro i prossimi 60 giorni un decreto dal ministero del Lavoro dovrà chiarire la platea beneficiaria del nuovo reddito e gli enti del terzo settore coinvolti nella sperimentazione. Per adesso l’emendamento approvato fornisce le principali linee guida su funzionamento e città interessate.

Dove e quando verrà sperimentato

Per ora la proposta del reddito alimentare dovrà essere sperimentata e quindi verificata nella sua efficacia: la sua fase iniziale riguarderà soltanto le città metropolitane, quindi le più grandi sul territorio nazionale. Sulle tempistiche non c’è nulla di definitivo se non una partenza prevista sicuramente nel 2023. A partire da ora inoltre saranno necessari almeno due mesi per il decreto atteso da parte del ministero del Lavoro.

Come funzionerà e chi potrà riceverlo

L’emendamento approvato per ora parla di una distribuzione di pacchi di cibo e bevande recuperate dalla merce invenduta dei grandi magazzini alimentari. Con il doppio scopo di limitare lo spreco e aiutare le famiglie in difficoltà. Le scatole saranno da prenotare mediante un’applicazione e da ritirare presso uno dei centri di distribuzione stabiliti. Dovrebbe essere prevista anche la possibilità, per le categorie fragili, di ricevere i viveri direttamente a casa: un’ipotesi che potrebbe valere per anziani e persone non autosufficienti. Il dem Leonardo Cecchi, uno dei fautori dell’emendamento, ha parlato su Facebook di circa 5,6 milioni di persone in povertà assoluta in Italia. Sarà da capire se la sperimentazione in partenza potrà rispondere ai bisogni di tutta la platea citata.

I fondi disponibili

Per il prossimo biennio il governo metterà a disposizione del reddito alimentare 1,5 milioni di euro nel 2023 e 2 milioni di euro nel 2024. «3,5 milioni in tutto: inizia un percorso che strutturerà il progetto in tutto il Paese, ne sono certo», scrive ancora Cecchi. A fare eco Furfaro: «600 mila bambini, 337mila anziani e in totale 3 milioni di italiani si avvalgono, quando va bene, delle mense o dei pacchi alimentari perché non possono permettersi di fare la spesa. Da adesso, quel cibo non finirà più nell’immondizia, ma verrà redistribuito a tutte quelle persone che ne hanno bisogno».

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POLITICA25 aprileFdIIgnazio La RussaPunti di VistaSenatoVideo

La Russa: «25 aprile? Non basta andare ai cortei. Se mi manca essere “operativo”? Un casino» – Il video

21 Dicembre 2022 - 13:52 Felice Florio
Il presidente del Senato ha incontrato la stampa parlamentare per scambiarsi gli auguri natalizi. E ammette: «Il taglio dei parlamentari è stato un buco nell'acqua»

È iniziata la settimana di Natale ed è tempo per chi lavora tra Camera e Senato di scambiarsi gli auguri. Ma non i saluti: nei prossimi giorni, ad attendere parlamentari, addetti dei palazzi e giornalisti ci sarà un tour de force per approvare la legge di Bilancio 2023 e scongiurare l’esercizio provvisorio. Lo dice anche Ignazio La Russa: il presidente di Palazzo Madama, in un incontro conviviale con i giornalisti, ribadisce che «l’esercizio provvisorio va evitato non perché danneggia una parte politica o il governo, ma perché sarebbe un danno di immagine per l’Italia». La seconda carica dello Stato, comunque, è fiducioso che non si sfori la deadline del 31 dicembre: «Ci sono dei momenti – aggiunge – in cui maggioranza e opposizione, ferme nelle loro idee, debbono però avere come stella cometa l’interesse nazionale, il bene dell’Italia e quello di non arrivare all’esercizio provvisorio fa parte di quello che io ritengo un dovere per tutti i parlamentari».

A proposito di parlamentari, La Russa approfitta dello scambio con la stampa per ammettere che anche il suo partito ha commesso un errore sostenendo il taglio del numero di deputati e senatori: «Ridurre il numero dei parlamentari, sulla base di giuste considerazioni di risparmio, visti i risultati non penso sia valsa la pena. Penso che abbiamo fatto un mezzo buco nell’acqua». Si sofferma anche sugli aspetti logistici che riguardano l’Aula del palazzo che presiede: «Dobbiamo trovare un modo per far sembrare piena l’Aula che invece sembra vuota. Abbiamo tolto la prima fila e forse toglieremo le estreme laterali accorpando al centro i parlamentari». L’esponente di Fratelli d’Italia parla anche di modiche regolamentari, non ancora attuate, ma necessarie per adeguare il funzionamento delle Camere al taglio dei parlamentari: «Per ovviare a qualche disfunzione sono state fatte delle modifiche al regolamento, ma c’è ancora il problema delle bicamerali. Mi aspetto che anche la Camera faccia dei passi per rendere più facile e compatibile e agevole il bicameralismo. Sicuramente un risparmio ci sarà pur se ridotto. Poteva essere più ampio vista la riduzione dei parlamentari, ma come struttura probabilmente ci si aspettava qualcosa di più».

Il presidente del Senato coglie l’occasione offerta dalla cronaca, l’approvazione della Manovra, per approfondire il capitolo riforme: «Sono anni ormai che la legge di Bilancio prima la fa la Camera o il Senato. Allora facciamo una legge costituzionale in cui si dice c’è il bicameralismo, ad eccezione della legge finanziaria, è più serio piuttosto che farla rimbalzare tra Camera e Senato, offrendo a chi tocca la seconda lettura l’occasione per saltare un pezzo di vacanze. Personalmente credo che prima o poi una riforma della seconda parte della Costituzione possa e debba toccare il modo con cui il bicameralismo è inteso, senza arrivare a un monocameralismo. C’è però tutta possibilità che il parlamento si interroghi su come migliorare questa doppia lettura». I vari passaggi affrontati da La Russa rivelano una certa nostalgia dell’attività da parlamentare, dismessa da quando è assurto a seconda carica dello Stato. Manca essere operativo? «Un casino! Però sul mio ruolo, come ho già detto, credo che se avessero voluto un presidente che dirige solo il traffico, potevano metterci un semaforo».

«Al di là della leggera parzialità che avrò a favore dell’opposizione, che ha bisogno sempre di essere tutelata e su questo credo nessuno abbia potuto lamentarsi, penso che fuori dal ruolo, un minimo di spazio per esprimere le proprie opinioni debba essere riconosciuto anche a chi ha compiti come il mio. Non è che uno debba smettere di pensare», afferma. Durante la conversazione con i giornalisti, La Russa dà la sua opinione sull’intervento italiano in difesa di Kiev: «Chi si illude che la pace in Ucraina sia più vicina lasciando gli ucraini in balia dell’invasione russa sbaglia. Potrebbe anzi arrivare una pace più rapida, quella del cimitero – e sottolinea che la scelta di fornire armi – è del governo, ma soprattutto del parlamento. Ho verificato che rimanesse anche nell’ultimo decreto un impegno a che nulla sia fatto senza un passaggio da parte del parlamento, che rimane sovrano».

La Russa si dilunga anche sul tema della Festa della Liberazione, tema sul quale la sua personale posizione ha sempre provocato polemiche. «Cosa succederebbe se io andassi in un corteo come quello dove hanno spintonato il padre di Letizia Moratti o contestato la Brigata ebraica? Come celebrerò il 25 aprile allora? L’ho già fatto: sono andato al cimitero di Milano dove c’è una statua dedicata ai partigiani, ci sono andato da ministro della Difesa a portare un enorme mazzo di fiori, un omaggio a chi ha dato la vita per la libertà». Poi, parlando da «politico», La Russa ricorda il congresso di Fiuggi e dice che «lì in maniera molto chiara facemmo i conti con il fascismo e riconoscemmo il valore della riconquista della libertà e della democrazia come essenziali. Poi facemmo dei distinguo tra partigiani cosiddetti bianchi e chi lecitamente, ma con un riconoscimento diverso, aveva votato contro il fascismo per creare una situazione istituzionale forse non migliore, anzi, che era quella dell’allora Unione sovietica ma io i fiori ai partigiani li ho portati».

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Nord Stream, stallo nell’inchiesta sul sabotaggio. I dubbi dagli Usa: «Ancora nessuna prova contro Mosca»

21 Dicembre 2022 - 13:36 Redazione
La rivelazione del Washington Post che fa da eco alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell'intelligence di 9 Paesi intervistati nelle ultime settimane

«Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano che la Russia potrebbe non essere responsabile degli attacchi ai gasdotti Nord Stream». Non ci sono quindi ancora prove che dimostrino la colpevolezza di Mosca nel sabotaggio delle linee posizionate nel tratto di Mar Baltico tra Danimarca e Svezia. A darne notizia è il Washington Post che cita un funzionario europeo, facendo eco alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di nove Paesi intervistati nelle ultime settimane. Alcuni si sono spinti fino a dire che non pensano che la Russia sia responsabile, scrive la testata statunitense, mentre altri continuano a considerare Mosca il «sospetto primario». Dopo le esplosioni di fine settembre i leader mondiali hanno iniziato a rimbalzarsi tra loro la presunta responsabilità dietro l’attacco.

«Se la questione resta irrisolta non è una buona cosa»

Nel mirino ci era finita subito Mosca perché con l’avvicinarsi dell’inverno, sembrava che il Cremlino volesse bloccare il flusso di energia a milioni di persone in tutto il continente. Un’operazione «ricatto» secondo alcuni Paesi dell’Occidente, Stati Uniti in testa, probabilmente per far ritrarre il loro sostegno finanziario e miliare all’Ucraina. «Nei mesi successivi alle esplosioni, gli investigatori hanno setacciato i detriti e analizzato i residui di esplosivo recuperati dal fondo del Mar Baltico. I sismologi hanno individuato il momento in cui si sono verificate le tre esplosioni del 26 settembre, che hanno causato quattro perdite nei gasdotti Nord Stream 1 e 2», ricorda il Washington Post. «Nessuno dubita che i danni siano stati intenzionali. Ma anche coloro che sono a conoscenza dei dettagli forensi non sono in grado di collegare in modo definitivo la Russia agli attacchi», ribadiscono i funzionari, che hanno chiesto di parlare in anonimato. Che le esplosioni rimangano irrisolte «non è, però, una buona cosa. Chiunque sia stato potrebbe farla franca», concludono.

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Afghanistan, i talebani vietano l’università alle donne: i colleghi uomini lasciano l’aula per protesta – Il video

21 Dicembre 2022 - 13:02 Ygnazia Cigna
La protesta è avvenuta a Nangarhar in un istituto di medicina, accompagnata dagli applausi delle studentesse ormai escluse dagli atenei

Alcuni studenti uomini di un’università di medicina di Nangarhar, in Afghanistan, hanno abbandonato le lezioni in segno di protesta contro il divieto di andare all’università per le donne imposto dai talebani. Fuori dalla classe hanno assistito diverse studentesse che hanno accolto il gesto con un applauso ai colleghi. Altri studenti hanno continuato la protesta fuori dall’istituto. In Afghanistan, le autorità hanno emesso il divieto per le ragazze a tempo indeterminato e ad annunciarlo è stato il ministero dell’Istruzione superiore con una lettere inviata a tutte le università governative e private del Paese. «Vi informiamo di attuare il citato ordine di sospendere l’istruzione femminile fino a nuovo avviso», si legge nell’informativa firmata del ministro Neda Mohammad Nadeem, ex governatore e comandante militare nominato responsabile dell’Università lo scorso ottobre. L’ennesimo passo indietro che arriva a meno di tre mesi dagli esami di amissione all’università che migliaia di studentesse hanno sostenuto. Nonostante le promesse iniziali, da quando i talebani sono tornati al potere nell’agosto dell’anno scorso le donne sono state escluse progressivamente dalla vita pubblica, politica e dall’istruzione.

Le promesse tradite

Lo scorso maggio le giornaliste televisive sono state costrette a coprirsi il volto per poter andare in onda. Nello stesso mese il governo ha imposto il burqa per passeggiare in pubblico. Infine, la grande promessa tradita a marzo: la non riapertura delle scuole. Gli estremisti al potere avevano annunciato che avrebbero riaperto tutte le scuole sia maschili che femminili, dopo uno stop che durava da 190 giorni, ma poco dopo il governo emanò un rinvio con una giustificazione che sa di pretesto: non erano ancora state progettate le uniformi scolastiche compatibili con l’indicazione della Sharia. Nonostante le repressioni, in più occasioni violente, le donne afghane hanno continuano ad alzare la voce contro il regime oppressivo scendendo in piazza e manifestando dissenso. Ultimo dissenso manifestato in ordine di tempo è stata la protesta di decine di donne della minoranza hazara – un’etnia sciita storicamente perseguitata e oppressa dai Talebani e dall’Isis – scese tra le strade di Kabul contro l’attentato suicida avvenuto lo scorso ottobre in una scuola provocando la morte di almeno 35 persone, gran parte giovani donne.

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No! Questo test per Covid-19 e influenza non dimostra che sono la stessa cosa

21 Dicembre 2022 - 12:30 Juanne Pili
Torna a circolare la teoria infondata dei negazionisti della Covid-19

A volte da disinformazione passa attraverso fotografie autentiche, commentate in maniera del tutto vaga, lasciando che siano i pregiudizi degli utenti bersaglio a completare il tutto. Un esempio possono essere le immagini condivise su Facebook che immortalano una confezione del test antigenico Fanttest che reca la scritta (segnalata con un cerchio rosso da chi diffonde l’immagine): «COVID-19/Influenza A&B Antigen Test Kit». Secondo la narrazione complottista si tratterebbe di una presa in giro e che la Covid-19 sarebbe una banale influenza. Ovviamente non è così.

Per chi ha fretta:

  • È possibile realizzare test antigenici rapidi che utilizzano separatamente anticorpi diversi che rispondono ad antigeni specifici, permettendo di rilevare patogeni diversi.
  • Tali test non dimostrano che la Covid è normale influenza, perché la positività deve essere accertata coi test PCR, che ne rilevano la traccia genetica.
  • La scomparsa dell’influenza lo scorso inverno si spiega proprio con le condizioni pandemiche che si sono andate a creare.

Analisi

Come accennato questo genere di narrazioni restano sul vago, lasciando che siano gli utenti a “collegare i puntini”, mediante i propri preconcetti (abbiamo censurato le parti più scabrose con degli asterischi):

La presa per il culo sputata su tela ipocrita 🤡
Un test efficacissimo per capire con precisione quanto sei co***one 💔

Quello in oggetto è per la precisione un test rapido e richiede comunque di fare un ulteriore test PCR per accertare la concreta presenza attiva del virus.

Come funziona questo genere di test rapido

Un test antigenico funziona mediante precisi anticorpi che rispondono esclusivamente all’antigene di un patogeno, ed è possibile farselo in casa mediante un semplice tampone nasale. È possibile crearne con anticorpi diversi per diagnosticare la positività a patogeni differenti, come spiegato nella nostra Guida ai test diagnostici. La narrazione proviene dagli Stati Uniti, come dimostra il precedente fact-checking dei colleghi di USA Today. Abbiamo dunque conferma che la narrazione in oggetto è volta proprio a sostenere che la Covid-19 altro non sia che un travisamento dei virus influenzali, individuati col kit in oggetto:

So you can buy a test kit for Covid19 & Influenza A&B. Conclusion:
1. Covid19 no real difference than the FLU.
2. That’s why there mysteriously was NO FLU last year – all misdescribed as Covid19.

I colleghi americani hanno confermato che è perfettamente normale che tali test possano rilevare patogeni diversi: basta che gli anticorpi siano specifici per i differenti antigeni, separatamente. Esistono anche altre aziende dedite alla produzione di questo genere di kit, come la Vitrosens, che a fornito una spiegazione più dettagliata sul funzionamento di questo genere di prodotti:

Come altri test antigenici, il test rapido dell’antigene COVID-19 e dell’Influenza A/B si basa sull’interazione tra anticorpi e antigeni. […] La striscia reattiva contiene diverse linee di anticorpi altamente sensibili anti-SARS-CoV-2, anti-influenza A e anti-influenza B per legare e catturare antigeni specifici per ciascun patogeno.

Scomparsa e ritorno dell’influenza

Non approfondiremo la questione dell’influenza apparentemente scomparsa l’anno scorso (tornando proprio in questo periodo) perché non è direttamente menzionata nella condivisione in oggetto. Ci basta ricordare che proprio le le norme di distanziamento sociale adottate potrebbero aver giocato un ruolo, mentre l’ipotesi dell’interferenza virale per quanto plausibile non è dimostrata. Per approfondire potete recuperare le nostre analisi precedenti:

Conclusioni

I test antigenici rapidi che possono rivelare patogeni diversi hanno un principio di funzionamento molto semplice e per niente misterioso. Non possono dimostrare dunque che la Covid-19 sia una banale influenza, anche perché è necessario comunque accertare la presenza del virus attivo mediante test PCR.

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