Il problema dei crediti e la garanzia Sace estesa. Le limitazioni per le aziende
La proroga al 110% per il Superbonus sarà tra gli emendamenti del governo alla Legge di Bilancio. Lo ha annunciato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Spiegando che bisogna fare presto perché mancano una decina di giorni alla scadenza che porterebbe all’esercizio provvisorio. Ma la Cilas, ovvero la comunicazione di inizio lavori, dovrà essere arrivata entro il 25 novembre. Le delibere condominiali dovranno essere fatte quindi «entro l’11 novembre», ha aggiunto. Per i crediti invece la proposta del governo è quella delle 3 cessioni e Sace, ha detto, specificando che il possibile intervento di Cassa Depositi e Prestiti per il Superbonus «non è contemplato in norma».
Il problema dei crediti
La proposta non piace alle opposizioni. Sono migliaia le aziende rimaste senza liquidità a causa dei crediti bloccati, ha detto ieri Daniele Manca, capogruppo Pd in commissione Bilancio al Senato, «Ma la garanzia Sace porta nuovo debito alle aziende che rischiano di non farcela, si sta bloccando tutto. Per lavori già eseguiti i crediti fiscali ammontano a quasi 6 miliardi di euro. Era meglio utilizzare gli F24 con i cassetti fiscali». Ma la Sace può concedere garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito. Per finanziamenti sotto qualsiasi forma, «strumentali a sopperire alle esigenze di liquidità delle imprese», replica il governo. Il Sole 24 Ore aggiunge che ci sarà una limitazione per le aziende che hanno sfruttato incentivi diversi rispetto al Superbonus. La limitazione dipende dai requisiti che la nuova norma fissa per l’accesso alle garanzie. Le imprese devono avere sede in Italia, devono rientrare nei codici Ateco 41 (costruzione di edifici) e 43 (lavori di costruzione specializzati) e devono realizzare interventi «di cui all’articolo 119» del decreto Rilancio. Così, chi avrà effettuato solo lavori legati a sconti fiscali diversi non avrà accesso alla garanzia di Stato.
Per il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon «non è un dramma» l’ipotesi di tagliare il reddito di cittadinanza dopo sette mesi. In un’intervista a La Stampa il leghista spiega che «c’è una discussione, è un’ipotesi su cui non farei allarmismi. Anche perché stiamo comunque parlando di persone che possono e devono andare a lavorare. Il punto non è un mese in più o in meno, ma invertire la tendenza del reddito a tempo indeterminato. Da parte di Conte e M5S la drammatizzazione è eccessiva». La possibile riforma è «fattibile senza stracciarsi le vesti» secondo il sottosegretario. Il quale spiega che «tutta la tempistica di questa manovra è anomala, visto che il governo è in carica da un mese e mezzo. Poi ci sono emendamenti che devono essere valutati, bisogna aspettare le risposte del ministero dell’Economia, qualche ritardo è inevitabile. Ma sono certo che nessuno voglia finire in esercizio provvisorio e non ci finiremo». Infine, su Opzione Donna «stiamo lavorando a una soluzione ponte, riportando l’età di uscita a 58 anni, vedremo per quanto tempo. In prospettiva, però, l’obiettivo è superare Opzione donna con la riforma previdenziale: è una misura che a me non piace, perché la decurtazione del 30% dell’assegno è troppo pesante».
L'annuncio dell'attrice: «Il miglior regalo da ricevere»
L’attrice americana Jane Fonda ha annunciato che il suo cancro è in remissione. «È il miglior regalo di compleanno», ha scritto sul suo blog. «La scorsa settimana il mio oncologo mi ha detto che il mio cancro è in remissione e che posso interrompere la chemioterapia. Mi sento così benedetta, così fortunata», si legge nel post pubblicato dall’attrice 84enne. Alla star del cinema Usa era stato diagnosticato il Linfoma non Hodgkin, un tipo di cancro che colpisce il sistema linfatico. La stessa Fonda lo aveva ha reso pubblico sui social lo scorso settembre: «Mi sento molto fortunata. È un cancro molto curabile. L’80% delle persone sopravvive», aveva spiegato. Ricordando di essere una privilegiata: «Quasi tutte le famiglie in America hanno dovuto affrontare il cancro prima o poi. E troppi non hanno accesso all’assistenza sanitaria di qualità che sto ricevendo io. E questo non è giusto», ha scritto.
I morti in totale sono dieci. Sconosciuta la causa del rogo
Dieci persone sono morte, tra cui cinque bambini, e quattordici sono rimaste ferite a causa di un incendio scoppiato in un palazzo a Vaulx-en-Velin, nei pressi di Lione. La prefettura francese fa sapere che quattro feriti versano in gravi condizioni. Le fiamme sono scoppiate poco dopo le tre di notte e hanno richiesto l’intervento di quasi 170 pompieri. L’origine è «sconosciuta». Ora sarebbe stato spento. Due vigili del fuoco sono rimasti leggermente feriti durante l’intervento. Le fiamme sono partite dal piano terra per propagarsi al piano superiore.
La Polstrada, la Gdf e i carabinieri smentiscono il boss della 'ndrangheta
La storia del camion imbottito di hascisc caduto dal Ponte Morandi non torna proprio. Quel tir con 900 chili di droga non è precipitato sicuramente il 14 agosto 2018 da Genova. E forse si tratta di una messinscena per giustificare la sparizione del carico. La vicenda comincia con l’operazione “Blu Notte” della Dda di Reggio Calabria. Nelle intercettazioni ambientali del boss di Rosarno Francesco Benito Palaia con l’affiliato Rosario Caminiti si racconta la faccenda: «Quando è caduto Ponte Morandi, se vai al primo video, è caduto un furgone… È un eurocargo giallo, lo vedi benissimo è giallo, con una cella frigorifera, piccolino! È caduto paru (orizzontale, ndr)…Come è caduto il ponte si è seduto… gli è caduta una macchina sopra».
L’eurocargo frigo giallo
C’è un problema. Come aveva già fatto notare Verità & Affari, dai filmati del crollo si vede solo Opel Corsa gialla che viaggiava a 20 secondi dal camion Basko, il furgone che riuscì a fermarsi a pochissimi metri prima dalla voragine che spezzò il ponte. L’auto è caduta durante il crollo del Morandi, e su di lei è piombato un altro veicolo. Ma non certo un camion giallo. L’edizione genovese di Repubblica fa notare oggi che non ne ha notizia la Polstrada e non sanno niente nemmeno gli uomini della Guardia di Finanza di Genova che per 4 anni hanno indagato sul crollo. E ancora: nel crollo sono rimasti coinvolti in tutto tre camion. C’era il tir che trasportava una bobina di acciaio, quello finito dentro il torrente e quello che trasportava mobili. E che era bianco e non giallo. Alla guida c’erano due cittadini stranieri, un moldavo e un rumeno, morti nella tragedia. Era di proprietà della ditta Alba di Stains (Francia). Gli agenti della polizia giudiziaria sono entrati nel camion per recuperare gli oggetti personali dei deceduti. «Se ci fossero stati 900 chili di droga ce ne saremmo accorti», dicono al quotidiano. I carabinieri di Genova e Latina hanno indagato sull’eurocargo bianco (che non aveva una cella frigo). Il mezzo è rimasto a Bolzaneto almeno fino a ottobre 2018. Poi è stato trasferito. Senza alcun legame con la ‘ndrangheta.
Il sindaco di Roma tra i parlamentari amici nominati dai servizi segreti di Rabat. La conferenza del 2011 con D'Alema e Cozzolino
C’è anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri nella lista dei parlamentari amici dei servizi segreti del Marocco. Lo scrive oggi La Verità, citando fonti vicine al dossier. Gli 007 del Belgio avrebbero identificato «gli eurodeputati socialisti e i loro assistenti considerati dal Dged (il servizio segreto di Rabat, ndr) “amici del Marocco». Gualtieri è stato europarlamentare dal 2009 al 2019. E presidente di commissione dal 2014 al 2019, quando si dimise per diventare ministro dell’Economia nel Conte II. Su endorsement di Massimo D’Alema. Su Internet, aggiunge il quotidiano, è possibile rintracciare il programma di una conferenza sul Mediterraneo organizzata dal Pd e dai Socialisti e Democratici europei nel 2011. Gualtieri fece il relatore sulle questioni della sicurezza e della difesa. Ma a parlare c’era anche Antonio Panzeri, che era «presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb». Nell’elenco dei partecipanti figurava anche Andrea Cozzolino. Il convegno si concluse proprio con un intervento di D’Alema.
Tra i sospesi i reporter di Cnn, Nyt, Washington Post
Il social network Twitter ha sospeso gli account di diversi giornalisti che avevano pubblicato dei post su Elon Musk, il nuovo proprietario del social, e sulla decisione di rimuovere l’account che tracciava il suo jet. Tra i sospesi ci sono quelli dei reporter di Cnn, The New York Times e The Washington Post, oltre ad alcuni giornalisti indipendenti. Secondo CNBCNews è stato sospeso anche l’account di Mastodon, il nuovo concorrente di Twitter. Musk, replicando a un commento che lo chiamava in causa, ha scritto su Twitter che raccontare la sua geolocalizzazione in tempo reale mettendo in pericolo la sua famiglia non è un modo per esprimersi liberamente. Successivamente, ha lanciato un sondaggio sul ban agli account. I giornalisti coinvolti sono Ryan Mac del New York Times, Donie O’Sullivan della Cnn, Drew Harwell del Washington Post, Matt Binder di Mashable, Micah Lee di Intercept. Sospesi anche i reporter indipendenti Aaron Rupar, Keith Olbermann e Tony Webster. Nei giorni scorsi era arrivata la sospensione di 25 account che tracciavano gli aerei di agenzie governative, miliardari e individui di alto profilo, compreso quello di Musk. Molti erano gestiti da Jack Sweeney, studente universitario di 20 anni e appassionato di monitoraggio dei voli che aveva utilizzato Twitter per pubblicare aggiornamenti sulla posizione dell’aereo privato di Musk utilizzando informazioni disponibili pubblicamente. Sweeney aveva chiesto a Musk una Tesla in regalo per chiudere l’account.
Evasione fiscale e false fatturazioni le ipotesi investigative. Sei indagati in totale. E l'associazione contro la violenza sulle donne usata per muovere denaro
L’indagine della procura di Latina sulla cooperativa Karibu va avanti da tre anni. Non riguarda gli stipendi e i presunti maltrattamenti emersi dopo la denuncia del sindacato Uiltucs. Ma punta il dito su una presunta evasione fiscale e su false fatturazioni. Che sarebbero servite, secondo l’ipotesi degli inquirenti, a far finire i soldi in Ruanda. Dove un cognato di Aboubakar Soumahoro gestisce attività di ristorazione e safari. Gli indagati totali sono sei. Ovvero la compagna del parlamentare Liliane Murekatete, la suocera, Maria Therese Mukamitsindo, e il fratellastro Michel Rukundo. E Richard Mutangana, altro figlio di Mukamitsindo, oltre a due collaboratrici: la camerunense Ghislaine Ada Ndongo e l’ugandese Christine Ndyanabo Koburangyira Kabukoma.
«Un programma delinquenziale a gestione familiare»
A tutti e sei il Gip di Latina Giuseppe Molfese nell’ordinanza ha disposto il divieto per un anno di contrattare con la Pubblica Amministrazione ed esercitare imprese o uffici direttivi. Ma soprattutto, ha ordinato il sequestro di oltre 639 mila euro per la madre e di 13 mila euro circa per la figlia e il fratellastro Rokundo. L’accusa nei confronti della compagna di Soumahoro è “dichiarazione fraudolenta” per evadere il fisco. Secondo il Gip gli accusati farebbero parte di un «collaudato sistema fraudolento», con «elevata spregiudicatezza criminale». Che ha attuato un «programma delinquenziale a gestione familiare». Nell’ordinanza peraltro si ricordano «gli allarmanti accertamenti sulla qualità dei servizi erogati» dalle due coop che si occupavano di accoglienza e integrazione dei migranti. Con significativi appalti pubblici: «Sovrannumero di ospiti, carenti condizioni igieniche, assenza di derattizzazione e deblattizzazione – scrive il magistrato – nonché più genericamente la scarsità delle prestazioni fornite».
I bonifici verso l’estero
Secondo l’ipotesi investigativa degli inquirenti la coop faceva transitare i soldi verso l’estero attraverso bonifici intestati a un’associazione contro la violenza sulle donne. Che sarebbe stata usata come schermo per evadere le tasse. Repubblica riporta oggi che secondo il sostituto procuratore Andrea D’Angeli gli indagati avrebbero evaso per anni le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Inserendo nelle dichiarazioni che vanno dal 2015 al 2019 elementi di passività inesistenti. Attraverso fatture emesse dal Consorzio Aid e dall’associazione Jambo. Che era rappresentata da Mutangana e aveva sede legale a Sezze in provincia di Latina negli stessi locali della Karibu. Il sistema serviva anche a giustificare in sede di rendicontazione la richiesta di finanziamenti allo Sprar per i rifugiati. Imbrogliando così il Viminale e l’Anci.
Una gestione contabile «non trasparente»
Le Fiamme gialle hanno riscontrato «prelevamenti in contanti, bonifici verso l’estero, una difficile rendicontazione delle erogazioni, una gestione contabile non trasparente e distrazioni di denaro per finalità estranee alla gestione dei progetti». Ovvero, spiega il quotidiano, i bonifici diretti alla Karibu RW e a Mutangana. Murekatete si è subito detta, per voce del suo avvocato Lorenzo Borrè, «assolutamente estranea rispetto ai fatti contestati, che peraltro riguardano un presunto danno erariale di 13 mila euro. Siamo certi – ha detto ancora il legale – che a breve, anzi a brevissimo, verrà fatta chiarezza e dimostrata la totale innocenza della mia assistita». Anche il deputato Soumahoro si è detto convinto che la sua compagna è innocente e ha ribadito la sua estraneità ai fatti.
L’informativa della Gdf
Il Corriere della Sera aggiunge che in un’informativa della Guardia di Finanza che risale 2 febbraio scorso si legge che «la Jumbo non risulta avere dipendenti». E non ha presentato il 770 nel 2019. «Ma risulta aver ricevuto dalla Karibu bonifici utilizzati sistematicamente per disporre bonifici anche verso l’estero a vari soggetti», sostengono le fiamme gialle. Tra questi proprio Mutangana e sua moglie Valeria Giglioli. Gli importi «sembrerebbero addirittura strumento per veicolare il trasferimento di denaro da Karibu a Jumbo e da quest’ultima all’estero».
I sospetti nati dalle dichiarazioni di Giorgi. La procura potrebbe chiedere l'autorizzazione a procedere. Le altre piste e le dissociazioni
«Mi sento nel frullatore. E ci sono finito soltanto perché Francesco Giorgi ha detto di avere un sospetto su di me». Il nome dell’eurodeputato del Partito Democratico Andrea Cozzolino non è tra gli indagati nell’inchiesta sulla corruzione dal Qatar. Ma è nel “mirino” della procura di Bruxelles. Perché, è la tesi dei magistrati, fa parte del gruppo insieme ad Antonio Panzeri. Ma al momento non è stato indagato. Perché non si trovano dazioni di denaro a lui collegabili. E perché ha l’immunità parlamentare. Vogliono chiedere l’autorizzazione, ma solo quando avranno abbastanza prove per farlo. Intanto l’eurodeputata socialista di origine italiana Maria Arena fa sapere che su Panzeri ha sbagliato giudizio. Ma respinge un gossip che gira nei corridoi di Strasburgo: «Non sono la sua amante».
L’inchiesta
L’indagine su Cozzolino parte davvero dal sospetto di Giorgi. L’assistente parlamentare a cui la polizia italiana ha trovato 20 mila euro in contanti in una cassetta di sicurezza ad Abbiategrasso ha detto ai magistrati belgi di avere l’idea che lui sia associato a Panzeri. L’altro nome fatto da Giorgi è quello di Tarabella, anche lui non indagato. Mentre gli altri due italiani coinvolti, Brando Benifei e Alessandra Moretti, respingono qualsiasi coinvolgimento. Aiutati anche dalle dichiarazioni di Giorgi. Intanto La Stampa fa sapere che i soldi cash trovati a Bruxelles sarebbero solo una piccola parte delle tangenti. Gli investigatori della Guardia di Finanza lavorano su sette conti correnti italiani. Perché «è presumibile che il provento dei fatti illeciti sia stato trasferito sui conti bancari». Negli estratti conto già sono stati rinvenuti alcuni movimenti che potrebbero essere interessanti.
Le altre piste
Ma si tratta di una pista su cui gli investigatori hanno appena iniziato a scavare. Per ricostruire il «quadro internazionale dell’organizzazione criminale» che pagava «ingenti somme di denaro in cambio dell’attività» di eurodeputati e non solo finiti «a libro paga» dei paesi corruttori. A carico di Cozzolino c’è anche un incontro con Mansour Yassine, capo dei servizi segreti del Marocco. «Ma ti pare che il capo dei Servizi Segreti incontri me?», risponde l’eurodeputato al quotidiano. Lui si è autosospeso dal gruppo dei Socialisti, ma «non sono stato indagato, non sono stato interrogato, non ho subito perquisizioni». Anche se si dice «a disposizione dell’autorità giudiziaria».
L’europarlamentare Arena
Invece l’europarlamentare Maria Arena si difende. Anche lei non è indagata. Ma anche alla sua assistente parlamentare Donatella Rostagno sono stati perquisiti gli uffici e la casa. Per questo lei si è autosospesa «temporaneamente» dal ruolo di presidente della sottocommissione Diritti Umani. «Conosco la mia assistente dal 2014 perché abbiamo lavorato insieme su questioni relative all’Africa. Lei era stata chiamata da Fight Impunity nel 2021 per una consulenza di sei mesi e io l’ho reclutata nel 2022. Ma non per questo. Bensì per la sua esperienza sull’Africa. Le perquisizioni sono legate al periodo in cui lei ha lavorato con Fight Impunity. Ma non hanno proprio nulla a che vedere con me». Nel colloquio con Marco Bresolin l’europarlamentare di origine italiana ci tiene a smentire anche altro: «Panzeri era un amico e su di lui mi ero indubbiamente sbagliata. Ma voglio che una cosa sia chiara: non ero la sua amante».
Via libera anche a un nuovo pacchetto di aiuti da 18 miliardi di euro per l'Ucraina
I rappresentanti degli Stati dell’Unione Europea hanno raggiunto l’accordo sull’introduzione del nono pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia. Lo si apprende da un messaggio Twitter della presidenza della Repubblica Ceca. «Gli ambasciatori hanno raggiunto un accordo di principio su un pacchetto di sanzioni contro la Russia nell’ambito del continuo sostegno dell’Ue all’Ucraina. Il terzo pacchetto di sanzioni contro la Russia negoziato nell’ambito della presidenza ceca dovrebbe essere confermato domani tramite procedura scritta», si legge nel tweet della presidenza ceca. Il pacchetto era stato sospeso negli ultimi due giorni a causa di una discussione sulle esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti russi attraverso i porti europei. È stato inoltre approvato un pacchetto di aiuti da 18 miliardi di euro per l’Ucraina, così come confermato in conferenza stampa dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Durante il Consiglio Europeo è intervenuto in videocollegamento anche il presidente ucraino Zelensky, che ha dichiarato: «Vorrei esprimere particolare gratitudine per i passi compiuti negli ultimi sei mesi in materia di sanzioni, per il pacchetto di sostegno finanziario al nostro Paese pari a 18 miliardi di euro per il prossimo anno, che può essere finalmente approvato a livello di leadership proprio ora. I pacchetti di sostegno macrofinanziario all’Ucraina sono anche armi in difesa della libertà. Proprio come il nono pacchetto di sanzioni dell’Ue contro la Russia».
I dettagli completi del nono pacchetto di sanzioni non sono ancora stati rivelati, ma dovrebbero includere divieti di viaggio e congelamento dei beni per quasi altri 200 funzionari e ufficiali militari russi, come proposto dalla Commissione europea la scorsa settimana. È altresì probabile che il blocco vieti anche la consegna di motori di droni sia alla Russia sia all’Iran, che è stato accusato di fornire droni “kamikaze” per il dispiegamento contro obiettivi civili ucraini. I nodi relativi alle richieste di alcuni paesi, tra cui i Paesi Bassi e il Belgio, di essere esentati dalle precedenti sanzioni sull’importazione di fertilizzanti russi sono stati sciolti, dopo aver annunciato l’intenzione di ritardare l’approvazione delle nuove sanzioni nel caso in cui le loro richieste non fossero state accolte. La Polonia e alcuni Paesi baltici erano invece preoccupati per il fatto che l’allentamento avrebbe consentito agli oligarchi russi in possesso delle aziende di fertilizzanti di eludere le sanzioni dell’UE contro di loro.
I complottisti sono tornati a sostenere che i vaccini contro il tetano distribuiti in Kenya contenessero farmaci che riducono la fertilità della donne. Lo fanno, però, appellandosi a presunte prove confuse, parziali, e la cui validità è stata smentita dai loro stessi autori
«Un programma segreto per sterilizzare l’Africa». Secondo i teorici del complotto, questo è quello di cui da anni si occuperebbe il miliardario Bill Gates. Si tratta di una vecchia storia, ma questa si sono aggiunte delle analisi eseguite in maniera sommaria. Nello specifico, viene proposta la narrazione che vede dei vescovi kenioti contrari ai vaccini contro il tetano in quanto, sulla base di alcune analisi, conterrebbero una sostanza in grado di “sterilizzare” le donne del Paese.
Per chi ha fretta:
I complottisti continuano a sostenere che Bill Gates voglia ridurre la fertilità delle donne dei Paesi poco sviluppati.
Per farlo riesumano una vecchia storia, che circolava anni fa e già era stata smentita.
I vescovi kenioti sostengono che i vaccini contro il tetano distribuiti nel 2014 conterrebbero un ormone – l’HCG – che ingannerebbe il corpo convincendolo di essere in gestazione al fine di evitare vere gravidanze.
Le analisi ufficiali hanno evidenziato la presenza della sostanza in sole tre fiale su 59 esaminate.
Si tratta delle 3 fiale fornite dai vescovi.
Viene citato un articolo di revisione che raccoglie i risultati ufficiali per poi però offrire una conclusione basata sulle «opinioni» degli autori.
Uno dei test usati per le analisi non è adatto ai vaccini. Si usa per campioni organici umani.
L’articolo citato dai complottisti proviene da una testata nota per aver diffuso informazioni fuorvianti.
Analisi
È questa la descrizione di alcuni post che circolano su Facebook diffondendo la falsa notizia (ad esempio questo e questo).
«Sono stati trovati farmaci abortivi nel vaccino antitetanico di Bill Gates. Secondo LifeSiteNews, la Kenya Catholic Doctors Association afferma che i medici hanno scoperto prove di un programma di sterilizzazione di massa sponsorizzato dal governo keniota e finanziato da Gates».
«Programma segreto di sterilizzazione scoperto in Africa. L’Unicef, l’Oms, e la Bill&MelindaGatesFondation sono stati accusati di sterilizzare segretamente milioni di donne in Africa da medici in Kenya dopo che sono stati trovati farmaci abortivi in un vaccino contro il tetano. »
Di seguito vediamo gli screenshot di due post.
Ricercando l’articolo menzionato, è possibile verificare che questo non è più presente sul sito Lifesite News. Dagli screenshot, però, si nota la data di pubblicazione: 10 giugno 2017. Proprio in quell’anno, l’ex primo ministro del Kenya e leader dell’opposizione, Raila Odinga, aveva dichiarato che nella campagna vaccinale contro il tetano del 2014 c’erano delle presunte irregolarità. Secondo l’uomo, il vaccino introdurrebbe nel corpo delle donne l’ormone HCG, che viene prodotto dalle donne durante la gravidanza, di fatto sterilizzando quelle che si sottopongono all’inoculazione poiché il corpo, ricevendo l’ormone fuori da una gravidanza, deciderebbe di disfarsene impedendone di successive.
L’articolo di Lifesite e la (bassa) reputazione del sito
Innanzitutto, è importante notare che Lifesite News è noto per la diffusione di teorie del complotto, oltre che per essere apertamente antiabortista, generalmente discriminatorio nei confronti della comunità Lgbtq+, e ultraconservatore. A causa della diffusione di informazioni false – anche relative al Covid, in tempi recenti – i contenuti di Lifesite News sono stati bannati da Twitter, Facebook, e YouTube. I colleghi di Snopeshanno definito la testata come diffusore di informazioni fuorvianti.
«L’opinione» sugli incontrovertibili risultati ufficiali
Uno dei post su Facebook mostra un articolo pubblicato sulla rivista Open Access Library Journal, che il sito specializzato Cite Factorindica come peer reviewed. Leggendo il documento, si scopre che questo è una revisione di quanto all’epoca della pubblicazione, nel 2017, era noto sulla questione.
Nello specifico, gli autori inizialmente menzionano la possibilità che nelle analisi dei vaccini contro il tetano vi siano stati degli errori, ma successivamente considerano questo un caso improbabile. Infine, sempre sulla base delle informazioni disponibili, senza condurre nuovi esperimenti, gli autori danno quella che loro stessi definiscono la loro opinione, pur consapevoli che «è impossibile essere certi di come l’HCG sia finito nei vaccini kenioti».
Tuttavia, proprio la possibilità di errori nelle analisi viene sottostimata arbitrariamente da Oller et al. Open si era già occupato della vicenda nel 2020, ricostruendo i passaggi che hanno portato all’interpretazione erronea e fuorviante delle analisi sui vaccini kenioti contro il tetano. Trovate lì l’analisi completa, e qui un riassunto integrato con il fact check degli elementi aggiunti dalla nuova ondata di disinformazione.
La vicenda
Nel 2017, l’ex leader keniota Raila Odinga rilanciò una denuncia dei vescovi del Paese del 2014. Poco dopo la comunicazione dei vescovi, il governo del Kenya aveva smentito che i vaccini adottati nell’ambito della campagna contro il tetano organizzata dallo Stato africano assieme all’Oms causassero infertilità. L’esecutivo keniota, infatti, aveva condotto delle analisi i cui risultati non evidenziavano tracce di HCG nei vaccini.
Per risolvere l’impasse, i vescovi e il ministero della Salute organizzarono quindi un’inchiesta comune. Nel dicembre del 2014, vennero analizzate 59 fiale provenienti da diversi laboratori. Solo in tre di queste venne trovato l’HCG: quelle fornite – coincidenza degna di nota – dal laboratorio della conferenza episcopale keniota. Vennero effettuate ulteriori analisi su altri campioni dello stesso lotto, che risultarono regolari. Il risultato è lo stesso indicato nella revisione analizzata poco fa che quindi avanza dubbi sulla sicurezza dei vaccini nonostante gli unici problemi siano stati rilevati nelle tre fiale fornite dai vescovi kenioti.
C’è poi un’altra questione, già trattata nel nostro precedente articolo sull’argomento. Analisi condotte da un altro laboratorio – chiamato Lancet Kenya, ma che nulla a che vedere con l’omonima rivista scientifica – secondo Odinga avrebbero evidenziato la presenza dell’HCG nei vaccini. Tuttavia, come affermato dallo stesso laboratorio, il risultato è un falso positivo. I campioni, infatti, sono stati analizzati tramite un test ELISA, normalmente dedicato ai campioni organici umani, come il plasma sanguigno. Inoltre, quello di Lancet è uno degli studi citato dall’articolo di revisione, che quindi considera uno studio in realtà smentito dai suoi stessi autori.
Conclusioni:
I teorici del complotto sono tornati a sostenere che i vaccini contro il tetano distribuiti in Kenya contenessero farmaci che riducono la fertilità della donne. Lo fanno, però, appellandosi a presunte prove confuse, parziali, e la cui validità è stata smentita dai loro stessi autori.
Questo articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Facebook.
Convalidato il fermo per il il 29enne tunisino indagato. L’avvocato di Gaaloul nega che l'uomo abbia rilasciato dichiarazioni, smentendo la versione della polizia francese
È stato convalidato in Francia l’arresto di Mohamed Gaaloul, il 29enne tunisino indagato per l’omicidio di Alice Neri, la 32enne trovata carbonizzata nella sua auto a Fossa di Concordia, nel Modenese, il 18 novembre scorso. Gli investigatori francesi della Direction zonale de la policie judiciaire, che ha intercettato e fermato Gaaloul al confine con la Svizzera, hanno fatto sapere in una nota diffusa dall’agenzia Afp che «a priori, il sospettato sarebbe un conoscente della vittima». Ma Roberto Ghini, l’avvocato di Gaaloul, ha smentito quanto riportato nella comunicazione: «Il mio assistito non ha detto nulla, non ha rilasciato dichiarazioni». Dopo la convalida d’arresto avvenuta oggi, 15 dicembre, presso il tribunale di Colmar, Gaaloul è stato trasferito in carcere. Giovedì 22 dicembre è prevista l’udienza per l’estradizione in Italia, alla quale, ha spiegato ancora l’avvocato Ghini, Gaaloul «non dovrebbe presentare opposizione».