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La rivolta delle Ong contro il decreto sicurezza: «Ministro Piantedosi, venga con noi in mare»

30 Dicembre 2022 - 05:39 Redazione
La prima nave che seguirà le nuove regole sbarcherà domani a Ravenna. Le altre si ribellano

Le Ong dichiarano guerra al decreto sicurezza. Il governo Meloni ha deciso che le navi che salvano i migranti in mare potranno transitare e intervenire solo per i soccorsi sotto il controllo e le indicazioni delle autorità territoriali. E che saranno tenute a formalizzare la richiesta di un porto sicuro già subito dopo la prima operazione di salvataggio. Senza sostare in mare per giorni. In caso contrario, si prevedono sanzioni per il comandante, l’armatore e il proprietario. Ovvero una multa fino a 50 mila euro e la confisca del mezzo. Che deve anche avere una «idoneità tecnica» per la sicurezza nella navigazione. La norma voluta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha già ricevuto le critiche della Cei: «È basato sul nulla. Cadrà presto».

I salvataggi in mare

La prima nave che sbarcherà in Italia con il nuovo provvedimento già approvato è la Ocean Viking della Ong francese Sos Mediterranée, con 113 migranti a bordo, a cui è stato assegnato il porto di Ravenna. L’arrivo è previsto nella tarda mattinata di sabato 31 dicembre. Si tratta della stessa nave che fu accusata proprio da Piantedosi di aver generato la lite con il governo francese. La Sea Eye ha invece annunciato che seguirà la legge tedesca e non le nuove norme del governo italiano. Che prevedono, implicitamente, norme in grado di mettere in pericolo la vita dei naufraghi. Perché non potranno fermarsi a raccoglierne altri dopo aver mandato la comunicazione ai ministeri. E perché con l’assegnazione di porti lontani rispetto a quelli della Sicilia e della Calabria rischiano di passare giorni a navigare in mare. Secondo Valentin Schatz, giurista dell’Università di Luneburg e membro del team giuridico della Ong tedesca, «l’Italia non può imporre le modalità di svolgimento delle operazioni di soccorso in acque internazionali».

L’invito a Piantedosi

Caterina Bonvicini, scrittrice e giornalista che ha lavorato sulle navi delle Ong come volontaria, invita oggi lo stesso Piantedosi a salire sulle imbarcazioni «per aiutarci a decidere chi deve vivere o morire». In un commento pubblicato su La Stampa punta il dito prima sulle indicazioni del porto sicuro: «La Spezia? Ravenna? Perché non Trieste? Avete paura che portino quelli della rotta balcanica in Sar libica? Anche se è tragico, sui porti – quando non muore qualcuno – riesco ancora a scherzare. L’ho fatto addirittura in nave. Per esempio dopo avere riportato a bordo un ragazzo che si era appeso fuori e si voleva buttare fra le eliche. Magari non voleva davvero morire, ma basta un piede in fallo, basta uno scivolone, basta una mano umida che non tiene la presa». Poi la scrittrice immagina un soccorso in mare con il ministro: «Chi c’è, c’è. Chi non è pronto, resta sulla nave. È un peccato rimanere sulla nave, il Mediterraneo va visto molto da vicino. Lei mi ringrazia, l’aiuto a vestirsi in fretta, non è facile mettersi quei pantaloni, le stringo le bretelle. Mentre la gru ci cala nel buio, lei mi chiede: “Cosa faranno? Andranno verso il naufragio o verso il barchino pieno di acqua?”. “Non lo so”, le rispondo, “adesso si concentri su questo soccorso, agli altri penseremo dopo. Anche uno è tanto. Facciamone uno alla volta”».

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«Spostavo mobili, non mi lasciava in pace»: chi è l’uomo accusato di aver picchiato a sangue il nipote acquisito di 6 anni a Ventimiglia

30 Dicembre 2022 - 05:03 Redazione
Si chiama Luigi C. ed è indagato per lesioni gravissime. La nonna del piccolo Maria Antonia C. accusata di concorso

Si chiama Luigi C. e ha 75 anni l’uomo accusato di aver picchiato Ryan, 6 anni, il bimbo di Ventimiglia ricoverato in prognosi riservata all’ospedale Gaslini di Genova. Il ragazzino si trova in coma farmacologico dal 20 dicembre. I medici hanno riscontrato sul suo corpo una serie di fratture alle vertebre e alle costole. Una gli ha trafitto un polmone. I magistrati ipotizzano il reato di lesioni gravissime. Indagata anche la nonna di Ryan, Maria Antonia C., 65 anni. Accusata di concorso perché avrebbe caricato il bambino in auto per portarlo al padre. Raccontandogli di averlo trovato così in strada e accusando un pirata per le ferite. Entrambi sono attualmente a piede libero. Ma si teme che la coppia possa essere vittima di vendette. «Ora deve marcire», ha detto Simone, il papà del bambino, riferendosi al compagno della madre.

La ricostruzione

La storia comincia il 19 dicembre. Ryan è affidato alla custodia della nonna e del compagno. I due raccontano di averlo perso di vista per una distrazione e che dopo poco lo hanno ritrovato a terra in strada, in via Gallardi, a pochi metri dalla casa della nonna. L’uomo parla di investimento da parte di un’auto pirata. Ma nell’orario indicato le telecamere della zona non registrano alcun transito di autovetture. La coppia dice di aver raccolto il piccolo e di averlo portato in auto al negozio del padre, in piazza della Costituzione, che dista alcuni chilometri. E per giorni i due confermano agli investigatori, in momenti diversi, quella versione. «Non ricordo», dice il bimbo in stato di semiincoscienza al papà che chiede cosa gli sia successo mentre chiama i soccorritori.

La svolta

La svolta nell’indagine arriva mercoledì 28 dicembre. Luigi C. si presenta insieme alla sua avvocata Maria Spinosi davanti alla pm Maria Paola Marrali. E confessa. Racconta di aver perso la testa quando ha visto il bambino entrare nella stanza contrariamente a quanto gli aveva detto. Dice di averlo colpito con un calcio e poi con un bastone di quelli usati per le tende. In casa prima e poi nel cortile dove il bambino era fuggito e dove viene notato rannicchiato da un testimone. «Spostavo dei mobili, non mi lasciava lavorare», dice l’uomo agli inquirenti. Emerge che Ryan è stato colpito anche con il manico di un ombrellone.

Nessun precedente

L’avvocata Maria Gioffrè, legale del papà di Ryan, ha detto che mai prima del 19 dicembre il bimbo aveva manifestato disagi nella frequentazione della nonna e del suo compagno. Il padre «ha sempre lasciato a sua madre e al compagno il figlio. Era tranquillo come lo sono i genitori che sanno di poter contare sui nonni. Non ci sono mai stati segni sul corpo del bambino né altro che potessero far pensare a maltrattamenti». A carico del compagno della donna non ci sarebbero denunce o segnalazioni per comportamenti violenti.

Foto copertina da: Primo Canale

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Il Dna, la catena del freddo, l’accusa di Bossetti: perché si indaga sulla pm del caso di Yara Gambirasio

30 Dicembre 2022 - 04:27 Redazione
La denuncia-querela della difesa del condannato ipotizza i reati di depistaggio e frode processuale. Al centro dell'inchiesta lo spostamento dei campioni da Milano a Bergamo

L’indagine sulla pubblica ministera Letizia Ruggeri per la “sparizione” dei test del Dna del caso di Yara Gambirasio è un «atto dovuto». Il giudice delle indagini preliminari di Venezia Alberto Scaramuzza chiede così di effettuare una «compiuta valutazione» della posizione della pm in relazione alle contestazioni contenute nell’esposto della difesa di Massimo Bossetti. Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno presentato una denuncia-querela che riguarda la prova regina del processo sull’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra. Per loro Ruggeri non avrebbe garantito la corretta conservazione dei campioni rinvenuti sul cadavere della ragazzina. Nel momento dello spostamento dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi del reato di Bergamo.

Depistaggio e frode processuale

Per questo il Gip ipotizza i reati di depistaggio e frode processuale. E lo fa spiegando che si tratta dell’«unico provvedimento» da lui adottabile a fronte di una denuncia-querela seguita da un atto di opposizione all’archiviazione. L’invio degli atti al pm di Venezia e l’iscrizione serve per «permettere al pm una compiuta valutazione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente». Che richiedono «un necessario approfondimento al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa». Con l’ipotesi di aver «immutato artificiosamente il corpo del reato» la procura aveva indagato Giovanni Petrillo e Laura Epis. Ovvero il presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo e la funzionaria responsabile dell’ufficio Corpi. E ieri ha archiviato le posizioni dei due.

La conservazione del Dna

Il tema su cui il gip chiede una nuova tranche di verifiche è legato alla conservazione di 54 reperti con tracce di Dna. Che, di fatto, rappresentarono l’architrave dell’impianto accusatorio a carico del muratore di Mapello. I reperti sono stati trasferiti dall’ospedale San Raffaele di Milano ad un ufficio del tribunale di Bergamo. Un trasferimento durato alcuni giorni. E che, a detta dei difensori del condannato, potrebbe avere causato un deterioramento delle tracce. I campioni erano conservati a 80 gradi sottozero. La tesi degli avvocati di Bossetti è che l’interruzione della catena del freddo avrebbe deteriorato il materiale genetico. Rendendo così vano qualsiasi tentativo di nuove analisi. La difesa di Bossetti chiede da anni di riesaminare le prove. Ma, è la tesi, con lo spostamento si sarebbero ormai deteriorate per sempre.

La sorpresa della procura

Su quanto disposto dal gip si è detto sorpreso il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani. Per una iscrizione nel registro che arriva «dopo tre gradi di giudizio, dopo sette rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reparti e dei campioni residui di dna», afferma il capo dei pm bergamaschi. Sorpreso, spiega il magistrato che «si imputi ora al pm il depistaggio riguardo la conservazione delle provette dei residui organici». E questo dopo che «nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara. E dopo che era passato più di un anno da tale definitività».

Il caso Gambirasio

Yara Gambirasio, nata il 21 maggio 1997, è scomparsa il 26 novembre 2010 dal centro sportivo di Brembate di Sopra. Il corpo viene ritrovato il 26 febbraio 2011 da un aeromodellista in un campo aperto a Chignolo d’Isola. A dieci chilometri di distanza dal paese. Sul corpo gli inquirenti trovano colpi di spranga, un trauma cranico, una ferita al collo e altre ferite da arma da taglio. Il 16 giugno 2014 finisce agli arresti Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni. L’uomo fa il muratore a Mapello ed è incensurato. Il suo Dna nucleare risulta sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1”, rilevato sugli indumenti intimi di Yara nella zona colpita da arma da taglio. Il 12 ottobre 2018 la Cassazione conferma nei suoi confronti la condanna all’ergastolo.

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È morto Giovanni Pezzoli, batterista e cofondatore degli Stadio. Curreri: «Siamo pieni di dolore»

30 Dicembre 2022 - 00:11 Redazione
Scomparso all'età di 70 anni, il musicista era malato da tempo. Lo scorso 13 dicembre il suo messaggio dall'ospedale: «È un gran giorno, sono tornato a camminare»

Giovanni Pezzoli, batterista e cofondatore degli Stadio, è morto a Bologna all’età di 70 anni. A dare la notizia è lo storico cantante della band Gaetano Curreri sui social: «Alle 21.00 di questa sera purtroppo Giovanni ci ha lasciato. I nostri pensieri e i nostri cuori sono pieni di dolore! Vogliamo ricordarlo con il suo sorriso e la voglia di fare musica per farci e farvi divertire. Ciao Giovanni». Di Bologna, Pezzoli era stato colpito da un grave malore nella notte tra il 24 e 25 marzo del 2016, mentre si trovava in vacanza in montagna e poche settimane dopo la vittoria degli Stadio a Sanremo con uno dei brani più famosi della band, Un giorno mi dirai. Fu proprio per suonare il pezzo vincitore che il batterista tornò per la prima volta sul palco nell’agosto successivo. Pochi minuti sul palco dell’Arena della Regina di Cattolica a Rimini, dove Curreri e tutto il pubblico presente lo accolse tra gli applausi. Da quel momento il cofondatore di una delle band più note della musica italiana non è più tornato a suonare, sostituito nel frattempo da Adriano Molinari, collaboratore di Zucchero, e poi da Iarin Munari. Il ricovero dello scorso giugno per accertamenti aveva fatto preoccupare i fan: «Giovanni non sta bene. Per ora non possiamo aggiungere altro per rispetto nei suoi confronti e dei suoi famigliari», avevano scritto sulla pagina Facebook “Giovanni Pezzoli friends“, «vi chiediamo solo di avere pazienza e pensare a Gio con tutta la positività possibile, che ci auguriamo possa essergli di aiuto. Sono momenti difficili, non insistete per cortesia nel chiedere informazioni. Grazie di cuore». Tramite la stessa pagina lo scorso 7 dicembre era arrivata un’immagine più rassicurante: Pezzoli nel letto d’ospedale con il pollice alzato e l’accenno di un sorriso aveva fatto sperare in un imminente ritorno a casa. «Durante la battaglia non è importante vincere o perdere, ma battersi e il nostro Gio è un great fighter!», la didascalia lasciata a commento della foto. Poi il messaggio arrivato direttamente dalla bocca del batterista il 13 dicembre: «Oggi è un gran giorno perché finalmente sono riuscito a camminare. Sembra una sciocchezza ma è un grande risultato. Per suonare la batteria forse ci vorrà ancora un po’ di tempo».

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Pelé, Maradona e quei palleggi di testa che fecero impazzire il mondo: «Un giorno giocheremo in paradiso» – Il video

29 Dicembre 2022 - 23:30 Redazione
In diretta nel programma argentino "La noche del 10", i due terminarono gli scambi l'uno nelle braccia dell'altro

Un desiderio in comune che hanno esaudito in terra e che ora, nell’immaginario di tutti quelli che li hanno amati, continueranno a realizzare incontrandosi di nuovo. Pelé e Maradona, una coppia di campioni e amici che a citarla si fa la storia del calcio mondiale in un secondo. Era il 2005 quando O Rey fu ospite del programma tv La noche del 10 condotto da el pibe de oro sulla tv argentina. Quella notte Maradona chiese a Pelé di esaudire un suo grande desiderio: «Il mio sogno è fare un paio di colpi di testa con te». Tra l’entusiasmo degli spettatori, le due leggende si alzarono dal tavolo e cominciarono a palleggiare insieme, per poi finire l’uno nelle braccia dell’altro. Un momento che lo stesso Pelé si augurò di rivivere ancora quando il 25 novembre del 2020 venne a sapere della morte di Maradona. «Ho perso un grande amico e il mondo ha perso una leggenda», disse, c’è ancora molto da dire, ma per ora che Dio dia forza alla famiglia». Poi l’auspicio che ora, dopo la scomparsa anche del campione brasiliano, sembra più reale che mai: «Un giorno spero che potremo giocare a pallone insieme in paradiso».

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Camera dei deputati, è bagarre in Aula tra insulti e dito medio: «Animale…» – Il video

29 Dicembre 2022 - 22:54 Redazione
Nel mezzo di urla e siparietti, la seduta è stata sospesa per poi riprendere dopo sei minuti

Tra insulti e gestacci, dalla Camera arriva l’ennesima scena di bagarre tra deputati. «Animale, statt calm, stai seduto», si sente dall’emiciclo, mentre il deputato M5S Marco Pellegrini alzando il dito medio mostra alla presidenza il gesto appena ricevuto da esponenti del centrodestra. Una seduta infuocata che ha visto anche il siparietto tra FdI e PD: «Il sottosegretario Delmastro non può fare il facinoroso dai banchi del suo gruppo», accusa Mancini. In risposta arriva Donzelli: «È nei banchi di Italia Viva, gli chiedo di tenerselo». Tra insulti e urla, la seduta viene sospesa per poi riprendere dopo sei minuti. In queste ore alla Camera è in corso l’ultima nottata di votazioni prima della chiusura dei lavori del 2022.

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È morta la stilista Vivienne Westwood, addio alla provocatrice regina della moda inglese

29 Dicembre 2022 - 22:24 Redazione
Dall'incontro con Malcom McLaren dei Sex Pistols agli onori della regina Elisabetta, scompare a 81 anni la madrina dello stile punk

La stilista Vivienne Westwood è morta oggi, 29 dicembre, a Londra. 81 anni, soffriva da tempo ma ha sempre preferito tenere riservata la sua malattia. Secondo quanto riferisce chi le è stato accanto, la regina della moda inglese ha lottato anche negli ultimi giorni, quando il suo stato di salute era ormai diventato critico. Nata nel 1941 in un villaggio del Derbyshire, l’eccentrica e già rivoluzionaria adolescente Westwood si trasferisce a Londra con i suoi genitori. Lì molto presto conoscerà le difficoltà quotidiane di una famiglia semplice che tenta di vivere nella grande città. E’ per questo che preferirà l’insegnamento sicuro ai suoi sogni di moda. Talento e passione non smetteranno mai di tormentarla, e l’incontro con il creativo Malcom McLaren, inventore dei Sex Pistols, sarà per lei la spinta decisiva per coronare i suoi sogni. I due cominciano a vendere abiti vintage irrompendo poco dopo nella moda britannica con uno stile punk che farà impazzire migliaia di giovani. Da lì la carriera di Westwood decolla, con gli stilisti più grandi che si dichiareranno suoi fan e le modelle più in voga che faranno a gara per sfilare con le sue creazioni. Nel 1992 la regina Elisabetta in persona la insignisce dell’Order British Empire. Fu in quell’occasione che Westwood si presentò davanti ai fotografi con una gonna a ruota: la giravolta in cui si esibì mostrò l’assenza di biancheria intima, regalando alla storia della moda un’altra delle sue indimenticate provocazioni.

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L’addio a Pelé del Santos, sua unica squadra in Brasile: la dedica e una settimana di stop totale per lutto

29 Dicembre 2022 - 21:58 Redazione
Nel post pubblicato sugli account ufficiale è comparsa una corona illuminata da un fascio di luce bianca. «Qualsiasi omaggio è piccolo rispetto alla sua grandezza»

«Eterno». Con una sola parola il Santos commenta la morte di Pelé, scomparso oggi, 29 dicembre, dopo un lungo periodo di degenza causato dall’aggravamento del tumore al colon contro cui lottava da tempo. Il club in cui O Rey ha giocato per vent’anni fino al 1975, senza mai cedere alle lusinghe milionarie di mezzo mondo, ha decretato sette giorni di lutto in cui tutte le attività si fermeranno. Uno sfondo nero e una corona illuminata da un fascio di luce: l’immagine postata dal Santos celebra il re del calcio mondiale con l’unico simbolo che lo rappresenta. Poco prima una nota diffusa dal club ha invece dedicato un più lungo ricordo al suo campione: «Con profonda tristezza viviamo la scomparsa del miglior giocatore di calcio di tutti i tempi, l’uomo che ha portato nel mondo il nome dell’Alvinegro Praiano, il nostro maggiore idolo, che ha eternizzato la maglia 10 e l’ha trasformata in un’opera d’arte». E ancora: «Qualsiasi omaggio è piccolo rispetto alla grandezza di Edson Arantes do Nascimento, il nostro eterno Rei Pelé».

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Da Neymar a Messi, da Giorgia Meloni a Macron: le reazioni senza confini alla morte di Pelé

29 Dicembre 2022 - 21:37 Redazione
Inarrestabile l'onda di messaggi sui social del mondo del calcio, ma anche dei leader politici di tutto il mondo per un personaggio che univa oltre ogni barriera

Immediate le reazioni alla morte di Pelé, avvenuta oggi 29 dicembre. Dal mondo del calcio a quello della politica. La prima a parlare è stata la figlia che con un post su Instagram ha salutato il leggendario calciatore scrivendo: «Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente». Tra i primi a dare il suo addio sui social c’è stato l’allenatore rossonero Franco Baresi: «Addio a Pelé. Rimarrà sempre nella memoria, più forte del tempo. Icona e leggenda nel mondo RIP». Ma le condoglianze iniziano ad arrivare da tutti le squadre italiane, e non solo. A ricordarlo anche l’Assocalciatori che si associa al lutto e dichiara: «Indimenticabile, meraviglioso, eterno. Addio grande Pelé». Il presidente della Figc Gabriele Gravina ci ha tenuto a dire: Un dolore enorme, oggi lo sport piange un grandissimo, perché Pelé era il calcio. Anche grazie a lui, infatti, è diventato il gioco più amato e praticato in tutto il mondo. In lui milioni di persone si sono riconosciute in una bellissima storia di riscatto e di grande passione. La sua classe illuminerà per sempre i nostri occhi».

Le reazioni del calcio: «Ha dato voce ai poveri, ai neri e al Brasile»

A ricordare lo storico calciatore brasiliano c’è il connazionale Neymar: «Prima di Pelé, il 10 era solo un numero. Ho letto quella frase da qualche parte, ad un certo punto della mia vita. Ma quella frase, bellissima, è incompleta. Direi che prima di Pelé il calcio era solo uno sport. Pelè ha cambiato tutto. Ha trasformato il calcio in arte, in intrattenimento». E ha aggiunto: «Ha dato voce ai poveri, ai neri e soprattutto ha dato visibilità al Brasile. Il calcio e il Brasile hanno alzato il loro status grazie al Re! Se n’è andato, ma la sua magia rimarrà. Pelè è eterno». Condoglianze anche da Cristiano Ronaldo: «Un semplice ‘arrivederci’ all’eterno Re Pelé non sarà mai sufficiente per esprimere il dolore che attualmente abbraccia l’intero mondo del calcio. Un’ispirazione per così tanti milioni, un riferimento di ieri, oggi, per sempre. L’affetto che ha sempre dimostrato per me è stato reciproco in ogni momento condiviso, anche a distanza. Non sarà mai dimenticato e il suo ricordo vivrà per sempre in ognuno di noi amanti del calcio». Brevissimo Leo Messi che condivide su Instagram una foto con Pelè e scrive: «Riposa in pace».

I saluti della politica: Da Macron a Giorgia Meloni

«Il gioco, Il Re. L’eternità», scrive il presidente francese Emmanuel Macron sul suo profilo Twitter, aggiungendo anche la versione in portoghese «O Jogo. O Rei. A Eternidade». Immediato il ricordo anche di Giorgia Meloni che dichiara: «Grazie al suo estro e alla sua classe è riuscito a lasciare il segno anche nelle generazioni che non hanno avuto la fortuna di vederlo giocare. Oggi tutto il mondo piange una leggenda di nome Pelè». Anche l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte è intervenuto: «Il mondo del calcio piange uno dei suoi più grandi e geniali interpreti. Descanse em paz, Rei Peléì», ha scritto su Twitter.

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I numeri clamorosi dietro il mito di Pelé: oltre 1000 gol in una carriera irripetibile

29 Dicembre 2022 - 21:32 Redazione
Con la maglia del Brasile, O Rey ha conquistato tre Mondiali di calcio: un record finora intatto

Sono state 1.281 le reti segnate da Pelé in carriera, tre i Mondiali vinti, mai nessuno come lui. Dietro il mito del campione ci sono anche i numeri che hanno reso la sua carriera da calciatore prima e da personaggio planetario per tanti aspetti irripetibile che ha segnato per sempre il mondo del calcio. Già la quantità di premi per quanto ha regalato in campo la dicono lunga: Edson Arantes do Nascimento è stato premiato come Calciatore del Secolo per la Fifa, per il Comitato Olimpico Internazionale e per l’International Federation of Football History & Statistics (Iffhs), Pallone d’oro Fifa come miglior giocatore del secolo scorso, e anche Pallone d’oro Fifa onorario, cioè alla carriera.

I titoli

In Brasile con il Santos, per vent’anni la sua squadra fino al 1975, ha vinto 10 volte il campionato Paulista, 6 Campeonato Brasileiro Série A, 4 il Torneo San Paolo, 5 la Coppa del Brasile, la Taça Brasil. In bacheca aveva anche due coppe Libertadores, due Coppe Intercontinentali e una Supercoppa. Quando è volato a New York per giocare con i Cosmos, Pelé ha vinto campionato Nasl, aprendo i primi grandi varchi nel muro dello scetticismo statunitense per il soccer. Negli Usa si è ritirato nel 1977, dopo aver giocato accanto a Franz Beckenbauer e Giorgio Chinaglia. Con la maglia del Brasile ha conquistato tre Mondiali di calcio: nel 1958, nel 1962 e nel 1970. Le statistiche Fifa riconoscono a Pelé il record di reti in carriera: 1.281 gol in 1.363 partite. In partite ufficiali ha firmato 757 marcature in 816 gare, con una media di 0,93 gol a partita. Nella nazionale verde-oro ha giocato 92 gare e segnato 77 reti.

Il francobollo celebrativo per i 1.000 gol segnati da Pelé nel 1969

Cinema e politica

Pelé può vantare anche una indimenticabile passaggio nel cinema, con l’interpretazione nel film Fuga per la vittoria del 1982 di John Huston. In quella pellicola, O Rey segnò la rete decisiva per la squadra dei prigionieri dei nazisti, un gol spettacolare in rovesciata. Ha avuto modo anche di fare un’incursione in politica, quando è stato chiamato a fare il ministro dello Sport dal presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso dal 1995 al 1998. Fu sua la legge che abolì il “cartellino” dei giocatori: un provvedimento che ancora oggi porta il suo nome.

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Pelé, l’ultimo bollettino medico: com’è morto il campione. «Uniti a chi soffre per la perdita del Re del calcio»

29 Dicembre 2022 - 20:51 Redazione
Dallo scorso 29 novembre il campione brasiliano era ricoverato per il peggioramento delle sue condizioni di salute

Da oltre un mese Pelé era ricoverato all’ospedale israelita Albert Einstein di San Paolo, dove seguiva le terapie a seguito dell’operazione del settembre 2021, quando il campione scoprì di avere un tumore al colon. Poco dopo la sua morte, i medici che lo hanno seguito fino all’ultimo giorno hanno chiarito i motivi che hanno portato al decesso. In un sintetico bollettino medico, i medici hanno spiegato che la morte di Pelé è avvenuta «per il cedimento di più organi, conseguentemente alla progressione del cancro al colon associato alla sua condizione medica precedente». Nel breve messaggio, i medici si sono quindi rivolti alla famiglia «e a tutti coloro che soffrono per la perdita del nostro caro Re del calcio». In un bollettino del 21 dicembre scorso era emerso come le condizioni di salute di Pelé fossero peggiorate. I medici spiegavano che il tumore «sta progredendo con disfunzioni ai reni e cuore». Perciò si era reso necessario prolungare il ricovero per offrire all’82enne tre volte campione del Mondo «maggiori cure per trattare l’insufficienza renale e cardiaca». La notizia più drammatica era però arrivata lo scorso 3 dicembre, quando si era diffusa la notizia che Pelé non stesse più rispondendo alla chemioterapia. Circostanza che lo stesso Pelé aveva cercato di smentire, aggiornando i suoi fan sulla sua salute giudicata «stabile» dai bollettini medici, nonostante l’infezione respiratoria che lo aveva colpito.

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Morto Pelè, l’annuncio della figlia Kely sui social: «Tutto ciò che siamo, è grazie a te»

29 Dicembre 2022 - 20:47 Redazione
Kely Nascimento ha condiviso su Instagram una foto che ritrae le mani della famiglie tutte unite

«Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace». Sono queste le parole con cui Kely Nascimento, la figlia dell’ex calciatore iconico Pelè, ha annunciato su Instagram la morte del padre. E ha condiviso una foto che ritrae le mani della famiglia unite. Il leggendario O Rey – che si trovava all’ospedale Albert Einstein di San Paolo dallo scorso 29 novembre a causa di un tumore al colon – è deceduto oggi 29 dicembre all’età di 82 anni. Già lo scorso 26 dicembre la figlia Kely aveva condiviso sui social una foto che ritraeva la famiglia in ospedale. «Anche nella tristezza dobbiamo solo ringraziare per essere insieme», aveva scritto. Poi gli auguri: «Voglio ringraziare per l’affetto di tutti voi, ringraziarvi per essere qui ora con lui. Buon Natale. Molta salute, tanto amore, tanta gioia, tante risate e tanta passione, oggi e sempre, per tutti voi. Un’altra notte insieme a lui». Nei giorni scorsi i medici avevano allertato la famiglia perché il cancro stava progredendo sempre di più e necessitava «di una maggiore assistenza per curare l’insufficienza renale e cardiaca». In più occasioni, Kely Nascimento è apparsa sui social con il padre. In precedenza aveva condiviso una foto in cui poggiava la testa al petto del calciatore steso sul letto dell’ospedale. «Siamo ancora qui, nella lotta e nella fede. Ancora una notte insieme».

INSTAGRAM | Kely Nascimento / Post Ig della figlia di Pelè che annuncia la morte del padre, 29 dicembre 2022

L’eredità

L’ultimo post pubblicato dalla famiglia è accompagnato da una foto del campione sorridente: «L’ispirazione e l’amore hanno segnato il viaggio del re Pelé, serenamente scomparso oggi. Nel suo viaggio, Edson ha incantato il mondo con il suo genio nello sport, fermato una guerra, realizzato opere sociali in tutto il mondo e diffuso quella che più credeva essere la cura per tutti i nostri problemi: l’amore. Il suo messaggio oggi diventa un’eredità per le generazioni future. Amore, amore e amore, per sempre».

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