10 concorrenti arrivati in Messico con l'idea di fare una vacanza dovranno sfidarsi per il titolo di "miglior lavoratore"
È vero che i giovani non hanno più voglia di lavorare? E, se sì, cosa succede se si trovano costretti a farlo? Otto puntate, dieci giovani concorrenti e una location esotica. Con una sorpresa: anziché una vacanza invidiabile sotto il sole del Messico, li aspettano sei settimane di lavoro. Questo, in estrema sintesi, è quello che vedremo in Summer Job, il primo reality Netflix condotto da Matilde Gioli e prodotto da Banijay Italia. Che oggi, 16 dicembre, debutta sulla piattaforma. È nato con l’intento di «raccontare parte di un mondo che è stato ancora poco raccontato: quello della generazione Z», racconta a Open Romina Ronchi, capoprogetto del format. Una fascia d’età ritenuta interessante anche perché, spiega, «è la prima generazione che può prendere in considerazione l’idea di non avere il lavoro come obiettivo primario nella vita. Ormai ci sono milioni di alternative che possono sostituire il modello che conosciamo: subordinato, dipendente, a tempo pieno». Anche se i ventenni scelti per partecipare al programma non sono ragazzi qualunque.
«È stato uno shock: non avevo outfit adatti»
Per calzare alla perfezione l’identikit del concorrente adatto al format, infatti, dovevano avere caratteristiche precise. Un’età è compresa tra i 18 e i 23 anni, tanto per cominciare, ma soprattutto una collocazione ascrivibile all’universo comunemente conosciuto come quello dei Neet, ovvero i giovani che non studiano né lavorano (e che in Italia, secondo i dati più aggiornati, sarebbero oltre 3 milioni). Il gruppo selezionato, dunque, è chiamato a posare il Margarita e impugnare la scopa: solo dopo 24 ore dall’arrivo in una villa esclusiva in Messico, sulla riviera Maya, viene loro annunciato che la vacanza dovranno guadagnarsela. Se vorranno continuare dovranno impegnarsi in umili mansioni. «Per me è stato uno shock perché non avevo nessun outfit adatto a lavorare», racconta a Open Angelica, 22 anni, laureata alla Cattolica in relazioni internazionali. Sconcerto che riecheggia anche nelle parole degli altri concorrenti: «Io volevo solo andare in vacanza: all’inizio credevo che ci stessero prendendo in giro», racconta Matthias, 19 anni e un diploma conseguito in un college privato londinese. E poi c’è chi, come Marina, 21 anni, racconta di aver realizzato quello che era successo solo quando il proprietario del ristorante dove si era recata le ha detto di iniziare a pulire il locale.
Camerieri, lavapiatti, raccoglitori di alghe
Angelica, Matthias, Marina e Gian Marco, 23enne che ha studiato Fashion Design alla Marangoni, prima di partecipare al programma si stavano godendo il loro anno sabbatico. Quello che li attendeva in Messico li ha messi in una posizione inaspettata: Marina ha vestito i panni di cameriera, lavapiatti (e occasionalmente, di donna delle pulizie). Angelica ha lavorato per un “boutique hotel” a Tulum: «Era una meta che desideravo vedere da tempo. E invece mi sono ritrovata lì a raccogliere alghe e a trascinare sacchi». Matthias ha trovato occupazione in un salone di bellezza, ma anche in un panificio. Il mestiere più esotico è forse toccato a Gianmarco, dipendente d’eccezione di un “monkey sanctuary“, ovvero un santuario faunistico con primati di tante specie da riabilitare e reintrodurre in natura. «Messi continuamente alla prova, continuamente provocati, è interessante vedere i piccoli e grandi cambiamenti che si sono innescati in ognuno di loro», commenta Ronchi. «Io a casa non mi facevo nemmeno il letto, c’era la donna delle pulizie – racconta ad esempio Angelica -. Sicuramente dopo questa esperienza ho imparato ad affrontare meglio i problemi e ad accettare i sacrifici». Ma, d’altro canto, «Ho anche capito che non farò mai la dipendente. Sono figlia di imprenditori, i miei genitori hanno aziende con cui organizzano matrimoni in Puglia. Ho intenzione di lavorare anche io nel mondo del lusso, magari aprendo qualcosa di mio».
«Ho imparato che dietro l’angolo c’è sempre la fregatura»
Anche per Matthias, sporcarsi quotidianamente le mani non sembra una prospettiva allettante: preferisce «tenerle pulite e vivere una vita tranquilla», racconta. Tuttavia, sente che qualcosa in lui è cambiato dal punto di vista umano: «Adesso lascio la mancia a tutti: prima guardavo solo se il cocktail era uscito alla perfezione, adesso empatizzo col barman che me lo prepara e con la tizia che me lo porta», afferma magnanimo. Marina invece ha scoperto, di ritorno dal viaggio, che quella della tour operator potrebbe essere la sua strada. Rimanendo, intanto, sugli effetti di breve termine, afferma che il boost subìto dalla sua autostima a margine dell’esperienza le ha permesso di riuscire «finalmente» a prendere la patente. Gian Marco la butta sull’ironia: «Ho compreso che la vita ti pone davanti a cose nuove che non ti aspetteresti mai di fare, ma soprattutto che dietro l’angolo c’è sempre la fregatura». Poi, tornando serio, osserva come lavorare in settori così distanti dalle sue ambizioni gli abbia «aperto gli occhi su ciò che veramente le persone devono affrontare nel loro quotidiano per poter vivere».
Il meccanismo del gioco
Un bel bagaglio, partendo dal presupposto che, ricorda Ronchi, il programma vuole essere semplice intrattenimento: «Non c’è la volontà di insegnare niente al pubblico, è tutto molto leggero. Ci saranno piccole storie d’amore, piccoli battibecchi, qualche litigata, e tanta spensieratezza. E amicizie che spero continueranno». Sebbene infatti per molti coetanei dei protagonisti i lavori più umili, faticosi e meno pagati siano la normalità, il meccanismo si basa, con un pizzico di sadismo, nel giocare con le contraddizioni e nel vedere come i protagonisti supereranno le sfide, rimanendo nell’ambito del gioco di un programma d’evasione. «Summer Job ha un meccanismo a eliminazione: al termine di ogni settimana il boss consegna ai ragazzi una busta paga – spiega ancora Ronchi -. Se è piena, vuol dire che hanno lavorato bene e si sono guadagnati la vacanza. Se è vuota rischiano l’eliminazione. Questo è il criterio che decreterà il vincitore del montepremi (pari a 100mila euro): chi lavora meglio secondo il boss». Dietro questa veste ludica, però, si nasconde un lavoro mastodontico: «È un programma che ha coinvolto oltre 100 persone e ha impiegato 8 mesi di lavoro, in un periodo difficile come il 2021», racconta Alessio Guetti, produttore esecutivo. Che non esclude il ritorno: Una seconda stagione? «Ci potrebbero essere buone speranze, dipenderà dagli ascolti». Le otto puntate sono state rese disponibili in blocco, e sono ora disponibili su Netflix. Pronte per il binge watching.
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