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Milano, inchiesta sulla «lobby nera»: la procura pronta a chiedere l’archiviazione per Fidanza e altri 7 indagati

20 Dicembre 2022 - 09:22 Redazione
Secondo i giudici le indagini non avrebbero evidenziato le ipotesi di reato di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio

Verso l’archiviazione l’inchiesta aperta nei mesi scorsi dalla procura di Milano sulla cosiddetta «lobby nera» di cui avrebbero fatto parte esponenti di Fratelli d’Italia e Lega tra cui l’eurodeputato Carlo Fidanza. Le valutazioni, scaturite dall’indagine giornalistica di Fanpage, non avrebbero infatti evidenziato le ipotesi di reato – contestate dai pm Giovanni Polizzi e Piero Basilone – relative a finanziamento illecito ai partiti e di riciclaggio. Oltre a Fidanza erano state iscritte nel registro degli indagati altre sette persone: Roberto Jonghi Lavarini, detto il «barone nero», il commercialista Mauro Rotunno, Lali Panchulidze, presidente dell’Associazione culturale internazionale ecumenica cristiana Italia Georgia Eurasia. E poi ancora l’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca, il consigliere lombardo Massimiliano Bastoni, la consigliera comunale milanese di Fratelli d’Italia Chiara Valcepina, e infine Riccardo Colato, esponente di Lealtà Azione. Da quanto si apprende, il pm Polizzi avrebbe disposto la richiesta di archiviazione dell’indagine che nei prossimi giorni sarà inoltrata al gip.

L’inchiesta e l’archiviazione

Era stata la video-inchiesta di Fanpage nell’ottobre del 2021 a far aprire il fascicolo alla procura. Dal lavoro di un giornalista infiltrato era infatti emerso un presunto sistema di «lavanderia» per pulire i soldi versati in nero e destinati alla campagna elettorale per le elezioni comunali 2021 di Milano. Era stato lo stesso «barone nero» a introdurre nel giro il giornalista di Fanpage, che crede imprenditore, per chiedere un finanziamento e a presentarlo a Fidanza. In un dialogo ripreso con una telecamera nascosta l’eurodeputato gli avrebbe spiegato che poteva contribuire alla campagna in diverse modalità: «Le modalità sono: o versare nel conto corrente dedicato. Se invece voi avete l’esigenza del contrario e vi è più comodo fare del black, lei si paga il bar e col black poi coprirà altre spese». L’invito era arrivato durante un evento elettorale. Fidanza poi era stato ancora più esplicito: «Lui trova quattro o cinque professionisti, queste persone fanno loro il versamento tracciato sul conto elettorale». Per il clamore mediatico della vicenda Fidanza si era autosospeso da tutti gli incarichi del partito. Nella seconda puntata della video-inchiesta di Fanpage era stata inoltre coinvolta anche la Lega e i suoi legami con la galassia dell’ultradestra.

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Scuola e abbandono, il 16enne che ha lasciato gli studi: «La verità? Mi annoiavo. Ora dormo fino a tardi e il pomeriggio esco»

20 Dicembre 2022 - 09:16 Redazione
Ha un diploma di terza media e nessuna voglia di andare avanti: «La scuola non ti spiega come fare soldi»

Mirko Destefani ha 16 anni. Ha un diploma di terza media ottenuto con un anno di ritardo. E a settembre non si è iscritto a nessuna classe di prima superiore. E ora che fa? «Dormo fino a tardi e il pomeriggio esco», dice in un’intervista a Repubblica. «La verità è che a scuola mi annoiavo. «Andavo male già a undici anni, la prima media. L’ho fatta qui a Lozzo Atestino, in provincia di Padova. Non mi trovavo con gli insegnanti, neppure con i miei compagni. Non studiavo e accumulavo “4”. Il primo quadrimestre è stato tutto insufficiente. Mi salvavo in motoria, che piace a tutti, e in Arte. Sono bravo nel disegno, ma non disegno da tempo», racconta a Corrado Zunino.

L’abbandono scolastico

Il tasso di abbandono scolastico in Italia nel 2020 era pari al 13,8%. I dati di Eurostat dicono che l’Italia si piazza agli ultimi posti della classifica europea. Dopo Islanda (14,8%), Romania (15,6%), Spagna (16%), Malta (16,7%), Turchia (26,7%). Mirko ha due fratelli. Al quotidiano racconta come è cominciato il suo primo anno scolastico: «All’inizio bene, ho scoperto che quel tipo di professionale mi piaceva. Anche i voti, sufficienti. Via via, però, mi sono lasciato condizionare da chi avevo intorno e ho ripreso a fare casino. Eravamo solo maschi e in classe c’era sempre tanta confusione. A volte era difficile fare lezione. Sono arrivate le sospensioni, una, due, tre. E mi sono fermato. Per sempre. No, non sono più andato a scuola, direi dalla primavera 2022. Mi hanno considerato ritirato, e bocciato».

«Con la scuola ho chiuso»

E ora? «Con la scuola italiana ho chiuso, ci metto una pietra sopra. In classe non sono mai stato in grado di darmi da fare, ho sempre e solo fatto casino». Aiuta in casa: «Quando mi chiedono di fare qualcosa non mi tiro indietro. Taglio l’erba, in casa e fuori. Ci ricavo una paghetta». E ci tiene a far sapere che «la scuola ti insegna tanto, ma non ti dà tutto quello che ti serve per la tua vita. Non ti spiega come fare i soldi». Mentre con sua madre non parla del suo fallimento scolastico: «Quello che mi manca ho sempre cercato di ricavarlo da me».

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Gianluca Vialli, le condizioni si aggravano: la madre parte per Londra

20 Dicembre 2022 - 08:46 Redazione
Il campione nella clinica dove ha sostenuto due cicli di chemioterapia Nei giorni scorsi l'annuncio sulla Nazionale

Le condizioni di Gianluca Vialli si sono aggravate. E la madre è partita per Londra, dove l’ex calciatore ed allenatore è ricoverato. La Gazzetta dello Sport fa sapere oggi che il campione, che lotta contro un tumore al pancreas da cinque anni, si trova nella clinica dove ha sostenuto due cicli di chemioterapia. Mentre la madre Maria Teresa è partita da Cremona verso la Capitale del Regno Unito. Nei giorni scorsi Vialli ha annunciato di aver lasciato il suo ruolo in Nazionale per curarsi. Ieri intanto Antonio Cabrini, campione del mondo 1982 in Spagna, ha scritto una lettera aperta all’ex blucerchiato: ha affidato la sua missiva al direttore de La Provincia di Cremona, Marco Bencivenga. «Caro Gianluca – recita il testo -, quando ho letto sul giornale che hai rinunciato al tuo ruolo di capo delegazione della Nazionale mi si è stretto il cuore. Conoscendo il tuo straordinario attaccamento alla Maglia Azzurra, ho capito che un simile passo da parte tua può avere un solo significato: la partita che stai giocando ti sta impegnando molto! L’avversario, quello che tu chiami “il compagno di viaggio indesiderato”, sta giocando sporco, come un difensore che affonda il tackle, non per conquistare la palla, ma per far male all’avversario. E allora io, da tuo compagno-amico, ti scrivo per farti coraggio».

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Usa, il cruciverba che ricorda una svastica fa scoppiare una polemica sul New York Times

20 Dicembre 2022 - 08:33 Redazione
Il creatore del cruciverba si è detto «entusiasta» per la pubblicazione del suo primo puzzle domenicale sul NY Times, Spiegando di avergli dato «una divertente forma a vortice»

Il  New York Times nella bufera social dopo la pubblicazione di un cruciverba che secondo molti utenti avrebbe la forma di una svastica. Sui social la cosa non è passata inosservata: molte persone hanno infatti espresso dure critiche nei confronti del quotidiano americano. Tra i commenti anche quello di Donald Trump Jr che lo ha definito «disgustoso». Nel suo commento, il creatore del cruciverba si diceva «entusiasta» per la pubblicazione del suo primo puzzle domenicale sul NY Times, spiegando di avergli dato «una divertente forma a vortice». Il primo a farlo a notare era stato lo stratega democratico Keith Edwards su Twitter. «Questo è il cruciverba del NYTimes oggi nel primo giorno di Hanukkah», ha scritto.

Le critiche

Numerose le critiche anche sul sito del quotidiano. «A chi importa se è stato “non intenzionale”? Non è a questo che servono gli editori?», ha sottolineato uno dei tanti utenti che chiedono al giornale di intervenire. Rispondendo alle critiche, Jordan Cohen, direttore esecutivo delle comunicazioni del quotidiano, ha dichiaro a Newsweek, che si tratterebbe di un «comune disegno» di un cruciverba. «Molte griglie aperte nei cruciverba hanno uno schema a spirale simile», ha concluso. Ma le sue parole non sono bastate a placare ira e sospetti. 

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«Troppo bella per l’assunzione»: la vigilessa che fa causa al comune di Cesena

20 Dicembre 2022 - 08:24 Redazione
Una ragazza di 27 anni accusa il capo dei vigili

Una ragazza di Cesena di 27 anni ha fatto causa al comune per una presunta discriminazione. Davanti al tribunale del lavoro di Forlì la ragazza chiederà di essere reintegrata nella sua mansione di agente della polizia locale. O meglio: la causa chiede di trasformare il suo contratto di formazione e lavoro della durata di un anno in indeterminato. Eliminando gli effetti della «gravissima discriminazione» di genere che avrebbe subito secondo il suo avvocato Matteo Pavanetto. La ragazza ha vinto il concorso/bando classificandosi al terzo posto. Assunta insieme ad altri sette colleghi, secondo la commissione presieduta dal comandante della polizia locale Andrea Piselli «non aveva raggiunto le competenze tecniche necessarie per svolgere il servizio in autonomia». Evidenziava infatti delle lacune, si legge nel verbale della commissione riportato oggi da Il Resto del Carlino, «con errori di sostanza con riferimento all’intera struttura della legge di depenalizzazione». Insomma: non era abbastanza preparata per poter essere assunta come agente. Ma la storia non finisce qui. «Al termine della prova – continua il ricorso dell’avvocato forlivese – il comandante Piselli le avrebbe comunicato che a suo parere, data la sua avvenenza, subiva il fascino della divisa, che con il sorriso non avrebbe ottenuto gratificazione dagli utenti. Alludendo, de facto, che sarebbe stato meglio dedicarsi ad altre attività a lei più consone. Battuta salace cui la signora vigilessa – continua il legale – rispondeva da parte sua zittendo il comandante, comunicandogli che il lavoro per il quale ha studiato è quello dell’agente di polizia locale e non di modella». Il comune respinge le accuse. Un giudice deciderà chi ha ragione.

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Giuseppe Conte e la differenza tra D’Alema e Renzi: «Uno fa il testimonial dei regimi a pagamento, l’altro ha lasciato la politica»

20 Dicembre 2022 - 08:05 Redazione
Il leader del M5s chiede una legge sulle lobby. E attacca il senatore di Italia Viva

Giuseppe Conte vuole una legge sulle lobby e chiede di fare chiarezza sul Qatargate. Ma nella faccenda rimarca una differenza tra Matteo Renzi e Massimo D’Alema. Quest’ultimo è stato chiamato in causa dall’esponente Pd Provenzano a proposito di Panzeri. Ma secondo il leader del M5s non c’entra nulla. «Non solo il popolo della sinistra ma tutti i cittadini italiani devono poter nutrire fiducia nei loro rappresentanti», esordisce Conte in un’intervista a Repubblica. «Integrità morale ed etica pubblica non sono appannaggio di una sola cultura politica, non vengono ereditate in funzione di una tessera di partito. Sicuramente i partiti coinvolti da questo scandalo devono fare chiarezza al più presto. Non basta sospendere in fretta e furia un singolo europarlamentare. L’affarismo va affrontato alla radice».

La differenza

Mentre su Renzi Conte dice che «è inaccettabile che un senatore della Repubblica, pagato dai cittadini, vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi”. Non è una frase mia ma di Calenda, pronunciata prima di allearsi con Renzi. Per una volta la penso come lui, ma non dobbiamo personalizzare: nessun parlamentare italiano deve ricevere contributi, a qualsiasi titolo, da un altro Stato. Quanto a D’Alema, ha dismesso da tempo incarichi pubblici. La differenza non è di poco conto». Infine, sulla commissione d’inchiesta Covid-19 voluta proprio dal leader di Italia Viva: «Siamo favorevoli, nessun problema. L’importante è che si voglia approfondire in maniera puntuale e seria, che ci si voglia interrogare sullo stato della nostra sanità e su come è stata gestita la pandemia anche a livello regionale, evitando che venga utilizzata per scopi polemici e strumentali».

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Lo scrittore Jonathan Bazzi aggredito a Rozzano: «Gridavano il nome dell’inviato di Striscia la notizia”»

20 Dicembre 2022 - 07:41 Redazione
Due 13enni in monopattino hanno cominciato a seguirlo. Poi si sono uniti anche altri: «Volevano difendere il territorio dei pusher»

Lo scrittore Jonathan Bazzi, 37 anni, candidato al Premio Strega nel 2020 con Febbre, è stato aggredito nei giorni scorsi a Rozzano, un comune dell’hinterland milanese. «Camminavo con il mio ragazzo Marius e con il regista di Febbre che aveva bisogno di scattare qualche fotografia. Due tredicenni in monopattino elettrico, un maschio e una femmina, hanno cominciato a seguirci. Arrivati nella piazza del municipio hanno chiamato altri amici. Poi, hanno raccolto della neve ghiacciata dalla pista di pattinaggio e ce l’hanno lanciata addosso gridandoci contro. A Marius hanno anche tirato una lattina di tè piena rovinandogli la giacca», racconta oggi a La Stampa. Lo scrittore è convinto che i ragazzi «siano stati attirati dalla macchina fotografica. Io ho cercato di andare avanti e di non calcolarli sperando che desistessero. L’unica cosa che abbiamo capito è che urlavano il nome di Brumotti, l’inviato di Striscia che ha girato alcuni servizi sullo spaccio. Ho avuto l’impressione che volessero difendere il territorio dei pusher. È come se avessero risposto a una chiamata alle armi». E dice di aver avuto paura perché «alla fine erano sette o otto. Ho rivissuto certe sensazioni spiacevoli di quando ero ragazzino. Non abbiamo reagito perché è un attimo che arrivino genitori e fratelli più grandi. Nei cortili delle case popolari ci sono pregiudicati, persone pericolose e violente». Infine, Bazzi dice che lo ha chiamato un maresciallo dei carabinieri: «Sa benissimo come stanno le cose, ma ha pochissimi margini d’azione. D’altronde parliamo di un degrado della qualità e delle prospettive di vita che investe intere famiglie». Poi, su Twitter racconta con uno screenshot la mentalità di chi abita in zona:

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L’Argentina campione del mondo arriva a Buenos Aires: la festa all’aeroporto per Messi & Co. – Il video

20 Dicembre 2022 - 07:16 Redazione
Sulla pista l'autobus scoperto che porterà i calciatori in centro città

L’aereo dei campioni del mondo dell’Argentina è atterrato a Buenos Aires. Sulla pista è già presente l’autobus scoperto che porterà Messi e gli altri giocatori, fino al centro della città. Nel paese è stata proclamata la festa nazionale: sono già migliaia le persone che si sono sistemate sulle strade del percorso, pronte a salutare i campioni del mondo di Qatar 2022. L’atterraggio, dopo lo scalo all’aeroporto di Fiumicino, è avvenuto 02:23 ora locale (06:23 in Italia). Il volo AR1915 delle Aerolìneas Argentinas aveva a bordo il presidente della Federcalcio argentina Claudio Tapia e l’allenatore dell’Albiceleste Lionel Scaloni. È atterrato all’Ezeiza Aeroporto Internazionale, in provincia di Buenos Aires. L’Albiceleste passerà la notte nel suo centro di allenamento. A mezzogiorno il giro per le strade della città. Il tour terminerà a plaza de Majo.

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Qatargate, Eva Kaili ribalta le accuse: «Sapevo di quelle valigie, ma i soldi erano di Panzeri»

20 Dicembre 2022 - 06:51 Redazione
L'ex presidente del Parlamento europeo ha ammesso tramite il suo legale di aver saputo del denaro a casa sua "all'ultimo minuto" e di aver chiesto di farlo restituire a Panzeri

L’ex vicepresidente del Parlamento Europeo, Eva Kaili, nega le informazioni che che circolano sul suo conto da questa mattina, dopo la confessione davanti ai giudici del Qatargate con la quale ha affermato di essere stata a conoscenza delle valigie piene di soldi nel suo appartamento di Bruxelles. «Non ha mai ammesso di aver chiesto al padre di trasferire il denaro per nasconderlo», afferma il suo legale, come invece hanno scritto stamattina sia il quotidiano belga Le Soir, che la Repubblica. A riportare le parole dell’avvocato Michalis Dimitrakopoulos è il sito di informazione greco Kathimerini. «Kaili è venuta a sapere del denaro all’ultimo minuto e ha immediatamente chiesto che fosse restituito al proprietario, il signor Panzeri», continua la dichiarazione del legale. Kaili ha affermato di essere stata informata delle valigie piene di soldi quando suo marito, Francesco Giorgi, è stato arrestato vicino alla sua abitazione, a quel punto, sostiene Dimitrakopoulos, ha cercato di mettersi in contatto con Antonio Panzeri per farglielo avere. Un’opzione era quella di consegnare il suo compagno alla polizia, un’altra era quella di rendere il denaro al proprietario. Kaili non aveva l’obbligo di denunciare il marito secondo la legge europea, ha dichiarato il legale. L’avvocato, infine, ha ribadito che la sua assistita nega ogni coinvolgimento nella vicenda, facendo notare che: Tutte le sue proprietà sono giustificate dai suoi stipendi.

La confessione

Eva Kaili ha confessato davanti al giudice Michael Claise ha detto: «Conoscevo le attività di Mr. Panzeri. E sapevo che a casa mia c’erano valigie piene di soldi». E «ha tentato di avvertire Panzeri e due eurodeputati coinvolti nell’inchiesta». Per questo nei suoi confronti la procura di Bruxelles ha deciso l’arresto. La flagranza di reato e il tentativo di inquinare le prove sono stati due atti decisivi.

Le contestazioni

Alla Kaili, racconta il quotidiano, viene inoltre contestato «di essere intervenuta a difesa degli interessi del Qatar, avendo incontrato il ministro del Lavoro» del governo di Doha. Proprio su indicazione di Panzeri. Che le «avrebbe impartito ordini», secondo l’accusa, «per il tramite del marito». «Eva non deve parlare con l’olandese!», diceva per esempio Panzeri a Giorgi, «dille di smettere». Per questo i giudici hanno deciso l’arresto. Visti i comportamenti, scrivono, «che hanno causato un grave pregiudizio alla sicurezza»: il sistema di corruzione messo in piedi da Panzeri e Giorgi «rappresenterebbe un certo danno per l’equilibrio della democrazia». Il suo avvocato Michalis Dimitrakopoulos ha fatto notare all’accusa che Kaili e Giorgi hanno un bambino di meno di due anni. In questa settimana è rimasto a casa con la nonna. «Il denaro che è stato trovato a casa non le apparteneva, era di suo marito» ha sostenuto il legale. Facendo notare anche che la Kaili ha parlato di come con il marito stessero acquistando un appartamento e che lui partecipava «non ufficialmente» al rimborso del prestito, a conferma del fatto di essere a conoscenza di entrate «straordinarie».

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Ginnastica, il dossier sulle 197 ragazzine presunte vittime di abusi: «Botte con le clavette, sgambetti e cibo negato»

20 Dicembre 2022 - 06:27 Redazione
L'associazione Change The Game racconta casi di maltrattamenti in 15 regioni italiane. Tra body shaming, privazioni e punizioni per un biscotto

Oggi nella sede della Stampa Estera a Roma l’associazione Change the Game presenterà un dossier sulle denunce di 197 ragazzine su presunti abusi nel mondo della ginnastica ritmica. Non solo i fatti della “Casa delle Farfalle” di Desio. Ma episodi accaduti nelle palestre di 15 regioni italiane che riguardano bambine e ragazze dagli 8 ai 22 anni. Tutte affidate a coach di chiara fama. E tutte finite nel tunnel dei maltrattamenti, secondo il dossier: body shaming, privazioni alimentari, discriminazioni e persino percosse per un biscotto in più. E ancora: allenamenti della durata di sei ore per atlete piccolissime, a volte anche isolate dalle coetanee e dal sistema scolastico. Oltre a genitori che non denunciano perché sperano di fare della loro bambina un’atleta vincente. E pagano migliaia di euro per gli «svincoli». Ovvero i passaggi da una società all’altra che dovrebbero invece essere a carico del gruppo sportivo.

Il caso

Il caso Ginnastica comincia il 30 ottobre 2022, quando l’ex atleta Nina Corradini denuncia i maltrattamenti subiti dalle allenatrici della Federginnastica. Veniva pesata quotidianamente «in mutande davanti a tutti, sempre dalla stessa allenatrice». Che poi segnava i numeri su un quadernino e dava il giudizio: «Cercavo di mettermi ultima in fila, non volevo essere presa in giro davanti alla squadra. L’allenatrice mi ripeteva ogni giorno: “Vergognati”, “mangia di meno”, “come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?”. Una sofferenza». Poi tocca ad Anna Basta e Giulia Galtarossa, mentre arriva il commissariamento dell’Accademia di Desio. Dopo la denuncia di Alice Aiello, il presidente del Coni Giovanni Malagò si scusa con le Farfalle ma difende Emanuela Maccarani, una delle istruttrice accusate. Lei accusa di manipolazione le ragazze. Il Coni inaugura un pool investigativo. Mentre anche Carlotta Ferlito si schiera con le colleghe.

L’inchiesta

Change the Game accusa oggi la cultura da caserma presente nel corpo delle ginnaste. E sottolinea che Federginnastica continua ad ingaggiare esperti ma non ha ancora emanato un solo provvedimento restrittivo nei confronti delle istruttrici. Intanto con il Corriere della Sera parla Sergio Marchetti, padre di Giada. Lui ha denunciato quattro anni fa senza ottenere nulla. Ma ancora oggi vuole raccontare cosa è successo alla figlia. La cui crisi è scoppiata «il 5 maggio 2018 dopo aver visto una compagna percossa dalla coach con le clavette. Non era il primo episodio. Ho guidato sette ore per abbracciarla e davanti a una pizza mi ha raccontato quello che aveva subìto. Gli sgambetti sistematici per farla cadere che le hanno procurato seri problemi alla schiena, le frasi brutali, il cibo negato. Il sogno si è sbriciolato: c’è voluta una psicologa per valutare e riparare il disastro».

I ricorsi e i controricorsi

Ma con le istituzioni è finita malissimo: «La federazione ha raccolto la mia denuncia e quella di altri genitori, documentate con audio e testimonianze. Ma non mi ha mai dato notizie e non ha mai sentito Giada. Nel processo sportivo la vittima non può costituirsi parte civile, l’affare resta tra Procura e incolpato. Alla coach solo tre mesi di squalifica. Durante i quali ha continuato ad allenare ed è stata anche convocata in ruoli federali. La Procura in compenso ha indagato su di me per capire se ero testimone attendibile o genitore fanatico e rancoroso. Ho presentato ricorsi e controricorsi al Coni: un muro di gomma».

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Price Cap, cosa succede con l’accordo Ue sul prezzo del gas: «Bollette in aumento nel 2023, bisogna tagliare i consumi»

Un meccanismo pieno di condizionalità. Difficile da far scattare. E che non avrà effetti sull'utenza finale nel breve periodo

L’Unione Europea ha trovato un accordo sul price cap. Il Consiglio Energia ha fissato un tetto al prezzo pari a 180 euro per megawattora. Si dovrà superare per 3 giorni consecutivi per farlo scattare. Mentre la differenza di prezzo con il Gnl dovrà essere superiore a 35 euro. Tre condizioni che rendono il meccanismo complicato da implementare. Ma che non hanno permesso di trovare l’unanimità: l’Ungheria ha votato contro, Olanda e Austria si sono astenute. Ma secondo gli esperti c’è di più: l’applicazione non sarà facile, i mercati non lo accetteranno. Mentre di veri effetti sul prezzo non se ne vedranno, se non in prospettiva. E soprattutto: le bollette non diminuiranno, si prevede un nuovo aumento già a gennaio 2023. Con la prospettiva che soltanto un taglio dei consumi potrà aiutare a calmierare i prezzi e a cancellare la dipendenza dalla Russia.

Come funziona il price cap

L’intesa sul price cap prevede un elemento dinamico riferito al prezzo medio del Gnl. Per tutelare l’attrattività del mercato energetico continentale e scongiurare la fuga delle forniture verso l’Asia. Il meccanismo parte a 180 euro al megawattora, ma con una seconda condizione. Per la sua attivazione prevede che lo spread tra il prezzo del gas sull’indice di riferimento Ttf di Amsterdam e il prezzo medio sugli altri mercati globali superi i 35 euro per tre giorni lavorativi di fila. Per questo si parla di «limite di offerta dinamica» fissata a 145 euro. Se il prezzo di riferimento del Gnl è inferiore a questa soglia, il tetto rimarrà alla somma di 145 euro e 35 euro, ovvero 180 euro a megawattora. Nell’ordine:

  • la soglia attuale è stata in effetti superata ad agosto e settembre, ma è inferiore al prezzo attuale;
  • il tetto avrà una durata massima di 20 giorni, al termine del quale si annulla; può anche essere sospeso in caso di rischi sulle forniture;
  • il consiglio Ue ha stabilito anche che le società energetiche dei vari Paesi dovranno procedere ad acquisti comuni per almeno il 15% degli stoccaggi.

Cosa significa per le bollette

Cosa succede ai prezzi per l’utente medio con l’accordo Ue sul price cap? In primo luogo La Stampa segnala oggi che le decisioni non si tradurranno in risparmi immediati. Anzi, nel breve termine il prezzo del gas aumenterà. Il presidente dell’Autorità per l’Energia Stefano Besseghini ha infatti spiegato ieri che a gennaio 2023 «per quanto riguarda l’energia elettrica tutto sommato non ci saranno aumenti perché il trimestre è stato con prezzi medi relativamente bassi». Mentre il discorso sul gas è diverso. La formazione del prezzo ci sarà tra 15 giorni. E sicuramente le tariffe del metano «risentiranno del fatto che adesso entriamo nella parte vera dell’inverno in cui le temperature sono più rigide e la domanda è più alta». Anche se «gli stoccaggi non sono messi malissimo, questo non ci metterà al riparo da un rincaro». Il tetto a 180 euro, secondo il presidente di Arera è «sicuramente più basso di quello con cui si era cominciata la discussione. Ma rimane alto rispetto ai prezzi industriali. Vediamo come reagisce il mercato e che effetti si determineranno nel medio periodo. Certamente in qualche maniera gli scambi saranno mitigati».

«Tagliamo i consumi»

L’economista Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, spiega oggi in un’intervista al Quotidiano Nazionale che si tratta solo di «un piccolo correttivo. Non sarà con il price cap che l’Ue risolverà l’emergenza». Perché è lontanissimo dalla media degli ultimi anni (20 euro). E perché potrà aiutarci a evitare fiammate nell’immediato. Ma senza effetti concreti sulle bollette: «Occorrerebbe, invece, militarizzare la crisi, come abbiamo fatto per il Covid, con interventi massicci. In Italia, ad esempio, non possiamo discutere per mesi per fare un rigassificatore o per aumentare la produzione nazionale di gas o per aprire qualche centrale a carbone in più. Serve tutto immediatamente. E, forse, serve anche un po’ di recessione». Tabarelli spiega anche che «l’obiettivo è di applicare i limiti solo ai “futures”, ai contratti a termine, quelli scambiati nelle borse istituzionalizzate come Ice. Tuttavia più di due terzi degli scambi sono fuori, sull’Over the Counter, sull’Otc, a cui non si applicherebbero i massimi. Intanto, il Qatar fa la voce grossa sull’inchiesta sui fondi nel parlamento europeo, mentre noi ci accapigliamo su dove fissare un tetto che faremo comunque fatica ad applicare». Per Tabarelli bisogna fermare i bonus e tagliare i consumi nel breve periodo. E puntare su fonti energetiche alternative al gas nel futuro.

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Corruzione al Tar del Lazio: due avvocati e un giudice nei guai per cause vendute e comprate

20 Dicembre 2022 - 04:46 Redazione
A Silvestro Maria Russo, Federico Tedeschini e Pierfrancesco Sicco contestata l'accusa di corruzione in atti giudiziari

Due avvocati amministrativi ai domiciliari e un magistrato sospeso per un anno. Con le gravissime accuse di corruzione in atti giudiziari e per atti contrari ai doveri d’ufficio. Questi i risultati dell’indagine della procura di Roma sul Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Il giudice finito nell’inchiesta e sospeso è Silvestro Maria Russo, presidente della III sezione del Tar. I due avvocati sono Federico Tedeschini e Pierfrancesco Sicco. Un’altra misura interdittiva della durata di un anno è stata disposta per Gaia Checcucci, commissario ad acta presso la provincia di Imperia per le funzioni di Ente di governo dell’Ato Ovest per il servizio idrico integrato. Oltre alla sospensione dalla professione di avvocato per un anno per Gianmaria Covino.

Le carte dell’inchiesta

Le carte dell’inchiesta raccontano di un rapporto «di reciproco soccorso e di reciproca messa a disposizione delle funzioni rivestite e favori» tra Tedeschini e Russo. Il quale, «in un momento di delusione e frustrazione per il mancato avanzamento di carriera all’interno della Giustizia Amministrativa», si rivolge e chiede soccorso, non in termini di assistenza legale ma di raccomandazioni e potere di influenza, al noto avvocato. Che aveva plurimi contenziosi di interesse pendenti davanti al Consiglio di Stato. Il legale «accoglie senza alcuna esitazione la richiesta di raccomandazione e di intervento. Ben consapevole che l’utilità assicurata ad un importante Consigliere di Stato si sarebbe trasformata per lui in un passepartout per i contenziosi di interesse».

Le tre cause

Russo vuole far carriera all’interno del Consiglio di Stato. Ma vuole anche accusare, senza esporsi, il presidente del Consiglio di Stato di nomine illecite a ruoli apicali . Proprio quelle a cui Russo aspirava, «affinché il Presidente possa mettere mano alla vicenda e intervenire in favore di Russo». Quest’ultimo, come ricostruito dai carabinieri di via In Selci, ha favorito l’avvocato Tedeschini in almeno tre cause al Tar. In uno dei casi il magistrato avrebbe aiutato lo studio legale in un provvedimento che riguardava un suo cliente escluso in un appalto per la riqualificazione di piazza dei Cinquecento. Nell’intercettazione dello scorso gennaio si sente Tedeschini dire a Sicco: «No, ma è tutto regolare, pulito. In questa maniera perché vale il principio dell’irrilevanza dei motivi. Tu mi devi andare a dimostrare che io ho fatto questo perché avevamo fatto un ‘pactum sceleris‘. E come c… me lo dimostri?».

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